
Colazione Da Tiffany – Dal confronto tra il libro e il film emerge un ritratto di noi millennial
Quante di noi millennial sono cresciute sognando di fare colazione da Tiffany, di trovarsi su un terrazzino dell’Upper East side a New York, suonando una chitarra e canticchiando Moon River, innamorate pazze di uno scrittore squattrinato pronto a salvarci e regalarci baci sotto la pioggia?
Ecco, care millennial che avete risposto “Io!”, sappiate che immaginare di fare colazione da Tiffany senza prima un confronto tra il libro e il film può essere giusto un sogno.
Per voi, e per chi ha risposto “Assolutamente no”, ecco il perché.
Colazione da Tiffany sul grande schermo
Colazione da Tiffany è un film del 1961 diretto da Blake Edwards e vincitore di due Oscar. Sappiamo tutti che tratta di una ragazza senza arte né parte che per mantenersi fa la escort. Nel palazzo dove abita incontra uno scrittore non del tutto famoso, il quale arrotonda a sua volta facendosi mantenere da una donna più grande già sposata.

Audrey Hepburn – alias Holly Goolightly in Colazione da Tiffany – canta alla finestra nel famoso film diretto da Blake Edwards nel 1961 (Credits: Paramount Pictures)
Come è, come non è, i due si innamorano e dopo mille peripezie e dubbi decidono di vivere insieme il loro amore. Ma chi è veramente la protagonista, Holly Goolightly?
Holiday Goolightly nel confronto tra il libro e il film
Holly è una giovane molto bella ma un tantino spiantata che vive a New York con la sola compagnia di un gatto senza nome. E, per mantenersi, fa la escort.
Sicuramente un personaggio originale e discutibile per la morale occidentale degli anni Sessanta.

Colazione da Tiffany: dal confronto tra il libro e il film emergono due storie molto diverse (Credits: Francesca Raffaghello)
Holly, però, riesce a conquistare il grande pubblico, non solo con la bellezza eterna di chi le ha dato il volto (ovvero Audrey Hepburn) ma anche con le caratteristiche umane che le ha dato il suo reale creatore: il giornalista e scrittore Truman Capote.
Già, per chi non lo sapesse, il celebre film è liberamente tratto dal romanzo omonimo.
Holly e il suo gatto senza nome
Il punto centrale, a mio parere, per conoscere la personalità di Miss Goolightly è il suo rapporto con il gatto: dal confronto tra il libro e il film risulta essere la relazione più stretta e importante della sua esistenza.
Holly trova il gatto per strada e decide di adottarlo ma, come lei stessa sostiene nel film – e, similmente, anche nel libro – “Se io trovassi un posto a questo mondo che mi facesse sentire come da Tiffany…comprerei i mobili e darei al gatto un nome!”.
Il che ci fa intendere che la protagonista non abbia ancora deciso dove restare a vivere e sia pervasa da una sottile irrequietezza di fondo. Un’irrequietezza tanto profonda che le impedisce di mettere radici comprando mobili per la casa o dando un nome al gatto.
Insomma, una matta autentica, come sostiene il suo amico-agente nel corso della pellicola.
Holly è in realtà Lula Mae
Miss Goolightly vive ora a New York, meta turistica per eccellenza, ma arriva dal Texas. Lì non era Holly Goolightly ma Lula Mae Barnes, sposa bambina del dottor Goolightly, un vedovo noto semplicemente come “Doc”, dipinto come un uomo buono sinceramente innamorato di lei. Già: sposa bambina, come abbiamo visto spesso in angoli di mondo e in epoche che riteniamo molto più distanti. Lula Mae aveva infatti appena quattordici anni.
Come possa essere accettabile, però, che un uomo adulto possa avere una relazione con una ragazzina di quattordici anni – e come tutto questo possa essere portato sul grande schermo senza colpo ferire – resta un punto interrogativo.
La bellezza di miss Goolightly sta nella sua capacità di trasformarsi: da Lula Mae diventa Holly, da ragazza di campagna ad attrice, che, però, al momento del provino scappa a New York. E non tanto perché non voglia più recitare, ma perché “Non ci sono mai stata a New York!”.
E così, randagia come il gatto, attraversa gli Stati Uniti alla ricerca di qualcosa che sembra non trovare mai.
Edwards e il finale romantico che ci fece sognare tutte
La pellicola termina con una scena indimenticabile: Holly, dopo essere stata coinvolta in uno scandalo di droga, viene “salvata” dal suo amico-amante-scrittore che cerca di convincerla a restare a New York insieme a lui in qualità di sua compagna invece che partire per il Brasile inseguendo l’ennesimo miliardario, tale José da Silva Pereira.
Holly in lacrime dice che non sa chi lei sia realmente e che non vuole la gabbia che una relazione standard inevitabilmente costruisce. “Io e il mio gatto siamo due randagi senza nome – sostiene – che non appartengono a nessuno e a cui nessuno appartiene”.
Holly a quel punto abbandona il gatto per strada e lo scrittore, persa ogni speranza, la lascia sotto la pioggia.
Per il regista del film, Blake Edwards, ovviamente, la felicità corrisponde alla vita di coppia standard con gatto e marmocchi. Quindi Holly, illuminata sulla via di Damasco, corre a cercare il gatto, lo ritrova e si lascia andare a un bacio appassionato con lo scrittore.
E vissero poveri felici e contenti.
Capote e il finale coraggioso che ci fece comprare il biglietto aereo
Quanto portato sul grande schermo non ha niente a che vedere con quanto descritto dallo scrittore, Truman Capote. Intanto, nel libro, i ruoli risultano essere completamente diversi.
Lo scrittore è un sessantenne omosessuale che piano piano diventa il migliore amico di Holly e, forse, arriva ad amarla. Ma in senso lato, di un amore più sublimato e meno fisico.

Audrey Hepburn si lava i denti chiacchierando con il co-protagonista George Peppard in una scena del film “Colazione da Tiffany“: nel confronto tra il libro e il film il rapporto tra i due cambia molto (Credits: Paramount Pictures)
Un rapporto molto malato per la morale perbenista degli anni Sessanta (solo degli anni Sessanta?) che chiaramente all’epoca non poteva essere portato sul grande schermo.
Era qualcosa di incredibilmente scandaloso, quasi illegale: un uomo con tendenze omosessuali e una donna bisessuale – nel libro Holly è così libera da scegliere compagni e compagne a seconda dell’occasione – che diventano profondamente amici senza innamorarsi mai.
La più grande differenza nel confronto tra libro e film
Di cosa stiamo parlando? Dov’è la favola? Dov’è il rapporto uomo-donna un po’ malizioso che porta alla costruzione della famiglia tradizionale? Per fortuna c’è Doc che costruisce una regolare e tradizionale famiglia con una Holly prepubere, che può salire agli onori di Hollywood.
Comunque, tralasciando le difficoltà e le idiosincrasie della morale occidentale di secondo Novecento, il testo termina in modo diametralmente opposto rispetto al film.
Holly viene sì salvata dallo scrittore, che tenta di convincerla a restare in città per evitare di passare per una fuggitiva, ma decide di partire comunque.
Abbandona il gatto, viene istantaneamente presa da paure e ripensamenti ma segue la sua natura fino in fondo. Affida il gatto al suo amico, gli chiede di cercarlo, ritrovarlo e prendersi cura di lui, poi parte per il Sudamerica, sola. Lo scrittore ritroverà il gatto dopo mesi, affacciato alla finestra di una casetta di Harlem.
E spera che anche Holly, ovunque si trovi, abbia trovato il suo posto nel mondo.
Noi da che parte stiamo? Un po’ di numeri
Riguardando il film e leggendo il libro mi sono chiesta, dopo sessant’anni, quale sia il finale giusto per tutte le Holly come noi. Guardandomi intorno direi che noi millennial, dopo aver sognato un finale alla Edwards per tutta l’adolescenza, abbiamo finalmente capito che aspettare che ci salvi qualcuno è assurdo e che ognuno si salva da sé. Il nostro modo di vivere le relazioni è cambiato negli anni, com’è naturale che sia.
Ce lo fa capire anche l’Istat, l’Istituto nazionale di statistica: ai giorni nostri, spiega nel report dello scorso febbraio, ci si sposa sempre meno. Dai 246mila matrimoni nel 2008 siamo passati a 184mila nel 2019.
E se di questi vediamo solo le prime nozze, i numeri si abbassano ancora. Nel 2008, le prime nozze erano 212mila. Nel 2019 sono diventate 146mila, 132mila persone in meno che decidono di sposarsi, insomma.

Audrey Hepburn dorme con il suo gatto accanto in una scena del film (Credits: Paramount Pictures)
Questo, in parte, si spiega con la maggiore diffusione delle convivenze, che dal 1998 al 2019 sono quadruplicate e al momento sono poco meno di un milione e mezzo. Per quanto riguarda i partner dello stesso sesso, nel 2019 ci sono state circa 2300 nuove unioni civili. Un numero tutto sommato in linea con l’anno precedente (in cui sono state 2800) ma ovviamente non in linea con il prevedibile boom successivo all’approvazione della legge nel 2016: quasi 4400.
Il matrimonio, specchio della società che cambia
La propensione a sposarsi subisce un crollo fino ai 34 anni, mentre aumenta tra i 35 e i 49. Tra quelli che si sposano tra i 16 e i 49 anni, i maschi che contraggono matrimonio hanno mediamente 34 anni e le donne poco meno di 32. Anche questo deve farci pensare: l’età media è cresciuta rispetto al 2008 di quasi due anni ciascuno. Per la precisione: 1,8 per gli uomini e 2,3 per le donne. Probabilmente è anche perché sono in forte aumento le convivenze prematrimoniali – che, ovviamente, posticipano il primo matrimonio.
Più della metà di queste nozze sono celebrate con rito civile. Questo è un dato quasi epocale, che rispecchia il forte cambiamento della società: nel 1970 il rito civile costituiva il 2,3% dei matrimoni. Oggi è quasi il 53%, principalmente tra chi risiede al Nord piuttosto che al Sud. In un quinto di questi casi, uno dei due sposi non è italiano. La società, dunque, diventa culturalmente più ricca e per forza di cose non può più essere la stessa.
Contemporaneamente si allungano i tempi in cui i giovani stanno nella famiglia d’origine, per vari motivi: si studia più a lungo, si fatica a entrare nel mercato del lavoro o a starci stabilmente e si fatica a trovare una casa.
Insomma, la modernità ci concede contemporaneamente più libertà di scelta dal lato affettivo, ma meno da quello lavorativo e abitativo. Già questo dovrebbe bastare a far mettere il cuore in pace a chi vorrebbe una società identica a com’era negli anni Sessanta. Di sicuro, l’importante è che la somma di tutto questo ci porti sempre a scegliere ciò che vogliamo davvero, e non ciò che la pressione sociale vorrebbe scegliessimo.
Come la Holly del libro, insomma.
Scelte di comodo o scelte consapevoli?
Che ci si sposi, si conviva, si resti soli o chissà che altro, una cosa è certa: scegliere di amare noi stessi tutta la vita e di assecondarci, conoscendoci a fondo, non è certo una scelta facile.
Ad oggi, è ancora questo il punto: qualsiasi sia la scelta che facciamo, deve essere una scelta consapevole e voluta.
Certamente, può essere una decisione passibile di cambiamento. Qualsiasi essa sia, ci consentirà di scrivere sulla targhetta del nostro citofono quel che Capote sperava per tutte noi, sue figlie spirituali: “Signorina Holiday Goolightly, in viaggio”.
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