Louisa May Alcott – L’autrice di Piccole donne, oltre i suoi successi


Louisa May Alcott: chi non conosce l’autrice di Piccole donne? Libro amato, odiato, ancora attuale o forse passato di moda, ma che di sicuro ha affascinato più di una generazione, anche di recente. E chi non si è affezionato a Jo March, la vitale protagonista, che altro non è che l’alter ego di Louisa May Alcott?

Ma si può identificare una vita intera, quella della scrittrice statunitense, con il suo successo letterario?

Louisa May Alcott: tra fiction e realtà

Louisa May Alcott

Louisa May Alcott in una foto di quando aveva 20 anni (Pubblico dominio)

Non è un segreto che Louisa May Alcott abbia tratto spunto dalla propria famiglia per scrivere Piccole donne, il capolavoro pubblicato nel 1868.

Come Jo March, anche lei aveva tre sorelle. La più grande era felicemente sposata con figli. La terza, Elizabeth (Lizzie) era cagionevole di salute, proprio come la Beth di Piccole donne. E tanto sarà l’affetto per la sorella prematuramente scomparsa che il suo sarà l’unico nome reale di tutto il romanzo. L’ultima sorella, infine, era un’artista.

Anche Louisa, come Jo, aveva una madre straordinaria, che spiccava per fermezza e dolcezza. E anche la frenesia dello scrivere anima Jo, tanto quanto animava l’autrice, al punto da decidere di trasformare il suo cervello in denaro attraverso le sue storie – come diceva lei stessa.

Infine, anche lei aveva incontrato il suo Laurie – Ladislas Wisniewski. Ma non si è mai sposata.

Oltre il romanzo: la figura paterna

Se in Piccole donne la figura paterna è praticamente inesistente, il padre di Louisa era invece molto presente nelle vite delle figlie. Fin troppo.

Amos Bronson Alcott era un filologo e pedagogista. Uomo di umili origini ma molto curioso e intelligente, aveva notevolmente migliorato la propria condizione sociale al punto da sposare Abby May, una donna dell’alta società di Boston, un’assistente sociale.

Il padre aveva un’idea di scuola diversa da quelle dell’epoca, priva di punizioni corporali perché inutili se non dannose. Circondato da uomini con idee simili alle sue sui diritti e sull’educazione, fondò una scuola prestigiosa: la Temple School, un progetto educativo sperimentale e innovativo che prese vita grazie al supporto costante della moglie.

Purtroppo le sue idee erano decisamente all’avanguardia rispetto alla sua epoca. Dopo pochi anni, dovette dichiarare il fallimento a causa della manifesta ostilità della città nei suoi confronti. La famiglia si allontanò quindi dalla città.

Dopo il trasferimento, Amos Bronson Alcott fondò Fruitlands, una comunità agricola utopica, destinata anch’essa al fallimento.

A seguito delle condizioni economiche in perenne peggioramento della famiglia, Louisa decise che non si sarebbe mai arresa finché la sua famiglia non avesse avuto denaro a sufficienza per mantenersi in modo adeguato. E iniziò a scrivere.

Louisa May Alcott e la Guerra di secessione americana

Un altro avvenimento centrale nella vita della scrittrice fu la Guerra di secessione, combattuta tra il 1861 e il 1865. Louisa decise di diventare infermiera e vide con i propri occhi il risultato della guerra. Non sapeva niente di medicina, ma divenne l’infermiera più amata di Georgetown. Amava passare del tempo con i pazienti, ai quali raccontava delle storie e leggeva le lettere, cercando di tenere alto il morale.

Louisa May Alcott in un'immagine datata 1889

Louisa May Alcott in un’immagine datata 1889 (Pubblico dominio, foto tagliata dall’originale)

Fu allora che arrivò il primo vero successo letterario della sua carriera, totalmente inaspettato. Scriveva numerose lettere alla famiglia sulle condizioni dell’ospedale. Un giorno ebbe l’idea di spedire tutte queste lettere al suo editore, per pubblicarle e guadagnare qualcosa. Uscì Hospital sketches, e fu un successo clamoroso.

Purtroppo, dopo poco tempo si ammalò. Venne suo padre a prenderla in ospedale e, con una dolcezza che non mostrava da anni nei suoi confronti, la riportò a casa.

La sisterhood delle Alcott

Louisa è sempre stata una sorella devota e fedele. Perché così le aveva insegnato sua madre, Abby May: donna forte e coraggiosa, aveva cresciuto le figlie nella parità, e aveva insegnato loro a farsi forza a vicenda. Voleva che ciascuna cercasse la propria felicità, secondo le proprie capacità e nel continuo supporto vicendevole.

Louisa May Alcott non dimenticherà mai gli insegnamenti materni: sosterrà la sorella maggiore una volta rimasta vedova; spedirà continuamente soldi alla famiglia per toglierla dalla povertà; permetterà alla sorella minore di frequentare una scuola pubblica, l’unica tra le sorelle Alcott.

Una scena del film Piccole donne, di Greta Gerwig, uscito nel 2019

Una scena del film Piccole donne, di Greta Gerwig, uscito nel 2019 (Credits: Warner bros.)

Non solo: accompagnerà la sorella più piccola in Europa e la pregherà di restare una volta giunta la notizia improvvisa della morte del cognato; lei sarebbe rientrata a Boston, ma la sorella minore avrebbe dovuto continuare a studiare arte in Italia, il suo sogno.

Infine, sosterrà il matrimonio della sorella con un uomo molto più giovane di lei e crescerà la figlia della sorella più piccola, orfana di madre alla nascita, come fosse figlia sua – pur non facendosi mai chiamare “mamma”.

E tutto questo senza mai chiedere nulla in cambio. Questo era per la famiglia Alcott la sisterhood, termine in italiano traducibile con “sorellanza”, anche se in modo un po’ improprio, che implica un affetto profondo e responsabile, scevro da invidie e rancori.

Cosa si può imparare, oggi, da Louisa May Alcott?

Nonostante il suo nome sia fortemente legato a Piccole donne, considerato un libro per ragazze e ragazzi, e nonostante l’autrice sia indissolubilmente legata al successo del suo primo romanzo, Louisa May Alcott è una donna da cui si può imparare tanto.

Donna indipendente, è vissuta nella libertà di pensiero e nella consapevolezza di poter diventare ciò che desiderava: una scrittrice. Ha reso la sua passione un mestiere, e già per questo motivo è sicuramente una da ammirare.

Donna in carriera, odiava la pubblicità, tanto da scrivere alcune opere sotto pseudonimo maschile. Il successo non le diede mai alla testa, anzi: lo sfruttò a proprio vantaggio pur evitando quelle situazioni sgradevoli che derivano dalla troppa notorietà, come l’essere continuamente fermata per strada per un autografo o essere costretta a diventare il suo personaggio.

Grazie al suo successo, poté scrivere di ciò che voleva, lottando per le sue idee: i diritti delle donne, il diritto di voto, la necessita di una buona educazione. Fu una strenua sostenitrice dell’abolizione della schiavitù dei neri.

Insomma, da Alcott (donna che va oltre le sue opere) si può imparare a vivere la propria vita con giustizia e costanza. Senza mai smettere di sognare.

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