
La scuola tra ieri e oggi – Dal pedagogo alla Dad, da Carlo Magno al Covid
Cos’è la scuola? Tra Dad, Ddi, in presenza, a distanza, pare che ne abbiamo dimenticato un po’ tutti il senso reale. Esisteva fin dall’antichità? Era per tutti? A cosa serviva? Certo, occorrerebbero un bel po’ di tempo e un bel po’ di articoli diversi.
Ma, se siete curiosi, provo a spiegarvelo brevemente adesso.

Una ragazzina segue una lezione nella nuova scuola della dad: da casa, dietro allo schermo di un computer (Credits: zapCulture via Pixabay)
La scuola di ieri: tra edifici scolastici e educazione parentale
Come potrete immaginare abbastanza facilmente, nell’antichità la scuola era riservata ai rampolli delle famiglie più abbienti. Non esisteva il concetto di “istruzione gratuita per tutti” e il senso stesso dell’”istruzione” era davvero diverso dal nostro. Ad esempio, in Mesopotamia tra il III e II millennio a.C. andavano a scuola solamente i ragazzi destinati a diventare scribi. Sostanzialmente imparavano a copiare testi o scrivere rapidamente. Cose che forse qualcuno oggi riterrebbe “materie inutili”.
In Grecia e nella Roma preimperiale, a frequentare la scuola erano i più nobili, indipendentemente dal loro percorso di vita futuro. La collaborazione scuola-famiglia era tuttavia molto intensa: se un ragazzino, un puer, prendeva un brutto voto, la mamma poteva ricorrere anche a punizioni corporali. Diciamo che siamo certamente ancora molto lontani dal metodo Montessori.
Oggi, fortunatamente, abbiamo preso le distanze da questo eccesso, ma purtroppo ci siamo avvicinati troppo all’estremo opposto: spesso le famiglie non tollerano il votaccio o la nota e, anziché collaborare positivamente con gli insegnanti, alzano muri invalicabili che altro non fanno che peggiorare l’educazione – in senso lato – dei loro figli.
Grecia e Roma: sostegno e ripetizioni
In Grecia, come anche a Roma, la scuola era molto moderna nonostante non fosse Dad (Didattica a Distanza) e nemmeno Ddi (Didattica Digitale Integrata). Funzionava più o meno così: chi poteva permetterselo, la mattina, generalmente all’alba (questa cosa che la scuola debba iniziare all’alba non l’ho mai né capita né condivisa) si recava nell’edificio scolastico dove trovava un maestro pagato dalle famiglie.

La minuscola carolina era un tipo di scrittura decisamente più leggibile delle precedenti. La scuola, da lì alla dad potrebbe aver perso qualche colpo (Credits: Dominio Pubblico)
Terminate le lezioni, tornava a casa e poteva vantare l’aiuto del pedagogo, figura rimasta in uso tra le famiglie nobiliari europee fino al Novecento. Il pedagogo era, nell’antichità, uno schiavo – con il tempo un dipendente stipendiato della famiglia – che seguiva i ragazzi a scuola la mattina, ascoltava la lezione del maestro e la ripeteva nel pomeriggio al suo assistito.
Una sorta di tutor moderno. O, se vogliamo, un insegnante di sostegno.
Carlo Magno e la ribalta dell’istruzione
Carlo Magno è da tutti ricordato per essere stato incoronato imperatore del Sacro Romano Impero la notte di Natale dell’800. Ma ha avuto anche un altro ruolo, forse più importante: nonostante fosse quasi del tutto analfabeta, si spese molto per agevolare l’istruzione tra i suoi sudditi.
Ovviamente si tratta ancora di ricchi e nobili, ma fu un primo importante passo verso l’intuizione che l’istruzione stia alla base della consapevolezza e della realizzazione personale e umana. La sua minuscola carolina divenne la grafia più leggibile dell’epoca, come una sorta di strumento compensativo per alunni con Dsa (disturbi specifici dell’apprendimento) di oggi.
La scuola tra Ottocento e Novecento: privilegio di pochi
Persino in epoche recenti, l’istruzione resta ancora appannaggio di pochi, ricchi, nobili. Le ultime granduchesse russe e lo stesso zarevic (ovvero l’erede dello zar) furono istruiti da un moderno pedagogo, Pierre Gilliard, che rimase vicino a loro fino all’ultima deportazione a casa Ipat’ev in Siberia. Restò così legato alla famiglia imperiale che pubblicò le sue memorie e aiutò Nicholas Sokolov, un agente controrivoluzionario russo che indagava sulla fine della famiglia reale.

Il maestro Pierre Gilliard tiene la lezione alle due granduchesse Olga e Tatiana, a Livadia, intorno al 1911 (Credits: Romanov Collection, General Collection, Beinecke Rare Book and Manuscript Library, Yale University)
Il Novecento fu, invece, il secolo breve anche in ambito istruttorio: quando iniziò, solamente i figli maschi potevano continuare il percorso di studi oltre la scuola elementare, mentre le femmine venivano indirizzate verso altre occupazioni atte a trovare marito e badare alla casa.
Nonostante questo, però, nel 1904 la legge Orlando portò l’obbligo scolastico in Italia a 12 anni e nel 1923 la riforma Gentile cambiò totalmente l’assetto: la scuola viene suddivisa in materna, elementare, media. Dopo la conclusione del ciclo, intorno ai 13 anni si poteva andare a lavorare. Con la fine della Seconda guerra mondiale e la nascita della Costituzione, l’istruzione diventa obbligatoria, pubblica e gratuita per tutti. Oggi, in Italia, l’obbligo scolastico è fino al compimento del sedicesimo anno di età e il tasso di analfabetismo è sceso allo 0,6% della popolazione.
Il Covid e la scuola di oggi
Certo, tutto questo valeva pre-pandemia. Oggi la scuola è ridotta maluccio. I nostri ragazzi lo sono.
Il 2020 è stato l’annus horribilis della Dad, ovvero della didattica a distanza. Una sorta di smart working dei professori: in sostanza studenti e insegnanti erano nelle loro case e dialogavano tra loro tramite app video. Certo, il contagio si riusciva a contenere bene e chi era molto motivato riusciva a seguire comunque bene le lezioni.

Un’aula vuota, con banchi singoli, tipico esempio di “classe” post pandemica: la scuola della dad (Credits: Wokandapix via Pixabay)
Ma gli altri? Gli altri si perdevano. Accendevano il pc con video spento e microfono silenziato e vagavano per i prati davanti a casa loro nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore restavano chiusi nel buio delle loro camerette. Chiaramente non vale per tutti: nel mio caso specifico ho avuto classi che mi hanno seguita con entusiasmo rendendo quel periodo speciale e bello nonostante la difficoltà del momento. Per quanto mi riguarda non li ringrazierò mai abbastanza.
Nel 2021, invece, la Dad si è tramutata nella Ddi – didattica digitale integrata, ovvero una Dad “alternata” con mezza classe in presenza e metà a casa – ma solo per il primo ciclo di istruzione. Per il secondo ciclo è rimasta Dad e questi due anni di distanza sono stati i principali responsabili di un tracollo psicologico di moltissimi ragazzi, abbandonati a loro stessi. Il primo ciclo, invece, si è battuto contro il contagio che dilagava e, mai come oggi, la scuola ha avuto bisogno di aiuto.
Se i professori stanno male, chi fa il professore nella scuola della dad?
Come si sa, la variante omicron è ancora piuttosto contagiosa. La scuola, oggi, è in ginocchio. Moltissimi ragazzini si contagiano, e così moltissimi professori. I ragazzini contagiati vanno in Ddi, ok, ma cosa succede quando è l’insegnante a essere in quarantena? “Di tutto” credo sia la risposta migliore.
I colleghi di qualsiasi materia lo coprono, andando al di sopra del proprio monte ore. Questo potrebbe generare burn out nel personale, ma se l’effetto collaterale fosse solo questo sarebbe ancora abbastanza facile da gestire.

La scuola della dad prevede la presenza di insegnanti al di là dello schermo di un computer (Credits: jagritparajuli99 via Pixabay)
Quando più di un insegnante è assente, succede che chi ricopre il ruolo di preside, in preda alla disperazione e al bisogno, chiami chiunque per far fronte a questo problema, come è accaduto a Bogliasco. Parlo di genitori o professionisti di vario genere e tipo che abbiano qualche ora da dedicare alla scuola e un minimo di requisiti. Questo è un fatto estremamente preoccupante e, credo, frutto di un comune pensiero. Quello secondo cui “Il professore è solo uno che viene pagato per fare meno del papà”, “Il professore non fa niente da mattino a sera”, “Il professore è un mestiere facile”.
In realtà le cose stanno diversamente.
Siate gentili
Il professore è una persona che ha vent’anni di studio sulle spalle, che non si è visto riconoscere il titolo abilitante dallo Stato, sottopagato, generalmente colto, che deve saper mettere da parte qualsiasi emozione personale per entrare in classe con il sorriso, che deve essere in grado di gestire 30 persone chiuse in una stanza con 30 caratteri diversi e una sessantina di genitori con storie e problemi differenti di cui farsi carico. Last but not least, deve saper trasmettere un bagaglio umano e culturale ai suoi alunni da custodire per il resto della loro vita.
Ora sapete la storia della scuola e conoscete le problematiche dei professori. Quando incontrate qualche insegnante, ora che siete a conoscenza dei retroscena, potete immaginare cosa stia passando. Siate gentili, sempre.
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