Caterina Campodonico, regina di Staglieno – La Signora delle noccioline e il divorzio


Chiunque abbia passeggiato tra i viali del cimitero monumentale di Staglieno ha presente la statua marmorea di Caterina Campodonico, meglio conosciuta come la Signora delle noccioline. Ma cosa c’entra tutto questo con il divorzio?

Se avete pazienza posso raccontarvelo.

Caterina Campodonico, femminista ante litteram

Se qualcuno si stesse chiedendo chi fosse Caterina Campodonico, ora ve lo spiego. Iniziamo con il dire che, nonostante la sua presenza al cimitero di Staglieno, non è uno dei famosi fantasmi di Genova.

Forse è molto più di questo: fu una donna nata nel 1804 da una famiglia di umili origini di Portoria, un quartiere di Genova. Ancora giovane, si sposa con un uomo affetto da problemi di alcolismo, Giovanni Carpi, dal quale si separerà presto.

Un dettaglio del monumento funerario realizzato da Lorenzo Orengo

Un dettaglio del monumento funerario di Caterina Campodonico, realizzato da Lorenzo Orengo (Credits: Marco Frongia)

Caterina è una lavoratrice: vende noccioline e canestrelli in giro per la città. Questo modesto impiego la rende comunque più ricca dell’ex marito – in realtà ancora marito, considerando che all’epoca non esisteva una legge sul divorzio – e questo la obbliga a mantenerlo.

 

Pensiamo all’immensità di Caterina Campodonico, donna dell’Ottocento e icona di Staglieno, che attua un divorzio ante litteram e addirittura “passa gli alimenti” a un marito fannullone.

Il divorzio, una conquista moderna

Come ho scritto in un precedente articolo a tema matrimonio, il divorzio in Italia è entrato in vigore con una legge del 1970 che è stata validata e riconfermata in seguito al referendum di quattro anni più tardi.

Prima di questa data il matrimonio era naturalmente spezzabile solo con la morte di uno dei due coniugi.

Il profilo di Caterina Campodonico

Il profilo di Caterina Campodonico (Credits: Marco Frongia)

Caterina quindi non divorziò mai dal marito: semplicemente si separò da lui.

La dote, trappola per donne

Un tempo ciò che regolava il matrimonio era la dote. La donna passava dalle mani del padre a quelle del marito offrendogli la sua dote, ovvero case, beni e terreni che erano in suo possesso.

Più la dote era ricca, più la ragazza aveva la possibilità di trovare un buon partito.

Era possibile anche separarsi, in qualche modo: se la donna veniva ripudiata poteva tornare sotto la giurisdizione paterna con i suoi beni. Se invece fosse stata lei la causa della separazione, magari perché adultera, tornava a casa del padre senza dote.

Nell’antichità, regole diverse per ogni popolo

Se Caterina Campodonico anziché a Staglieno fosse stata sepolta a Luxor, probabilmente avrebbe potuto ottenere il divorzio più facilmente.

Nell’antico Egitto, infatti, la donna poteva chiedere la separazione. Non si può dire lo stesso per la Roma antica: se la donna avesse commesso adulterio, avrebbe visto confiscati metà dei suoi beni e sarebbe stata relegata a vivere su un’isola.

Con l’avvento del Cristianesimo le cose peggiorarono ulteriormente: il marito poteva cacciare di casa l’adultera lasciandola senza un soldo. Se invece il marito avesse ripudiato la moglie per altri motivi, quella avrebbe potuto decidere di tornare a casa dal padre o di chiudersi in convento.

Suona tutto molto progressista, vero?

La Rivoluzione francese: liberté, égalité, fraternité

Con gli anni della Rivoluzione francese si ottennero maggiori diritti: si poteva addirittura divorziare per incompatibilità di caratteri.

Ovviamente, con l’avvento della Restaurazione questa ventata di progressismo si spense e si tornò all’oscurantismo più assoluto in materia di divorzio.

Per questo, Caterina Campodonico ebbe così tante difficoltà a divorziare. E, alla fine, decise di investire i suoi risparmi in una monumentale tomba al cimitero di Staglieno. Per una ragione davvero particolare.

La tomba della rivalsa

La storia di Caterina Campodonico, prima di concludersi al cimitero di Staglieno, ha infatti un ultimo elemento da regalare. Un evento che renderà immortale la sua storia, anche più dello splendido monumento funebre che conosciamo oggi.

Accadde dunque che Caterina Campodonico, ormai anziana, si ammalò. Era il 1881 e aveva 77 anni. Dopo una vita passata a mantenere il marito, subì l’ultima, ingiusta cattiveria: secondo il racconto popolare, le sue sorelle, anziché curarla, pensarono solo a come spartirsi la sua eredità. Tanto, si dicevano, nelle sue condizioni non sarebbe riuscita mai a sopravvivere a lungo. Caterina, però, riuscì a guarire. E prese una decisione: non avrebbe lasciato neppure un centesimo alla sua ingrata famiglia.

Decise così di investire tutto quello che le rimaneva in una tomba monumentale. Commissionò l’opera allo scultore Lorenzo Orengo e l’epitaffio al poeta Giambattista Vigo, i più importanti artisti genovesi del suo tempo.

La statua di Caterina Campodonico, nota come la signora delle noccioline e celebre per il suo divorzio e per questo monumento funerario presente al cimitero di Staglieno (Genova), realizzata da Lorenzo Orengo

La statua di Caterina Campodonico, nota come la signora delle noccioline e celebre per il suo divorzio e per questo monumento funerario presente al cimitero di Staglieno (Genova), realizzata da Lorenzo Orengo (Credits: Marco Frongia)

Le parole scelte da Vigo per far conoscere ai posteri la figura di Caterina Campodonico sono queste, tradotte dal genovese:

Vendendo collane e ciambelle
All’Acquasanta, al Garbo a San Cipriano
Con vento e sole e con acqua a catinelle
Per assicurarmi un pane nella vecchiaia
Fra i pochi soldi mettevo via
Quelli per tramandarmi nel tempo
Mentre son viva e son vera portoriana
Caterina Campodonico (la paesana)

Da questa mia memoria se vi piace
Voi che passate pregatemi la pace.

La vita di Caterina proseguì ancora per un anno, durante il quale prese l’abitudine di andare a visitare il proprio monumento – e si fece anche fotografare accanto alla propria statua.

La sua storia divenne famosa, a Genova. E quando morì, il 7 luglio 1882, salutata da tutta la cittadinanza, era ormai la popolana che si era guadagnata un posto tra le spoglie di nobili e celebrità di ogni tempo, come Giuseppe Mazzini, Nino Bixio o, oltre un secolo dopo, Fabrizio De André e Fernanda Pivano.

La Signora delle Noccioline riuscì a diventare, dunque, un monumentale ed imperituro esempio di libertà individuale per tutte le sue “figlie” genovesi.

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