
Fantasmi di Genova – Far Natale con la vecchina di Vico dei Librai e cantare con Leila Carbone
Non potendo viaggiare, in seguito agli ultimi Dpcm, ho iniziato a vagare per le vie della mia città, compiendo il mio personale viaggio, fisico e mentale, alla ricerca di ciò che resta dei tempi passati nel mondo di oggi.
Avendo bisogno di raccontarmi qualche favola – come facciamo tutti quando vogliamo evadere dalla realtà – ho iniziato a camminare per i carruggi della mia città alla ricerca di un po’ di nuove sensazioni. Girovagando ho incontrato la famosa vecchina e gli altri fantasmi di Genova. Ovviamente non mi sono imbattuta realmente nell’anziana né in nessun altro, ma ho scoperto che a Genova ci sono più fantasmi che millennial.
Non potevo esimermi dal farvi conoscere tutti i miei “preferiti”. Quindi, mettetevi comodi e preparatevi a scoprire le loro strane storie!
La vecchina di Vico dei Librai

Fotografia di fine Ottocento di Alfred Noack che ritrae l’antica Via Madre di Dio (Credits: Alfred Noack, dominio pubblico)
Ho scoperto dell’esistenza del più famoso fantasma di Genova quando ero al liceo. Ogni cinque anni, nel periodo natalizio, nella zona di Porta Soprana, accanto alla casa di Colombo, pare che appaia una vecchina vestita con indumenti d’altri tempi, probabilmente ascrivibili all’epoca della Seconda guerra mondiale. Non l’ho mai vista, ma molti abitanti della zona sono convinti che esista realmente.
Sembra che abbia fatto la sua prima apparizione poco dopo il Natale del 1989 e abbia chiesto indicazioni per raggiungere la sua abitazione in Vico dei librai. Tutto normale, penserete voi. Invece no: Vico dei librai faceva parte di un’area abbattuta negli anni Sessanta per costruire un collegamento stradale dal centro verso la futura sopraelevata.
Questa parte del centro storico non solo era particolarmente caratteristica ma ospitava anche la casa natale del compositore Nicolò Paganini. Forse che la vecchietta sia apparsa per sostenere le ragioni dei genovesi più attenti al patrimonio storico-architettonico della città? Questo non ci è dato di sapere.
Tornando alla nostra vecchina, non riuscendo a ricevere indicazioni utili dai passanti per ritrovare la strada di casa, pare sparisca nel nulla. Sembra, poi, che sia stata avvistata anche negli anni successivi alla prima apparizione e abbia addirittura prestato qualche lira a un ragazzo: le lire erano però del 1943. Ovunque nel mondo questa sarebbe la prova che la misteriosa entità provenga da un tempo lontano e un’altra dimensione, ma siamo a Genova e qualsiasi vecchina piuttosto che sprecare denaro sarebbe in grado di fare l’elemosina con i soldi rimasti in casa e ormai caduti in disuso.

Strada della Madre d’Iddio e ponte di Carignano a Genova, dipinto di Pieter van Loon nel 1847 (Credits: Collezioni d’arte Banca Carige, dominio pubblico)
I fantasmi di Genova sul carro di Porta dei Vacca
Dal tempo di Natale passiamo al tempo di Pasqua. Se camminassimo nella zona di Porta dei Vacca tra la sera del Venerdì Santo e la mattina di Pasqua, potremmo imbatterci in un carro fantasma. Dico sul serio: un cocchio trainato da un cavallo meraviglioso e guidato da un misterioso uomo incappucciato che trascina via le anime dei genovesi morti di morte improvvisa o violenta durante l’anno appena trascorso.
Personalmente non ho mai avuto il piacere di incontrare il carro fantasma, ma potremmo chiedere ai gestori dell’Aut Aut – noto centro sociale esattamente accanto a Porta dei Vacca – se ne hanno mai avuto notizia, magari in qualche serata vagamente più alcolica delle altre.
Branca Doria, dalla Divina Commedia ai fantasmi di Genova
Non posso non citare il mio caro concittadino Branca Doria, vissuto a cavallo tra il 1200 e il 1300. Merita un posto speciale nel mio cuore perché è addirittura citato da Dante in Inferno XXXIII, 137-149:
“elli è ser Branca Doria, e son più anni
poscia passati ch’el fu sì racchiuso”.“Io credo”, diss’io lui, “che tu m’inganni;
ché Branca Doria non morì unquanche,
e mangia e bee e dorme e veste panni”.“Nel fosso sù”, diss’el, “de’ Malebranche,
là dove bolle la tenace pece,
non era ancor giunto Michel Zanche,che questi lasciò il diavolo in sua vece
nel corpo suo, ed un suo prossimano
che ’l tradimento insieme con lui fece.Ma distendi oggimai in qua la mano;
aprimi li occhi”.
In sostanza, Dante ha inserito all’inferno il Genovese – colpevole dell’assassinio di suo suocero Michele Zanche – ancor prima che morisse: un trattamento di gran favore capitato solo a papi del calibro di Bonifacio VIII prima di lui.
In città si vocifera di poterlo vedere vagare in Piazza san Matteo in prossimità del suo palazzo ancora esistente e di vederlo poi entrare furtivamente in chiesa.
Le malelingue sostengono che il suo domicilio attuale sia una delle colonne della navata centrale e che la prova che la sua anima alberghi lì da secoli sarebbe una vistosa macchia, rossa come il sangue, nel marmo.

Scalinata da dove il fantasma del compositore Stradella suona dolci melodie ancora oggi (Credits: Francesca Raffaghello)
Alessandro Stradella sui gradini della chiesa di San Pietro in Banchi
Per non farci mancare nulla, qui a Genova, pare appaiano anche musicisti del calibro di Alessandro Stradella, noto compositore vissuto nel 1600.
La leggenda che circonda quest’anima in pena è duplice. Alcuni reputano che si fosse innamorato, ricambiato, di una donna, già impegnata con un veneziano, alla quale impartiva lezioni. I due, dopo essere stati scoperti, sembra si siano trasferiti a Genova. Pare, però, che questo trasferimento non fu sufficiente a fermare l’ira del nobile tradito, il quale fece uccidere Stradella sulle scale della chiesa di San Pietro in Banchi.
Altri, invece, sostengono che Stradella si fosse innamorato di una genovese appartenente alla nobile famiglia Lomellini e che la cosa non andasse a genio ai parenti di lei che lo fecero parimenti uccidere. Come è, come non è, pare che ancora oggi in alcune notti si senta una musica lamentosa provenire dalle scale della chiesa.
Leila Carbone al Carlo Felice
Durante il mio percorso attraverso le strade della città, sono passata accanto al teatro Carlo Felice, ormai chiuso a causa dei decreti anti-Covid. Nella realtà a risentirne sono soprattutto i lavoratori dell’arte e dello spettacolo, ma nel mio viaggio ultraterreno quella che potrebbe soffrirne di più è sicuramente l’anima di Leila Carbone, figlia di un liutaio genovese vissuta nella seconda metà del Cinquecento.
La poverina si era innamorata, ricambiata, di un nobile rampollo della Genova bene ma – dato che la ragazza proveniva da una classe sociale meno elevata – la famiglia di lui la osteggiò a tal punto da farla accusare ingiustamente di stregoneria dall’Inquisizione. Leila morì di stenti ancor prima di subire il processo.
Che c’entra, vi chiederete, tutto questo con il teatro? Leila, poveretta, venne rinchiusa nel convento di San Domenico, che era sede del tribunale dell’Inquisizione e che sorgeva proprio dove ora si trova il teatro. Almeno possiamo sperare che abbia potuto godere di buona musica, almeno fino all’arrivo del virus.

Teatro Carlo Felice dove, secondo la tradizione, alberga uno dei più curiosi fantasmi di Genova: il “fantasma dell’Opera” Leila Carbone (Credits: Francesca Raffaghello)
Il Vento e il Diavolo davanti alla Curia
L’ultima storia che vi voglio raccontare è la seguente: in Salita dell’arcivescovado, nei pressi della Curia, indipendentemente dalle condizioni meteo che ci sono in città, è sempre presente un forte vento.
La leggenda narra che, un tempo, il vento stesse passeggiando con il Diavolo e che quest’ultimo – passando davanti al Palazzo dell’Arcivescovado – avesse detto all’amico di dover entrare per sbrigare una veloce faccenda. Pare che il vento stia aspettando che il Diavolo esca ancora oggi.
Ma siamo sicuri che quest’ultima sia solo una leggenda?
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