Satira ieri e satira politica oggi – Sfottere il potere, da Quintiliano ai meme


La satira di ieri, o la risata amara, è quella che Quintiliano nell’Institutio Oratoria definisce “un genere tutto nostro” (“tota nostra est”, per chi volesse recuperarlo nel libro X, 1, 93); la satira politica di oggi è invece quella che ci troviamo sui giornali, nei teatri, sui social ogni mattina.

Ma come siamo passati da Quintiliano ai meme? Vediamolo.

In Grecia la satira si faceva a teatro

In Grecia, nell’età d’oro dell’umanità, è stato “inventato” in qualche modo e sicuramente “divulgato” tutto quello che ancora oggi conosciamo – o quasi!

All’epoca, il mezzo più semplice per raggiungere tante persone in contemporanea era il teatro. Lasciamo da parte le grandi tragedie, manifesto dell’umanità di tutti i tempi, e concentriamoci sulle commedie.

Aristofane è il grande commediografo esponente della “Commedia antica”. Insieme a Menandro è sicuramente il commediografo più conosciuto dai moderni. Ha scritto tanto e tanto ci è arrivato integro: molte delle sue commedie vengono ancora rappresentate nei teatri di tutto il mondo, primo fra tutti quello di Siracusa.

Lisistrata di Aristofane messa in scena a Berlino nel 1920, diretta da Max Reinhardt

Lisistrata di Aristofane messa in scena a Berlino nel 1920, diretta da Max Reinhardt (Dominio pubblico)

Ma perché Aristofane è tanto speciale?

La satira di ieri fa ridere anche noi

Aristofane non fa prettamente satira politica: scrive commedie che trattano dei temi più disparati – dalla politica, alla cultura, al sesso. La mia preferita è sicuramente Lisistrata, ovvero la storia di una donna che prende una posizione molto netta contro la guerra: per fare sì che gli uomini non portino avanti una guerra inutile, convince tutte le donne della città di smettere di avere rapporti sessuali con i propri mariti.

Gli uomini non ci fanno una bellissima figura e scatenano le risa del pubblico di tutti i tempi.

La satira di ieri e oggi: Lisistrata

Un’altra rappresentazione di Lisistrata, questa volta nel 2010, durante la 56esima edizione del Festival del Teatro classico di Merida, in Spagna (Credits: Ana Belén Cantero Paz, Creative commons)

Aristofane, però, non è solo questo: mette in scena Acarnesi, la sua prima commedia in ordine temporale e si fa portatore di istanze pacifiste.

Il contadino Diceopoli propone un’assemblea del demo di Acarne, una sorta di quartiere di Atene, per ottenere una tregua con Sparta, stanco di vedere distrutto il suo raccolto dai soldati spartani. Dato che la città è però governata da furfanti e imbroglioni, Diceopoli propone una tregua personale con la città di Sparta.

Questo fa infuriare gli Acarnesi, che si lanciano in un violento dibattito con Diceopoli. Il contadino alla fine avrà la meglio e concluderà la commedia felicemente ubriaco e tra le braccia di due prostitute.

Le Rane, caso politico nell’Italia degli anni Duemila

Nei primi anni Duemila, come è uso ancora oggi, andavano in scena a Siracusa commedie antiche. In teatro erano in programma le Rane, ma fuori dal teatro, su giornali e telegiornali andarono in scena il vero Aristofane e la sua satira. L’anno è il 2002, durante il criticatissimo governo Berlusconi.

La rappresentazione di Le rane di Aristofane diretta da Luca Ronconi, nel 2002

La rappresentazione di Le rane di Aristofane diretta da Luca Ronconi, nel 2002 (Credits: Canele Youtube Luca Ronconi)

Nella resa “modernizzata” della commedia, a un certo punto, avrebbero dovuto entrare in scena le effigi dei Tiranni di Atene: ebbene, il regista Luca Ronconi aveva deciso piuttosto coraggiosamente di “attualizzare” la commedia a tal punto da sostituire le immagini dei tiranni con quelle dei politici di centrodestra dell’epoca: Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini, Umberto Bossi e Ignazio La Russa.

Per un gioco di prestigio – o una soffiata di Aristofane stesso? – i politici vengono a saperlo prima che vada in scena. Alla cena della vigilia organizzata dal prefetto di Siracusa, il viceministro all’economia Gianfranco Miccichè intima al regista Luca Ronconi di eliminare suddette fotografie. Ronconi torna in teatro, lo fa e poi denuncia un vero caso di censura governativa, mandando in scena pannelli vuoti con un impatto scenico devastante sullo spettatore. Ovviamente la versione del centrodestra era che non si trattava di censura, ma solo di un consiglio, arrivato sotto i fumi del buon vino.

“Io sono Giorgia”

Vent’anni dopo, la satira si evolve e assume la forma dei meme. E diventa qualcosa che non appartiene più alla fantasia dei commediografi o alla lingua tagliente dei comici, ma potenzialmente a chiunque. Anche ai politici stessi.

Il caso emblematico è quello di Io sono Giorgia, remix nato per farsi beffe della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, e divenuto ben presto un meme saldamente nelle sue mani. Probabilmente neanche vi ricordavate che la canzone contenesse una parte critica nei confronti di Meloni. Non preoccupatevi: siete in buona compagnia!

Sul rapporto tra meme e politica ci sarebbe tanto da dire. E in effetti se n’è parlato per un’ora e mezza in questa live con Celeste Satta, digital specialist dell’Università di Torino, che vi lascio qui sotto. L’aspetto più importante di tutti, forse, è che oggi è più facile far satira (non sempre di alta qualità) e diffonderla, ma è anche vero che la politica ha armi ancora più raffinate per far sì che manchi il bersaglio.

Abbiamo imparato bene, caro Aristofane. Spesso riusciamo a mettere sulla scena della vita commedie anche migliori delle tue. Satira politica che si fanno in autonomia i politici stessi. E chissà adesso, che siamo in periodo di nomina del Presidente della Repubblica quanta satira, quante commedie ci sussurrerai all’orecchio. Sapremo essere all’altezza del tuo teatro anche stavolta?

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