“Domani è un altro giorno” – Rossella, Elena e Anna, grandi donne indipendenti nella letteratura


“Francesca, dopo dieci anni di matrimonio, ha mollato marito e figli. È proprio una poco di buono!”. “Guido, dopo dieci anni di matrimonio, ha mollato moglie e figli. Quanto vorrei essere come lui!”.

Chi non si è mai chiesto perché cambiare donna ogni due per tre fa di un uomo un figo, ma cambiare spesso uomo fa di una donna una prostituta d’angiporto priva di valori morali?

Ho cercato la risposta in letteratura perché della realtà non c’è mai da fidarsi. Esistono donne indipendenti nella letteratura? Certo che sì, e una di loro è la mia preferita da almeno quindici anni a questa parte.

Scommetto che morite dalla voglia di scoprire chi sono…

Elena, doppio amore mio

Mi gioco la carriera che chiunque senta il nome Elena di Troia pensi a “quella signorina che ha mollato il marito, lo spartano Menelao, per il giovane principe troiano Paride”.  Intanto Elena non è una signorina, ma una semidea, tanto quanto un Achille qualsiasi. Ma a parte la discendenza illustre, chi è veramente Elena?

Elena e Paride si baciano. Foto tratta dal film Troy

Elena, una delle più celebri donne indipendenti nella letteratura, bacia Paride (Credits: Warner Bros)

La leggenda non è univoca: da una parte si dice che si sia innamorata di Paride e che abbia volontariamente deciso di seguirlo a Troia; dall’altra che sia stata vittima di un inganno ordito dagli dei e sia stata trasportata a forza in Egitto, protetta dal re Proteo, dove restò per tutta la durata della celebre guerra.

Al di là di ogni considerazione, preoccupiamoci della reazione di Menelao alla notizia della scomparsa della moglie. Il re di una grande città come Sparta decide di dichiarare guerra a una città turca lontana chilometri, trovando l’appoggio di suo fratello Agamennone e di tutta la Grecia, solo ed esclusivamente per recuperare una donna che ha preferito un altro uomo.

Da duemilacinquecento anni leggiamo questo testo e, in fondo, parteggiamo per Menelao tradito e abbandonato.

Che problemi abbiamo? Come possiamo prendere le parti di uno che ha deciso di sacrificare la vita di migliaia di Greci solo per il capriccio di vendicarsi dell’amante della moglie, o della moglie stessa? Perché siamo tanti Menelao arrabbiati, incapaci di accettare le donne indipendenti (nella letteratura e non) che scelgono per la loro stessa vita, come Elena?

Donne indipendenti nella letteratura… e uomini in psicanalisi!

Soltanto nel 1928, lo scrittore e drammaturgo austriaco Hugo Von Hofmannsthal riabilita la figura di Menelao, grazie all’innegabile aiuto del rivoluzionario Sigmund Freud e dei suoi studi sulla psicanalisi. In una sorta di sequel della storia, Menelao, dopo la fine della guerra, arriva in Egitto con Elena.

A conti fatti, però, riesce ad accettarla pienamente come donna e come compagna solamente dopo aver bevuto una pozione a base di fior di loto, metafora della psicanalisi.

A quel punto comprende che Elena lo aveva realmente tradito e gli aveva preferito, almeno per un periodo della sua vita, il giovane Paride e si dimostra finalmente in grado di accettarlo.

Per andare in scena l’autore ha, però, dovuto dipingere Elena e Menelao come due fidanzati: la società degli anni Venti non avrebbe mai accettato che una moglie, angelo del focolare, abbandonasse il marito per un altro. La censura non avrebbe mandato in scena qualcosa di tanto scabroso.

Elena, quindi, viene trattata da tutti come una bambolina senza testa, un pacco che può essere portato via e poi ancora riportato a casa indipendentemente dalla sua volontà. Ma questa figura così moderna fa di questa debolezza la sua forza: nessuno sa che cosa o chi abbia realmente amato Elena.

Di certo si sa che mentre tutta la società greca combatteva e moriva in nome suo, Elena viveva. E che, a causa della sua curiosità e della sua intraprendenza, conosceva uomini e popoli come un angelo del focolare non avrebbe mai potuto fare.

Anna Karenina, una delle più celebri donne indipendenti nella letteratura

Dalla Grecia antica ci spostiamo alla Russia zarista di fine Ottocento: una figura che ho sempre trovato paragonabile a quella di Elena è quella di Anna Karenina, famosa protagonista dell’omonimo romanzo di Lev Tolstoj.

Per spiegare in breve a chi non conoscesse la storia, Anna è una nobildonna abbastanza giovane sposata con un noto politico, tale Karenin. Parte per Mosca dopo avere ricevuto una lettera da sua cognata che lamenta il tradimento del marito Steva.

Keira Knightley interpreta Anna Karenina in una scena del film. Tra le donne indipendenti nella letteratura, è sicuramente tra le più famose

Keira Knightley interpreta Anna Karenina, una delle donne indipendenti nella letteratura di cui parliamo nel nostro articolo, nell’omonimo film (Credits: Studio Canal)

A Mosca, Anna conosce il giovane e affascinante conte Vronskij e i due perdono la testa l’uno per l’altra. Il che porterà la coraggiosa protagonista a volere il divorzio, partorire una figlia illegittima e partire per un lungo viaggio insieme al suo amante.

La società nella quale sono inseriti Anna e Vronskij impedisce loro di vivere alla luce del sole questa scelta. Anna viene vista come una persona sporcatasi dei peggiori crimini: non può partecipare a feste, non può andare a teatro, non può ritrovarsi nei salotti senza avere gli occhi di tutti puntati addosso e una scia di malelingue dietro la schiena.

Ciò che stride è che Vronskij non subisce affatto questo trattamento, pur essendo “colpevole” tanto quanto Anna: è un uomo, dunque può vivere la società nella quale è cresciuto senza timore di essere giudicato; cosciente che, appena avesse lasciato Anna e si fosse ricostruito una vita più “decente”, tutto sarebbe stato dimenticato.

Anna Karenina, quel treno per una libertà fin troppo amara

Mi spingo oltre: all’inizio del romanzo Anna va da Steva, suo fratello, per aiutarlo a ottenere il perdono della moglie per la sua infedeltà. Al termine del romanzo, si scopre che Steva continua a vivere nell’infedeltà più assoluta senza alcun giudizio da parte di nessuno, a prezzo del solo dolore della moglie.

La società che comprende Steva, e si rende disponibile a perdonare Vronskij, è la stessa che condanna Anna. Così, Anna Karenina – incapace di sopportare di vivere in un mondo che palesemente non le appartiene – si suicida buttandosi sotto un treno, ottenendo così l’agognata libertà.

Quanto è diversa la società di Tolstoj da quella di Omero? E dalla nostra? Esiste una sola delle donne indipendenti della letteratura a uscirne vincitrice?

Sì, una c’è. Ma non è solamente una donna della letteratura: è anche una creatura del cinema.

Rossella, egoista indipendente in Via col vento

Una sera d’estate mia nonna mi aveva obbligata a vedere tutto Via col vento, celeberrimo film di Victor Flaming del 1939. Quattro ore di un capolavoro in technicolor fine anni Trenta, pieno di razzismo spicciolo e talvolta un po’ grottesco.

Rossella O’Hara, la protagonista, è una donna indipendente e non convenzionale, ben lontana dallo stereotipo femminile socialmente accettabile nell’America della Guerra di secessione.

Rossella O'Hara, protagonista del film Via col vento sorride circondata da amici uomini. È la terza tra le donne indipendenti nella letteratura di cui parliamo oggi

Rossella O’Hara sorride discutendo con un gruppo di uomini in una scena del film Via col vento (Credits: Selznick International Pictures)

Si sposa tre volte per interesse: ama un uomo sposato, Ashley, e per tutta la vita si prodiga affinché lui la ricambi e lasci la moglie Melania. Una donna, Melania, per la quale Rossella comunque prova un certo affetto, tanto da prendersene cura in ogni situazione.

Conosce Rhett Butler all’inizio del film: è un uomo astuto, interessante, irrequieto, colto e coraggioso che – nonostante la sua abituale frequentazione di bordelli e la naturale indisposizione verso il vincolo del matrimonio – fin da subito si innamora di questa donna poco convenzionale e riesce a convincerla a sposarlo cogliendo l’occasione “fra un marito e l’altro”.

Di diritto tra le donne indipendenti nella letteratura (in barba a Rhett)

Rossella, nonostante il matrimonio, vive vaneggiando un incontro con Ashley. Questo indispettisce Rhett, che trascorre lunghi periodi all’estero. Di ritorno da un viaggio scopre Rossella incinta di un bambino suo ma, incredulo per questa gravidanza inaspettata, la schiaffeggia (sic!) facendola cadere dalle scale. Ovviamente Rossella perde il bambino e Rhett vive nel rimorso.

Dopo breve tempo anche la prima figlia dei due muore cadendo da cavallo e Melania, l’antica rivale di Rossella, muore per malattia. Al capezzale dell’amica-nemica, Rossella capisce – dopo molte evitabili vittime – di avere amato sempre e solamente suo marito Rhett.

Rossella O'Hara, interpretata da Vivien Leigh, nel classico del 1939 Via col vento

Rossella O’Hara, interpretata da Vivien Leigh, nel classico del 1939 Via col vento (Credits: Selznick International Pictures)

Corre a casa per dirglielo ma trova un uomo stanco che riparte chiedendo la separazione. Dopo molte lacrime Rossella pronuncia la fatidica frase “Domani è un altro giorno”.

Decide quindi di ricostruire se stessa e la sua terra, per poter poi trovare il modo di riconquistare l’amato marito.

A chi ci sbatte la porta in faccia rispondiamo “Domani è un altro giorno”

Alla fine del film lo spettatore rimane interdetto: Rossella è capace di attirare il nostro odio, è un’orrenda approfittatrice, egoista come poche. Al contempo però riesce ad ottenere anche il nostro amore, perde due figli, viene abbandonata dall’unica persona che realmente l’abbia amata e per tutto il film viene additata dalla società in cui vive e in particolare dalle altre donne come una poco di buono.

Ad oggi, è una delle poche donne che realmente basta a se stessa. Le chiacchiere delle anziane non la scalfiscono, anzi, quasi si dimostra felice di provocarle; in preda alla disperazione, nel momento in cui il marito la sta lasciando, lei gli chiede che ne sarà di lei senza di lui e Rhett le sbatte la porta in faccia. Ma neppure questo la abbatte: il suo egoismo e la sua forza riemergono dopo qualche lacrima e le ricordano che “Domani è un altro giorno”.

Soltanto recentemente ho intuito il perché di quel supplizio cinematografico imposto alla me bambina di tante estati fa.

Mia nonna sapeva che al momento giusto non avrebbe potuto esserci, e ha voluto insegnarmi che di fronte agli schiaffi, alle porte in faccia, alle vecchie megere giudicanti, a come ci vuole la società, la risposta migliore è sempre una soltanto: “Domani è un altro giorno”.

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