Il concetto di tempo nei secoli, dal Carpe diem a Pepe Mujica


Quando pensiamo al concetto di tempo nei secoli, immaginiamo ci sia stata molta varietà nel rapportarsi a questa idea.

E anche oggi ognuno di noi ne ha una percezione diversa. Chi pensa al tempo che si perde, chi a quello che si ritrova, altri a quello ormai passato o che ancora deve arrivare, e magari qualcuno al tempo meteorologico.

Chi ha ragione? Beh… tutti.

Se siete pronti, vi accompagnerò in questo breve viaggio attraverso il concetto di tempo nei secoli, tra tempo che si perde… e tempo che abbiamo.

Il concetto di tempo nei secoli, a partire da Orazio

Forse non tutti sanno che gli antichi si ponevano il problema del tempo molto più di noi: molti dei più illustri filosofi lo hanno studiato a fondo. Come ricorderete più o meno sbiaditamente dal tempo della scuola, Orazio scrisse numerosi testi, tra cui il famosissimo Carpe Diem.

Il Coniglio Bianco corre per le strade del Paese delle meraviglie tenendo in mano un orologio, preoccupato di essere in ritardo

Per descrivere al meglio il nostro viaggio attraverso il concetto di tempo dal Carpe Diem a Mujica abbiamo scelto il Coniglio Bianco della Disney, figura in ritardo per antonomasia (Credits: Disney)

Noi moderni abbiamo tradotto questa espressione come “Cogli l’attimo” ma sarebbe meglio tradurla piuttosto con un “Vivi il momento”: non consiglia di fare qualsiasi cosa ci transiti per la testa nell’esatto istante in cui capita, ma di vivere il nostro tempo in profondità. Il perché è semplice: il tempo che abbiamo ci sfugge rapidamente per sua stessa natura, ed è bene vivere ogni momento più intensamente.

Se noi moderni avessimo letto bene il testo ci saremmo resi conto che Orazio scrive: “Dum loquimur fugerit invida aetas”, che suona come “Mentre parliamo, il tempo invidioso se ne va”.

Invidioso? E perché mai Orazio lo definisce così?

Il tempo invidioso e l’invidia degli Dei

Probabilmente la definizione di “tempo invidioso” può essere legata al concetto di “fthonos ton theon”, ovvero “invidia degli dei”. Perché gli Dei dovrebbero invidiare qualcuno? Semplicemente perché il tempo che abbiamo noi uomini è limitato rispetto alla loro eternità.

Sono pazzi, direte voi. Invece no: poter perdere qualcosa rende questo qualcosa di valore.

Il tempo che abbiamo noi è più importante di quello che hanno loro semplicemente perché un giorno finirà. Per questo Orazio ci consiglia di vivere il momento il più pienamente possibile ed è sempre per questo che, quindi, la traduzione “Cogli l’attimo” non riporta adeguatamente il pensiero del poeta.

Un uomo guarda il suo orologio per essere sicuro di non perdere tempo. È il simbolo che abbiamo scelto per parlare del concetto di tempo nei secoli

Nel nostro viaggio attraverso il concetto di tempo nei secoli siamo arrivati fino ai giorni nostri, dove ogni uomo controlla l’ora per essere sicuro di non perdere tempo prezioso (Credits: Jéshoots, Pexels)

Il concetto di tempo nei secoli: la visione di Seneca

Seneca ha scritto numerosi dialoghi sul concetto di tempo (e anche un testo comico sulla “zucchificazione” dell’Imperatore Claudio! Mica era un noiosone!) ma qui citerò solamente il mio preferito, il De brevitate vitae ovvero Sulla brevità della vita. Ovviamente l’autore, con “vita”, intende il tempo che è a nostra disposizione, più o meno lungo a seconda dei casi.

Nel testo, scrive “Vita, si uti scias, longa est” cioè “La vita è lunga se sai farne buon uso”. Dedica molti capitoli a spiegarci in cosa consista il tempo che perdiamo: dice ad esempio che un anziano di più di cento anni in realtà ne avrebbe molti meno se si sommasse il tempo perduto a litigare con la moglie, inseguire l’amante, correre su e giù per la città per far piacere al datore di lavoro e via dicendo.

Seneca ci insegna insomma che, rispetto al tempo, l’avidità è una virtù.

Il concetto di tempo nei secoli più recenti: volerlo e non trovarlo

Nonostante ci siano tantissimi autori che amo e che trattano la questione del tempo, non posso citare tutti gli autori moderni o contemporanei che si siano espressi sul tema.

Prova ne sia il fatto che tra gli antichi non ho citato il mio amato Agostino.

Saltiamo quindi subito al Novecento e ai futuristi, per poi arrivare a tempi ancora più recenti.

Fotografia della scultura "Forme uniche nella continuità dello Spazio" di Umberto Boccioni 1913

Forme Uniche nella Continuità dello Spazio di Umberto Boccioni, 1913 (Dominio pubblico)

I futuristi e il tempo che fugge

I futuristi erano avanguardisti di primo Novecento che si sono distinti in vari ambiti artistico-letterari: alcuni si occupavano di poesia, altri di pittura o scultura o arti pittoriche. La critica di oggi non li premia: molti di loro erano un tantino pendenti a destra e a quell’epoca la destra non era molto tollerante.

Ma non è questo ciò che importa ora: il loro era un incessante e stressantissimo guardare al futuro.

Filippo Tommaso Marinetti, nel suo Manifesto del futurismo pubblicato nel 1909, scrive: “Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli! Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente”.  In sostanza guardiamo al domani e buttiamo via qualsiasi cosa sia avvenuta ieri e possibilmente facciamolo alla maggiore velocità possibile.

Giustamente il suo “amico” Umberto Boccioni ha reinterpretato il suo pensiero nella serie di sculture Forme uniche nella continuità dello spazio: un uomo stilizzato che corre verso il suo futuro glorioso con il vento in faccia.

L’ansia di inizio Novecento è la nonna dell’ansia di inizio Millennio.

Pepe Mujica e il tempo da non farsi rubare

Per chi non lo sapesse, José “Pepe” Mujica è stato presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015 ed è balzato agli onori della cronaca per via del suo stile di vita pauperistico e della sua politica attenta al singolo. Il suo messaggio di sobrietà e amore per la vita ha fatto il giro del mondo e lo ha portato, tra le altre cose, a parlare all’Università di Ferrara il 9 Novembre 2016.

In questo discorso Mujica – che è stato contadino, guerrigliero tupamaro e appunto presidente – ricorda ai giovani quanto sia importante dare al tempo un valore, e non un prezzo:

Abbiamo bisogno di cose vive, e ancor più di relazioni umane, d’amore. Bisogna trovare il tempo per l’amore, per la coppia umana, per la cosa più sacra che muove il mondo, che è la ragione per cui siamo vivi. (…) Abbiamo bisogno di tempo per i figli. Non cadete nel luogo comune di chi dice: “Voglio che a mio figlio non manchi nulla!” e poi gli mancate voi, che uscite la mattina e rientrate la sera e non avete mai tempo da trascorrere insieme a lui. Tutto questo non ha prezzo.

Di pesto, mate e tempo ben speso

Ho fatto molto mie queste parole. Ho cercato di difendere con avidità il mio tempo, come suggerisce Seneca, e di dedicarlo a me stessa e a chi amo, senza dargli un prezzo, come dice Mujica.

Forse non tutti sanno che il secondo cognome di Mujica – quello della madre, come è tradizione nei Paesi spagnoli – è Cordano. Pochi penso sappiano che Cordano è un cognome tipico della Liguria e in particolare di un paese minuscolo, dimenticato da Dio e dagli uomini, che si chiama Favale di Malvaro.

Sicuramente nessuno sa che è lo stesso cognome della mia bisnonna e che una parte della mia famiglia oggi vive in Uruguay. E che, nonostante l’oceano di mezzo, trova sempre il tempo di tornare in Liguria con figli e nipoti, per bere mate e mangiare pesto.

Dando al tempo un valore e non un prezzo. 

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