Vita di Galileo, di Bertolt Brecht – Storia di un uomo dedito alla scienza (e alla divulgazione)


Cosa sapevo di Galileo Galilei prima di leggere Vita di Galileo?

Che ha il nome uguale al cognome. Che nella sua vita è stato a Pisa, o ci è nato, perché l’aeroporto della città si chiama Galileo Galilei. Che ha inventato il cannocchiale. Che ha abiurato, o qualcosa del genere.

Cosa ho imparato dopo aver letto Vita di Galileo di Bertolt Brecht? Vi basti questa citazione, tratta dalla scena 3.

Milleseicentodieci, al dieci di gennaio: Galileo Galilei vide che il cielo non c’era. 

Vita di Galileo: il significato dell’opera

L’opera teatrale di Bertolt Brecht racconta la vita di Galileo dalla vicenda del cannocchiale agli anni che seguono l’abiura, fino alla consegna clandestina del suo ultimo libro all’estero.

Via Lattea di Felix Mittermeier da Pixabay

Via Lattea (Credits: Felix Mittermeier, Pixabay)

Sono davvero tanti gli spunti di riflessione offerti dal testo. Ne ho selezionati tre che, oltre a offrire uno spaccato dell’opera,

fanno capire la portata della rivoluzione più o meno consapevole di Galileo: il cannocchiale come strumento per superare i limiti dell’uomo; il confine tra scienza, filosofia e religione; il carattere divulgativo delle scienze.

Galileo, l’inventore del cannocchiale?

Sfato un mito: no, Galileo non ha inventato il cannocchiale. Lo so che tutti voi sicuramente già lo sapevate ma io no, e mi è crollata una certezza. Ma come si è svolta allora la storia del cannocchiale? E perché questa leggenda metropolitana?

In Vita di Galileo, Brecht si immagina il giovane Ludovico, futuro genero dello scienziato, che, di ritorno dall’Olanda, mostra un cannocchiale a Galileo. Lui ne rimane affascinato. Lo smonta e lo rimonta, perfezionandolo.

Il cannocchiale olandese era una patacca, a suo dire. Il suo, invece, è decisamente migliore e permette di vedere con due ore in anticipo rispetto all’occhio umano. Tradotto in parole povere? Un anticipo di due ore sull’occhio umano fa la differenza tra la vita e la morte, soprattutto in caso di attacchi provenienti dal mare.

La coeprtina di Vita di Galileo, di Bertolt Brecht

La coeprtina di Vita di Galileo, di Bertolt Brecht (Credits: Einaudi Tascabili Classici)

Ovviamente Galileo afferma che è uno strumento inventato da lui. Ma che sia uno sbruffone un po’ lo si è già capito.

Eppure, non è tanto chi abbia inventato il cannocchiale ciò che importa – che, oltre ai miei ideali di moralità feriti, non comporta gravi conseguenze. Galileo ha avuto l’idea di puntare il cannocchiale verso il cielo.

Ed è stato allora che ha scoperto che il cielo non c’era. Ma cosa vuol dire questo?

Copernico aveva ragione

Immaginate un mondo in cui tutto abbia un luogo predestinato. In cui il fuoco tenda verso l’alto perché vi è una legge naturale che stabilisce che il fuoco debba tendere verso il suo luogo naturale – il cielo. E il sasso cada verso il basso perché la legge naturale ha stabilito che così deve essere.

Un mondo in cui non è tanto importante il come, quanto il perché.

Immaginate un mondo con la Terra al centro e tutt’intorno nove cieli, che ruotano; l’ultimo è immobile, perché il movimento implica una mancanza e Dio non ha mancanze, bensì attira tutto a sé. Immaginate questi cieli che, mentre ruotano concentrici uno dentro l’altro, emettano della musica soave. Fate finta ora di essere su quella Terra, al centro di quello spettacolo: la Terra è al centro dello sguardo di Dio. Sentite il candore del Suo abbraccio? Avete quella dolce percezione di conforto?

Vita di Galileo Galilei e il cannocchiale

(Credits: Pixabay)

Galileo puntando il cannocchiale verso il cielo scopre che era tutta una favola bella. Scopre che le stelle sono molte di più di quanto pensiamo. Venere ha le fasi come la Luna. La Luna è composta da valli e montagne, proprio come la Terra. Intorno a Giove ci sono ben quattro satelliti!

E ha la conferma che la teoria copernicana per cui la Terra gira intorno al Sole è corretta.

E Aristotele?

Ma tutto questo contraddice il mondo accogliente di prima, cioè il mondo di Aristotele. Aristotele non aveva mica un cannocchiale, dirà spesso Galileo.

E la cosa straordinaria è che non bisogna filosofare per studiare le regole dell’universo: basta osservare. Quante notti Galileo trascorre al gelo per osservare il cielo. Quante volte le nuvole gli limitano la visuale. E quante volte gli si gelano le mani.

Eppure lui descrive, giorno dopo giorno, ciò che vede, di modo che tutti gli altri possano ripetere le sue osservazioni e verificare che siano uguali alle sue. Solo questo basterebbe a definire una scienza nuova.

E la Bibbia?

Vada per Aristotele, ma la Bibbia? Non c’è esplicitamente scritto che Giosuè disse Fermati, Sole, e il sole si fermò permettendogli di sconfiggere i nemici?

Galileo afferma che non è la Bibbia a essere sbagliata, che è Parola di Dio, quanto forse si sono sbagliati gli interpreti. O forse hanno inteso quella frase in senso letterale quando sarebbe stata da intendere in senso metaforico.

Non puzzerà di eresia tale affermazione? Galileo non sta andando fuori tema? Lui è uno scienziato, mica un teologo. Però il problema resta.

Vita di Galileo: la filosofia

Ma in tutto questo, Dio, dov’è?, chiederà Sagredo, un amico di Galileo. E lui risponde: In noi o in nessun luogo.

Galileo ha distrutto in pochi mesi di osservazioni astronomiche secoli di cultura cristiana. Per comprendere la portata della sua rivoluzione, faccio riferimento alla scena ottava. Un monacello chiede un colloquio con Galileo.

Fortemente interessato alla fisica, alla matematica e all’astronomia, dopo che la Chiesa ha imposto a Galileo di non parlare più di Copernico e delle sue teorie, anche il monacello informa Galileo che non si occuperà più di scienza.

Una statua di Galileo Galilei custodita a Belfast

Una statua di Galileo Galilei custodita a Belfast, all’università (Credits: K. Mitch Hodge, Unsplash)

Galileo non capisce: come si fa a sapere e a non voler né approfondire né divulgare ciò che si è saputo? Il monacello risponde che lui viene da una famiglia contadina: i suoi genitori hanno lavorato giorno e notte per andare avanti. Ne hanno viste di tutti i colori, hanno patito tanto. Eppure, riescono ad andare avanti perché vivono nella convinzione che Dio li stia guardando. Lui, fisicamente nell’alto dei cieli, osserva le loro fatiche, le comprende, e dopo la morte li ricompenserà.

Come può il monacello dire loro che Dio non sta nell’alto dei cieli, che nessuno sa dove stia? Come fa a dire loro che hanno vissuto una vita intera su un pianeta errante, un atomo insignificante dell’universo, e che non sono al centro del mondo? Una volta scoperto questo, come potranno svolgere le stesse mansioni di prima? Chi ridarà loro il senso delle cose?

E Galileo afferma che proprio perché i suoi genitori e tanta altra gente come loro non sanno queste cose ci vuole qualcuno che gliele dica, di modo che aprano gli occhi e non si lascino fregare. Sono persone, non oggetti. E, saputa la verità, hanno tutto il diritto di comportarsi di conseguenza.

Vita di Galileo: la scienza è divulgazione

Per Galileo è fondamentale fare ricerca tanto quanto divulgarla. Lui non si pone mai come un tuttologo ma ha sempre uno spirito critico e accetta le osservazioni alle sue ipotesi, se argomentate e certe. Galileo Galilei è uno dei maggiori esponenti della letteratura del Seicento italiano, nonostante nessuno lo legga.

E vi basti sapere questo: in un’epoca in cui la scienza parla in latino, lui scrive quasi tutti i suoi testi in italiano perché vuole che un numero consistente di persone conosca le sue osservazioni. E i suoi testi sono chiari, semplici ed efficaci. Lo stesso principio che anima il saggio Matematica come narrazione di Gabriele Lolli.

Infatti la sua vicenda sarebbe stata meno significativa se, dopo l’abiura, non avesse scritto e poi pubblicato all’estero Due nuove scienze. In Vita di Galileo, lo scienziato affida di nascosto tale opera a un amico, Andrea, che la porterà in Olanda per stamparla e poi pubblicarla.

Quell’opera sarà il testo fondamentale della fisica classica.

Quindi perché leggere Vita di Galileo di Bertolt Brecht?

Perché leggere la vita di Galileo Galilei raccontata da Bertolt, Brecht, dunque? Perché è un personaggio in realtà sconosciuto ai più.

Galileo è un uomo che ha una passione e sacrifica qualunque cosa per essa. E ci fa riflettere sul nostro presente: dopo questi due anni difficili per il Covid siamo ancora in grado di appassionarci? Perché, nonostante il brutto carattere, non ricerca mai per se stesso ma ha sempre l’urgenza di comunicare nel modo più chiaro possibile le proprie scoperte. E perché, nonostante tutto, non si è mai arreso.

Se vi interessa l’argomento, vi suggerisco anche di guardare lo spettacolo Itis Galileo, di Marco Paolini, che richiama, in alcune parti, proprio il testo di Bertolt Brecht.

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