
Le ricette della signora Tokue, di Durian Sukegawa – La felicità racchiusa in un dorayaki
Dorayaki, delizia della pasticceria giapponese: due piccoli pancake uniti in un abbraccio a base di crema di fagioli rossi azuki. A chi piace, alzi la mano! A chi non piace: cosa state aspettando ad assaggiarlo?

La copertina di Le ricette della signora Tokue, di Durian Sukegawa (Credits: Einaudi)
Detto questo si può iniziare tutti a leggere Le ricette della signora Tokue di Durian Sukegawa, uno dei libri più dolci e “saporiti” che mi sia capitato di leggere in questo periodo.
Avendo focalizzato il mio recente interesse letterario sulla parte cinese dell’editoria asiatica mi stavo quasi abituando a trame meditative, profonde e tristi – se non del tutto tragiche – come solo loro sanno raccontare. Apprezzo molto questo genere di lettura ma certo è che dopo un po’ mi serviva qualcosa per spezzare queste opere così dense.
Ed ecco che dagli scaffali della libreria ha fatto capolino questo libricino chiaro e delicato come i fiori di ciliegio che ne decorano la copertina, ma che nasconde un cuore prezioso e dal gusto complesso, proprio come un dorayaki.
Un negozio di dolci e la vecchia signora Tokue
La storia prende il via da una affermazione semplice ma di impatto: “Doraharu vendeva dorayaki”.
Il negozio, il Doraharu appunto, è uno di quei posti che sopravvivono grazie alla poca clientela affezionata e niente di più. Sentarō – burbero e solitario uomo di mezza età – gestisce il locale. Senza troppa passione apre ogni giorno al pubblico e da anni vende dorayaki per ripagare il suo debito con la proprietaria del negozio.
A guardare bene la vita di Sentarō si trascina come il suo locale: quando non è in negozio a rimestare l’an industriale (una pasta dolcificata a base di fagioli rossi azuki) riempiendoci dorayaki bruciacchiati, lo si trova a bere sakè per dimenticare un passato turbolento e un presente che non lo soddisfa e non vuole davvero vivere.
Ai clienti sembra bastare, tanto più che la maggior parte di essi sono studenti senza troppe pretese che si fermano per una pausa o persone che portano via i dolcetti ancora caldi. Fra i giovani avventori spicca Wakana, adolescente solitaria che avrà un ruolo fondamentale nella storia.

(Credits: Ambra Helo)
Una mattina, a mettere in discussione l’esistenza sonnacchiosa del Doraharu arriva una dolce vecchietta: la signora Yoshii Tokue. Sentarō, spinto dal senso di solitudine più che dalla reale necessità, aveva appeso un cartello dove affermava di cercare un aiutante e lei è lì proprio per quel posto. È perfino disposta a percepire una paga più bassa del minimo.
Al netto rifiuto dell’uomo lei risponde portandogli un contenitore con dentro dell’an fatto in casa. Basta un assaggio per convincere Sentarō. I due iniziano a preparare l’an ogni giorno e la signora Tokue insegna all’uomo l’arte della sua preparazione, partendo dall’amore con il quale lei tratta ogni ingrediente.
Le ricette della signora Tokue e una strana coppia di pasticceri
Ben preso l’iniziale diffidenza di questa strampalata coppia si scioglierà in un rapporto molto delicato e profondo per entrambi, grazie soprattutto alla capacità della signora Tokue di ascoltare e di parlare al cuore delle persone con la semplicità e la dedizione che mette nella sua cucina.
Al tempo stesso il piccolo negozio diventerà famoso e molto apprezzato per i suoi dolci, aumentando di molto la sua clientela. Purtroppo proprio quando le cose sembrano andare bene, un segreto riaffiora dal passato della dolce vecchietta, qualcosa che fa talmente paura da allontanare presto i clienti della piccola bottega. Una paura che affonda le sue radici nelle ombre di una parte della storia giapponese di cui non si parla – soprattutto in occidente – ma che molto ha a che fare con la sua società, chiusa e diffidente di natura.

(Credits: Ambra Helo)
Le ricette della signora Tokue – Cosa ne penso io
Questo libro agrodolce è fatto di malinconia e di riscatto, ma anche di una speranza così brillante da rendere meno spaventose le ombre che affliggono la vita dei personaggi. È un romanzo delicato e poetico, cadenzato come le stagioni che si avvicendano e fanno cambiare i ciliegi di fronte al negozio di dorayaki.
La scrittura è leggera e scorrevole, la prosa semplice ma non per questo meno profonda. Anzi, questo permette di mettere “in tavola” tematiche di un certo spessore come la discriminazione, il pregiudizio, la solitudine e il valore della memoria e il ruolo degli anziani quali testimoni di questa memoria che diventa Storia.
I tre protagonisti – Sentarō, la signora Tokue e la giovane Wakana – sembrano riflettere e mettere a confronto tre generazioni e tre modi differenti di essere e sentirsi emarginati dalla società, ognuno con i propri mostri e le proprie battaglie perse. Grazie agli insegnamenti della vecchia signora, però, gli altri due saranno in grado di sollevare la testa e guardare avanti con occhi e cuore nuovi, alla ricerca – tentativo dopo tentativo – della soddisfazione di fare qualcosa al meglio delle proprie possibilità.
Molto più che semplice sostentamento
Nello stesso momento si trova un tema a me caro: il cibo e il suo rapporto con l’uomo. Anche in questo libro sono rimasta stupita e affascinata dal rapporto fra il cibo e la vita, che va oltre la più logica necessità di sopravvivenza, diventando rispetto e gratitudine verso ogni ingrediente che nel piatto si trasfigura nel senso stesso e nel sapore dell’esistenza.
Almeno una volta nella vita tutti abbiamo commesso un errore e ci siamo sentiti persi, scoraggiati e umiliati. Eppure rialzarsi è stata la naturale conseguenza del trovarsi a terra, spinti dal desiderio di riscatto e dalla sorpresa di scoprire che – alla fine – la felicità si trova nelle cose più semplici e genuine della vita.
E ora mi perdonerete se scappo in tutta fretta ma ho una merenda da approntare: mi è venuta voglia di dorayaki e tè.
Itadakimasu!
Se vi è piaciuto il libro provate anche con il film che ne è stato tratto, diretto da Naomi Kawase e presentato al Festival di Cannes nel 2015: Le ricette della signora Toku
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