Il castello invisibile, di Mizuki Tsujimura – Se la scuola diventa insopportabile


“Il castello invisibile di Mizuki Tsujimura: una favola moderna per tutti coloro che amano i film di Hayao Miyazaki e la magia delle storie al confine tra incubo e sogno”. Così il mio amico libraio ha definito questo romanzo. Che poi, ho scoperto essere la citazione letterale della quarta di copertina.

(E mi sono chiesta: caro amico, ti studi le quarte di copertina di tutti i libri che vorresti vendere? Ecco perché il tuo negozio vende così bene!)

Mentre riflettevo su tale questione, ho fatto come il Bastiano della Storia infinita: con una coperta e una mela in mano, ho aperto il libro (non ero in soffitta, solo sul divano). E sono finita veramente dentro un film di Miyazaki, da cui ne sono uscita due giorni dopo, a libro concluso – con qualche pausa nel mezzo.

Il castello invisibile, Kokoro e lo specchio

Copertina Il castello invisibile, di Mizuki Tsujimura

Il castello invisibile (Credits: DeA Planeta)

Kokoro, studentessa di prima media, ha smesso di andare a scuola. Così, all’improvviso: un giorno le è venuto mal di pancia e da allora le viene puntualmente tutte le mattine. I genitori (soprattutto la madre) inizialmente la assecondavano ma ora non la capiscono più.

Perché non vuole andare a scuola? Hanno addirittura trovato un nuovo istituto – privato, più familiare – ma lei non va neanche lì. Qual è il problema?

Kokoro non può dire la verità perché sa che non verrebbe compresa. A scuola è stata bullizzata da una sua compagna e dal suo gruppetto di amiche. Veniva offesa, presa in giro pubblicamente, umiliata. E lei non se la sente più di andare a scuola. Ha paura di incontrare la sua compagna, che è così falsa. Però è anche dispiaciuta di stare deludendo i suoi genitori.

Che fare?

Il castello invisibile e la Bambina-Lupo

Un giorno, lo specchio di camera sua si illumina di blu. Affascinata, Kokoro ne tocca la superficie e finisce dall’altra parte, nel castello invisibile.

Qui la sta aspettando una bambina col volto coperto da una maschera di lupo. Oltre a lei, ci sono altri ragazzi, più o meno della sua età. La Bambina-Lupo spiega che gli specchi sono dei portali tra il castello invisibile e le loro case.

Il castello resterà aperto per un anno (fino al 30 marzo) dalle 9 alle 5 del pomeriggio, ora giapponese. I ragazzi hanno a disposizione una stanza ciascuno e potranno girare liberamente per il castello. Potranno portare ciò che vorranno da casa. Unica regola: non dovranno mai fermarsi oltre le 5, altrimenti il Lupo li mangerà.

castello Pixabay

Un castello, in questo caso quello di Schwerin, nel nord della Germania (Credits: Mopsgesicht, Pixabay)

Cosa devono fare in questo castello? Devono cercare la chiave che apre la stanza del desideri. Quella stanza realizzerà un solo desiderio e, una volta aperta, il castello scomparirà.

Cosa faranno ora Kokoro e gli altri ospiti del castello? Hanno un anno intero davanti a loro. Come trascorreranno questo tempo?

Il romanzo di Mizuki Tsujimura, tra realtà e fantasia

Come i libri che non smettono mai di dire ciò che hanno da dire, Il castello invisibile ha molteplici chiavi di lettura.

Innanzitutto è la storia, lunga e difficile, di un’adolescente che subisce bullismo a scuola: il romanzo si sofferma molto sulle emozioni di Kokoro, le ansie, aspettative, delusioni. Evidenzia quindi quei meccanismi di rifiuto e autodifesa che atti di bullismo possono scatenare.

Ma Il castello invisibile riflette anche sul ruolo degli adulti nel fenomeno del bullismo, di quegli adulti che non vedono (o fanno finta di non vedere) e di quelli che comprendono e supportano.

Dettaglio della copertina di Il castello invisibile, di Mizuki Tsujimura

(Credits: DeA Planeta)

Il romanzo è inoltre una storia di emarginazione, di dolore e di coraggio, sempre nella duplice chiave di lettura adolescente/adulto. Inoltre, è una storia di amicizia e di adolescenti.

Infine, è una fiaba e, come tutte le fiabe che si rispettino, ha lo scopo atavico di esorcizzare dalla paura. Questo fa ciascun ragazzo: affronta e supera, nei modi e tempi di ciascuno, le proprie paure.

Il tutto per poter giungere al famigerato lieto fine, che esiste: basta volerlo cercare.

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