Quando Seneca inventò la mindfulness – Due mondi lontani… ma compatibili?


Chi ha fatto un liceo qualsiasi sicuramente si ricorderà di Seneca, filosofo stoico del I secolo d.C. Ma chi di noi, sicuramente non a scuola, ha sentito parlare di mindfulness? Io sicuramente sì, spesso. Ne ho parlato con psicologi titolati, life coach (veri, non poeti come dico in un precedente articolo!) e yogi professionisti che mi hanno consigliato di praticare il più possibile questo metodo di benessere psicologico o la sua evoluzione medica, la Pnei.

Mentre mi descrivevano i cardini di questa pratica, però, ero certa di aver già sentito tutto e di sapere esattamente di cosa stessimo parlando.

Considerando che non sono Dev Patel in The MIllionaire, però, doveva esserci un’altra spiegazione logica. Questa spiegazione aveva un praenomen, un nomen e un cognomen: Lucio Anneo Seneca.

Cos’è la mindfulness?

Se volessimo approfondire un minimo, scopriremmo che Mindfulness è una parola inglese che traduce un termine della lingua indiana pāli, ovvero sati, e significa “consapevolezza mentale”. Lo scienziato che ha elaborato il famoso protocollo Mindfulness based stress reduction – Mbsr – è Jon Kabat-Zinn.

La sagoma di una donna durante una meditazione

Quando meditiamo o pratichiamo il metodo Mbsr ci avviciniamo agli stoici. Tra Seneca e la Mindfulness ci sono più punti di contatto di quanti si possa immaginare (Credits: Pixabay)

Kabat-Zinn descrive la mindfulness come il “porre attenzione in un modo intenzionale e non giudicante sul momento presente”.

Questo pensiero potrebbe essere quello di uno stoico qualsiasi di I secolo d.C. A maggior ragione, al signor Kabat-Zinn doveva piacere molto Seneca.

Chi è Seneca?

Seneca è un filosofo stoico vissuto a cavallo tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. Di lui ci sono rimasti molti scritti – non solo filosofici ma anche teatrali – che fanno dannare ogni liceale che si rispetti. Aderisce, almeno in parte, alla filosofia stoica, che prevede una sorta di mantenimento della razionalità e della lucidità di pensiero di fronte a ogni situazione (anche negativa) che si prospetti nella vita.

Ad esempio, nella Consolatio ad Helviam matrem 5,1, Seneca scrive:

“La natura ha agito in modo che per vivere bene non ci fosse bisogno di un grande apparato, ognuno è in grado di rendersi felice”.

Immagino Kabat-Zinn in estasi mentre legge queste parole.

Ognuno è veramente in grado di rendersi felice?

Secondo la teoria mindfulness, per essere felici dobbiamo cercare di evitare il più possibile di riempire la nostra mente di pensieri. Ovviamente è impossibile svuotare del tutto la mente, ma possiamo scegliere cosa trattenere e cosa lasciar andare.

l'immagine presenta la scritta Mental Health, salute mentale, indispensabile per ognuno di noi

La salute mentale di ieri e di oggi attraverso il mondo di Seneca e della Mindfulness (Credits: Pixabay)

Epitteto, altro filosofo stoico poco più giovane di Seneca, insiste sul concetto che le nostre azioni e i nostri pensieri sono sotto il nostro controllo e il passato e il futuro sono indifferenti.

Il De Brevitate Vitae, “vecchio” protocollo di mindfulness

Il De Brevitate Vitae è un dialogo senecano che ci invita a usufruire al meglio del tempo della nostra vita. Per non sprecarlo, l’autore ci dà una serie di consigli. Ad esempio, ci consiglia di non soffermarci troppo sulle ansie che nascono dall’attesa del futuro o i rimpianti che sorgono nel ricordo del passato.

L’unico momento degno di essere vissuto è il presente, l’hic et nunc, il qui e ora. Nel presente possiamo modificare qualcosa o banalmente vivere accettando ciò che ci capita. Jon Kabat-Zinn ha fatto del De Brevitate Vitae il suo manifesto di vita.

È sicuramente l’anello mancante tra Seneca e la Mindfulness.

Il punto non è non provare dolore, ma tenerlo sotto controllo

La Mindfulness si è posta anche il problema del dolore: chi la pratica sa che non ci si può liberare del tutto dall’esperienza dolorosa nella vita, ma si può imparare a gestirla. Gli Stoici ci insegnano a gestire razionalmente il nostro dolore, non potendo evitarlo, attraverso alcuni accorgimenti – come la praemeditatio malorum o la praemeditatio mortis.

I Dialoghi morali, il De Brevitate Vitae, il De Otio e il De Tranquillitate animi di Seneca

Le copie di Francesca delle opere di Seneca…tante quante quelle di Kabat-Zinn? (Credits: Francesca Raffaghello)

In sostanza, se una persona razionalizza il male o accetta l’idea che farà esperienza della morte prima o poi, riesce a soffrire di meno una volta che queste esperienze si verificheranno.

La Prosoché stoica e l’analisi Mbsr

La Prosoché è ciò a cui deve badare uno stoico come si deve. Consiste nell’analisi degli stimoli esterni che la vita procura e nella successiva riflessione sulle emozioni che ne scaturiscono. Ad esempio, riflette sui suoi desideri: sulla loro realizzabilità o sulla loro irrealizzabilità e, se li identifica come irrealizzabili e causa di un turbamento interiore, li lascia andare. Vive il momento presente senza aggiungere né togliere nulla.

Seneca, a questo proposito, scrive in Epistulae ad Lucilium 5,9:

“Molte nostre prerogative ci nuocciono; la memoria rinnova l’angoscia della paura, il prevedere il futuro ce l’anticipa; nessuno è infelice solo per il presente”.

Credo che a questo punto Kabat-Zinn abbia perso la testa.

La somiglianza tra lo stoicismo, Seneca e la Mindfulness appare ormai evidente. Resta un’ultima grande domanda: Jon Kabat-Zinn è un profondo conoscitore del mondo classico e ha saputo “rivenderlo” ai moderni, o è la prova che non solo la reincarnazione esiste, ma che a Seneca era tornata la voglia di scrivere qualcosa?

1 comment

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  1. Claudio

    La seconda ipotesi, ma non in quanto conseguenza della reincarnazione quanto del fatto che la riflessione sull’esistente porta molti alle stesse conclusioni, in parte od in toto. Anche persone semplici, non colte come nel mio caso, magari appena acculturate ma riflessive…
    Cmq molto interessante e x molti aspetti una scoperta stimolante visto i miei scarsi studi e conscenze classiche.
    Grazie!

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