Se fosse tuo figlio, di Nicolò Govoni – Una storia vera di immigrazione e di incontri


Se fosse tuo figlio è un libro del 2019 scritto da Nicolò Govoni.

Si intuisce l’argomento da subito. Dalla copertina, dominata dalla presenza del mare blu. Tra un’onda e l’altra spunta una barchetta che sembra di carta, tanto è piccola in confronto al resto. La barca è arancione, proprio come il sole, grande, sulla sinistra. La giornata sembra rovente, e la barca sembra che abbia la stessa temperatura del sole.

Se la copertina non fosse sufficiente, vi è anche scritto: “Incontro con un bambino migrante. Una storia vera.”

A completare il quadro, le prime pagine riportano una poesia di Sergio Guttilla, di cui riporto alcuni versi.

Se fosse tuo figlio / riempiresti il mare di navi / di qualsiasi bandiera.

[…] Ma stai tranquillo, nella tua tiepida casa / non è tuo figlio.

[…] è solo un figlio dell’umanità perduta / dell’umanità sporca, che non fa rumore.

Se fosse tuo figlio è una storia dedicata ai migranti, e a tutti coloro che, con i migranti, lavorano ogni giorno.

Se fosse tuo figlio: perché leggerlo?

La copertina di Se fosse tuo figlio, di Nicolò Govoni

La copertina di Se fosse tuo figlio, di Nicolò Govoni (Credits: Rizzoli)

Il primo motivo per cui leggere Se fosse tuo figlio è per l’esperienza di vita che racconta.

Nicolò Govoni, classe 1993, racconta ciò che ha visto e vissuto presso l’hotspot per i migranti sull’isola greca di Samos. Desideroso di fare la differenza, dopo anni di attività in India presso un orfanotrofio, parte come volontario alla volta di Samos. Ha molto da offrire: il suo entusiasmo, un forte senso della giustizia, il desiderio di mettersi in gioco.

Ha molto da offrire, ma sarà lui a ricevere.

Saranno i migranti che incontra che gli insegneranno il coraggio, l’amore, la speranza. Loro gli faranno capire cosa veramente importi – la dignità di essere umani.

E loro lo aiuteranno a trovare la sua strada.

Nicolò Govoni e una storia tra passato e presente

Con un entusiasmo che traspare da ogni pagina – soprattutto quando racconta le delusioni e gli errori e la volontà di migliorarsi per non commetterli ancora – Nicolò Govoni in Se fosse tuo figlio racconta tutto ciò che vede. Non ha un atteggiamento fatalista: con molta lucidità, consapevole del marcio, denuncia.

Ma soprattutto è in cerca, in cerca del bene.

Proprio il suo essere in cerca lo spinge a fondare una scuola vera per i bambini e i ragazzi dell’hotspot: vuole garantire loro uno spazio di sicurezza e serenità. Non sarà facile: i bambini hanno storie inimmaginabili, e spesso scoppia un litigio da un nonnulla.

Eppure, con pazienza, tenacia e con la consapevolezza di essere nel giusto, Nicolò e Sarah, la sua collega, riusciranno a creare la prima scuola nell’hotspot di Samos.

Una composizione con una copia di Se fosse tuo figlio, di Nicolò Govoni

Una composizione con una copia di Se fosse tuo figlio, di Nicolò Govoni (Credits: Eleonora Cecchini)

Se fosse tuo figlio non si concentra solo sulle vicende dell’hotspot, ma anche sull’autore. Nicolò Govoni alterna il presente a flashback della sua vita e della vita di un ragazzo a cui si è affezionato.

Noi leggiamo rapiti la storia di uno dei tanti migranti, di una delle innumerevoli voci che ci raccontano in un altro modo le migrazioni, che ci raccontano un’altra Europa.

Ma leggiamo rapiti anche i flashback dell’autore stesso, che si racconta, focalizzandosi sul bene che ha ricevuto (la nonna, la professoressa di italiano). Ecco quindi la sua missione: dare una seconda possibilità a coloro che non ce l’hanno.

Ecco ciò che muove i suoi passi: la convinzione di dover restituire il bene ricevuto.

Se fosse tuo figlio: il non-luogo dell’hotspot

Lo scopo principale dell’opera è la denuncia delle condizioni dell’hotspot di Samos. Nicolò Govoni non rincara la dose: non è necessario. Descrive ciò che vede e ciò che accade: già questo è sufficiente.

Cosa vede? L’arrivo di nuovi migranti come se fossero animali. La distribuzione di vestiti. I primi soccorsi. Le condizioni igieniche dell’hotspot, con fogne a cielo aperto. Cibo talvolta non sufficiente per tutti. Assenza di un luogo da poter definire casa – tutto è spersonalizzato. Violenza all’ordine del giorno, sia tra polizia e migranti, sia tra i migranti stessi. Carcere. Rifiuto del diritto di asilo. Mancanza di strutture adeguate per sopperire al caldo estivo o al freddo invernale.

Il tutto unito da un senso di inefficacia e di inutilità che aleggia per tutto il campo. Famiglie distrutte. Madri depresse. Figli praticamente muti.

L’hotspot di Samos è uno dei peggiori in Europa. Il libro ha proprio lo scopo di far conoscere questa realtà e di sensibilizzare i lettori su queste tematiche.

Istruzione vs educazione

In questo inferno, Nicolò Govoni cerca ciò che inferno non è. Sceglie quindi di concentrarsi sui bambini: è convinto che ognuno di loro porti in potenza la soluzione a grandi problemi (come la cura per il cancro) ma che non emergerà finché non avranno ricevuto un’istruzione.

Istruzione o educazione? E come fare a educare con le barriere culturali nel mezzo?

Un quaderno, simbolo dell'istruzione

(Credits: marijana1, Pixabay)

Inizialmente, Nicolò lavora sui ragazzi. Punta a insegnare l’alfabeto, insegna a leggere e a scrivere. Ma è un sistema che non funziona: ci sono troppe cose che non sa del passato di questi ragazzi, troppe cose che, invece, dovrebbe sapere.

Quindi cambia strategia. Decide di lavorare sempre con la classe ma in contemporanea anche con le famiglie. Con la sua collega, cerca il dialogo con ogni famiglia per ascoltarne le storie, per vedere le singole situazioni, per capire come lavorare in sinergia.

A questo punto, più consapevole di ciò che serve alla sua classe, si concentra sulle barriere culturali. Senza affrontare il discorso di petto, attua strategie volte a far riflettere su ciò che unisce il genere umano in quanto tale, al di là delle differenze – la pizza, il gioco, le emozioni.

Perché ve lo suggerisco?

Perché è un libro che si commenta da solo, che toglie un po’ di quel prosciutto che talvolta ci teniamo sugli occhi per non vedere. Un libro che scuote, pur nella sua semplicità.

E soprattutto colpisce l’autore, il suo passato e le attività che ancora sta imbastendo in parti diverse del mondo.

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