I bruciatori di tappe del cyberspazio


Bill Gates a  19 anni fonda la Microsoft. Jack Dorsey a 30 anni fondaTwitter. Sergey Brin e Larry Page a 25 anni creano GoogleMark Zuckerberg a 20 anni lancia Facebook.
Sono solo alcuni nomi di ragazzi prodigio che hanno trasformato l’era del digitale.
La fortuna di Bill Gates cominciò nel 1974, quando insieme al suo amico Allen comprese che stava nascendo il mercato dei computer personali e ci sarebbe voluto il software per le nuove macchine. Nell’aprile 1975 fondarono la Microsoft, che all’attivo, inizialmente, contava solo 16 dipendenti.
La nascita di Facebook si inserisce sempre nel solco di un’idea geniale. Zuckerberg, mentre era studente ad Harvard, ha fondato il sito di social networking più celebre del mondo con l’aiuto del collega Andrew Mc Collum, insieme ai suoi compagni di stanza. Ora ha un patrimonio netto di 6,9 miliardi di dollari.
Il social network che si colloca al secondo posto dopo il gigante di Zuckerberg è Twitter di Dorsey, un microblogging che permette di aggiornare la comunità con testi di 140 caratteri, i cosiddetti tweet.
Più appassionante la storia di Google. L’azienda nasce nel 1998, con l’obiettivo di creare un motore di ricerca basato sull’analisi matematica delle relazioni tra siti web. I concetti essenziali estratti dalla ricerca di Larry e Page per l’università di Stanford sono riassumibili in due punti focali: il primo è che gli ipertesti sono economici e il secondo è che l’attenzione degli esseri umani è una costante, cioè un fattore immutabile nel tempo bisognoso di uno schema, dunque servono nuove tecniche di organizzazione dell’informazione che usino la struttura ipertestuale, in modo che l’utente possa saltare da una risorsa ad un’altra tramite dei link, avendo così un quadro più completo di ciò che cerca. Da questa fondamentale intuizione Google si è trasformata in una delle aziende più importanti del pianeta.

Intuizioni geniali, analisi di mercato, ricerca continua di collaboratori: questi gli ingredienti adoperati da questi geni dell’informatica.

L’influenza di questi pochi ragazzi su una massa sterminata di altri giovani è uno dei casi più interessanti degli ultimi decenni.
Riferimento interessante riguardo ciò l’ho trovato su un sito che tratta questioni di economia, cioè quello di “fiducia”, basato sul passaparola concepito come il miglior strumento di marketing. Facebook, ad esempio, si rivela un ottimo trampolino per svariate attività commerciali delle aziende (promozione di eventi, recruiting di candidati, agenzie di viaggi virtuali nel settore turistico, la possibilità, inquietante, “di promuovere o demolire un brand in maniera efficace”): ad esempio, intorno ad una determinata azienda “esistono gruppi correlati creati da clienti e dipendenti che discutono sull’azienda, i suoi servizi e le sue regole.”
Sul versante sociologico invece, in un articolo apparso sulla versione online del Corriere della Sera, si afferma che se un amico ha avuto un cambiamento nella sua vita sociale, ci sono buone probabilità che lo stesso cambiamento avvenga nella nostra.
Inoltre subentra il fattore tempo, come risulta da varie statistiche riportate in questo articolo di Repubblica, secondo le quali gli italiani, dal dicembre 2008 al dicembre 2009 hanno trascorso su Facebook in media 6 ore al mese, collocandosi al quarto posto nella classifica mondiale. Questi dati sembrano dirci che a causa di poche giovani menti prodigio la nostra quotidianità è cambiata. Ma anche la macroeconomia (inflazione e deflazione, boom e recessioni) sta prendendo una direzione ben precisa.

Alla base di tutto sta la “globalizzazione”, ovvero l’internazionalizzazione dei mercati finanziari e la libertà di movimento dei capitali, tutto grazie alle nuove tecnologie di comunicazione. Competizioni su una scala così vasta richiedono investimenti talmente ingenti da portare a una sequela di acquisizioni e fusioni che danno origine a giganti mondiali instauranti situazioni di oligopolio o monopolio.
Conseguenze?

Riduzione della domanda di lavoro, crescente disoccupazione industriale, spostamento della produzione in Paesi emergenti, dove il costo della forza lavoro è assai contenuto. L’evoluzione dei mercati nazionali e internazionali ha stimolato la nascita di professioni di promozione delle merci, come la pubblicità e il marketing, nelle quali i giovani si sono cimentati ma la moderna comunicazione ha una doppia faccia: quella rassicurante di un contatto universale e “low cost” tra persone residenti in ogni parte del globo e l’altra, inquietante, dell’esclusione dal lavoro, della competizione spietata, dell’ odierna crisi economica.
Diminuzione della domanda genera diminuzione della produzione: oltre all’automazione del lavoro crescente bisogna fare i conti con la mancanza dei consumi da parte della maggior parte delle persone, non a caso i prodotti più hi-tech sono ormai destinati a un’elìte.
E tutto ciò genera, come sempre, disoccupazione.

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