Autobiografia di mia madre, di Jamaica Kincaid – La narrazione dell’assenza


“Mia madre è morta nel momento in cui nascevo, e così per tutta la mia vita non c’è mai stato nulla fra me e l’eternità; alle mie spalle soffiava sempre un vento nero e desolato. […] Al principio di me c’era questa donna dal viso che non avevo mai visto, ma alla fine di me non c’era niente, non c’era nulla fra me e la stanza nera del mondo.”

Autobiografia di mia madre inizia così. Un incipit, forte, netto e tagliente, quello del libro di Jamaica Kincaid, che mette subito in guardia il lettore: quello che leggerai sarà onesto, crudo e forte come la terra da cui provengo. Nessuno sconto, nessuna immagina edulcorata. Tutta la vita della protagonista, della quale per la stragrande maggioranza della narrazione non conosceremo neppure il nome, ci scorre davanti tra passato e presente in un intimo resoconto.

La copertina di Autobiografia di mia madre

La copertina di Autobiografia di mia madre, di Jamaica Kincaid (Credits: Adelphi)

Orfana di madre e data in affido dal padre alla donna che gli faceva il bucato, la protagonista ha imparato sin da subito a non pretendere niente, a non volere niente, facendo affidamento solo su se stessa. La sua intera vita è stata costellata dal ricordo di un sogno di sua madre, della quale ha sempre e solo avuto la visione dei suoi calcagni.

Nessun ricordo in merito a una carezza, a un abbraccio. Solo la mancanza dell’amore, che è amore anch’esso.

La mancanza dell’amore in Autobiografia di mia madre

Autobiografia di mia madre. Un titolo particolare: come può Xuela raccontare qualcosa di qualcuno che non ha mai conosciuto? Sembra impossibile, eppure ci riesce.

Nessuno la amerà mai: non suo padre, che in lei rivedrà sempre l’amore perduto; non la sua nuova moglie e i suoi figli, che in lei vedranno solo una rivale; non gli uomini con i quali condividerà il letto. Xuela sceglie di non amare, ma soprattutto sceglie di non diventare madre. E lo farà con aborti dolorosi ma voluti.

Xuela imparerà a bastare a se stessa e ad amarsi come mai nessuno farà. Passerà la propria intera vita a vedere il mondo per quello che è, senza lenti colorate, senza pretese, ma semplicemente vivendo ogni istante nella sua interezza.

Saranno in questi momenti di riflessione che il lettore vedrà i colori forti del Caribe, con le sue piogge torrenziali e i suoi cieli plumbei. Una terra cangiante, una terra in continuo cambiamento dove convivono i conquistatori e gli sconfitti, i ricchi e i poveri in eterna lotta.

La libertà di parola e di espressione

Jamaica Kincaid, 73enne scrittrice antiguo-barbudana, è una donna libera di esprimersi, di trattare temi scomodi senza nascondersi dietro nessun tipo di convenzione.

Sesso, aborto, odio e amore, autoerotismo, tabù. Autobiografia di mia madre non è un romanzo semplice: è un flusso di coscienza talmente tanto libero e veritiero da essere quasi scomodo. Come fa Jamaica a essere così libera? Perché io stessa non riesco ad esserlo neppure nell’intimo della notte quando in ascolto non c’è nessuno? Come ha fatto a spezzare ogni catena?

La nostra composizione con una copia di Autobiografia di mia madre, di Jamaica Kincaid

La nostra composizione con una copia di Autobiografia di mia madre, di Jamaica Kincaid (Credits: Silvia Liotta)

Dopo questa lettura così forte, mi sono ritrovata a riflettere sulla mia vita e sulle mie scelte, su quanto esse siano state influenzate dalla società e dai desideri degli altri. Sono ritornata alla mente a un altro libro che ho letto e recensito, Se non sai che sei viva. Un libro che affronta appunto un viaggio dentro noi stessi, alla ricerca disperata del nostro vero Io.

Xuela ama senza paura, ama con pienezza. Ama anche il vuoto che ha dentro il cuore, ama anche per chi non è più con lei. Ama. Semplicemente la vita in tutta la sua complessità.

E noi ne siamo davvero capaci?

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