La casa sul mare celeste, di T.J. Klune – La dolcezza infinita di trovare il proprio posto nel mondo


Raccontare La casa sul mare celeste di T.J. Klune è una delle cose più difficili che mi sia capitata ultimamente. Mille sfumature, mille punti di vista, mille dettagli si intrecciano in una storia che richiama alla mente Miss Peregrine, Good Omens, Harry Potter e, perché no, persino Mary Poppins. Il tutto, senza risultare una copia, ma condito di dolcezza senza essere stucchevole e con un protagonista sfaccettato e meraviglioso.

Leggere La casa sul mare celeste è come vedere un film in bianco e nero che, pagina dopo pagina, acquisisce un colore dopo l’altro mentre distrugge ogni nostro pregiudizio.

Facciamo ordine nei pensieri e partiamo dalla trama de La casa sul mare celeste

Linus Baker è un assistente sociale leggermente sovrappeso e per nulla carismatico che vive ogni giorno uguale al precedente.

La copertina di La casa sul mare celeste, di T.J. Klune

La copertina di La casa sul mare celeste, di T.J. Klune (Credits: Mondadori)

È semplice descrivere la sua vita: in una città grigia in cui sembra piovere di continuo, l’autobus sarà sempre in ritardo, i suoi rapporti sempre noiosamente dettagliati e la sua responsabile sempre acida. L’insalata mangiata a pranzo (con la speranza di perdere qualche chilo) sarà senza sapore, la sua vicina continuerà a sputare sentenze sulla sua vita privata, la sua gatta continuerà a non ricambiare il suo affetto.

E tutto ciò che c’è da sapere nel mondo è contenuto nel Manuale delle norme e dei regolamenti.

Tutto scorre identico, un giorno dopo l’altro, finché non accade la più terrificante e stravolgente delle cose: Linus viene chiamato dalla Suprema Dirigenza del Dimam per una missione segretissima e di estrema importanza.

Un passo indietro: Il Dimam e il mondo dietro a La casa sul mare celeste

Se la vita di Linus Baker sembra quella di un classico dipendente della pubblica amministrazione, già dalle prime pagine capiamo che il mondo in cui vive è tutt’altro che normale.

Linus, infatti, è un assistente sociale del Dimam – il Dipartimento di magia minorile. Il suo compito è quello di ispezionare gli orfanotrofi in cui si trovano minori dotati di poteri magici e verificare se siano gestiti secondo la legge.

Con queste premesse ci verrebbe da pensare – con cognizione di causa – che Linus sia abituato a vedere di tutto e che sia difficile sorprenderlo.

Sarebbe corretto, se la missione affidatagli dalla Suprema dirigenza non fosse quella di andare sull’isola di Marsyas, e ispezionare l’orfanotrofio gestito dal misterioso e affascinante Arthur Parnassus. Un orfanotrofio dove vivono sei bambini unici e speciali. C’è Talia, la gnoma femmina che progetta subito di seppellirlo in una fossa. Phee, lo spirito della foresta che riesce a parlare con gli alberi. Sal, il ragazzone che si trasforma in volpino mannaro ogni volta che si spaventa. Chaunchey, che nessuno sa bene cosa sia ma che sogna di fare il concierge. Theodore, la viverna appassionata di bottoni. E poi c’è Lucy: che ha sei anni ed è niente meno che l’anticristo.

Smantellando le certezze una pennellata di colore dopo l’altro

Se la vita di Linus, in città, era grigia e monotona, quella sull’isola di Marsyas è un’esplosione di colori e di emozioni. A partire dal blu dell’oceano, che Linus ha sempre sognato ma che non era mai andato a vedere in vita sua.

Un dettaglio della copertina del libro di T.J. Klune

Un dettaglio della copertina del libro di T.J. Klune (Credits: Mondadori)

Così, giorno dopo giorno, il nostro impacciato assistente sociale si troverà a dover mettere via il suo amato Manuale delle norme e dei regolamenti insieme a tutti i suoi pregiudizi. Perché il lavoro di Linus resta sempre lo stesso: capire cosa è meglio per i bambini.

E, per la prima volta nella sua vita, anche capire cosa è meglio per se stesso.

Ri-scoprire il mondo fantasy

Una delle cose che più ho amato di questo libro è che non scopriamo un nuovo mondo. O, meglio, noi lettori lo scopriamo ma con gli occhi di qualcuno che lo conosce già.

Se infatti in Harry Potter J.K. Rowling usava spesso l’ignoranza di Harry per spiegare a noi lettori qualche dettaglio del mondo magico, in La casa sul mare celeste il punto di vista è quello di qualcuno che vive al suo interno.

Al tempo stesso, però, lo sguardo di Linus cambia col passare del tempo, e questo permette anche a noi di vedere le cose con la genuinità e l’entusiasmo di chi vede quel mondo per la prima volta.

I dettagli forniti dall’autore sono pochi – perché al protagonista non ne servono troppi sapendo già cosa sta affrontando – ma si dilunga quando serve allo stesso Linus.

Copertina la casa sul mare celeste

(Credits: Paola Cecchini)

Linus è la nostra Hermione, che pur non facendo da subito parte del mondo magico ne ha una conoscenza approfondita. E tuttavia è capace di restare a bocca aperta davanti a qualcosa che ha incontrato solo nei libri o che è ancor più sorprendente di quanto si aspettasse.

Lucy e Linus sono due estremi non poi così diversi

Sapere che Lucy è l’anticristo non è una cosa che può lasciare indifferenti. È come avere una strada ben definita davanti a sé e nessun modo (o motivo) per cambiarla. E questo lo stesso Lucy lo sa. Tutti sanno chi è, tutti gli dicono cosa diventerà, anche i “ragni” che stanno nella sua testa e che lo spingono nell’unica direzione possibile.

Linus non ha ragni nella testa – ovviamente – ma anche lui è il prodotto di ciò che gli altri vedono in lui. Un uomo inutile, senza personalità né fascino. Mollo e senza sapore.

Linus e Lucy non potrebbero essere più diversi l’uno dall’altro, eppure sono anche estremamente simili. Entrambi amano Bobby Darin e la musica jazz. Entrambi sono arrivati sull’isola di Marsyas disillusi e guardandosi allo specchio vedevano solo ciò che gli altri vedevano in loro. Entrambi sono degli emarginati che non sapevano di star cercando il loro posto nel mondo finché non lo hanno trovato.

Ed entrambi hanno imparato a guardarsi in modo diverso grazie allo sguardo di Arthur Parnassus.

Una favola queer che sa di casa

La casa sul mare celeste è una storia queer – tema che sta molto a cuore al suo autore T..J. Klune – raccontata nel modo più semplice possibile. Perché non c’è altro modo di raccontare l’amore. Ma al tempo stesso racconta la difficoltà di dover legittimare quell’amore agli occhi degli altri.

Racconta le angherie subite a causa di menti chiuse e bigotte, dei pregiudizi che ci portiamo dentro anche senza esserne consapevoli.

Ma racconta anche che nonostante tutto le persone buone esistono, e che di fronte all’ignoranza di chi dice “Andatevene via, non vi vogliamo”, l’unica risposta che dobbiamo continuare a dare è “No, grazie”.

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