
Stoner, di John Williams – La vita comune di un uomo comune
William Stoner nasce nel 1891 da una famiglia di contadini. Si diploma, si iscrive all’università. Ottiene un dottorato di ricerca e diventa docente universitario. Si sposa e ha una figlia. Insegna fino alla morte, avvenuta nel 1956 per cancro.
“Che fai, spoileri!?”
Ma no, lettore intransigente! Ho solo riportato quasi letteralmente le prime sei righe del libro [quale libro? Non l’hai mai nominato. Metti “le prime sei righe di Stoner, scritto da John Williams”. Mi raccomando il corsivo sul titolo]: con una prolessi che supera in sintesi i migliori oracoli dell’antichità, il lettore approccia il libro già sapendo come andrà a finire. Eppure l’ho letto tutto. E non solo: lo consiglio.
Stoner: il romanzo di John Williams in pillole

(Credits: Fazi editore)
Nella città di Columbia è stata aperta una nuova facoltà: Agraria. Dura quattro anni e termina con la cerimonia di laurea; dopo, di ritorno alle proprie terre, il proprio bagaglio di conoscenze verrà decisamente utile nei campi. I genitori di Stoner, semianalfabeti, offrono al figlio tale opportunità e lui, più per ubbidire che per convinzione, accetta.
Ma non sarà Agraria il suo destino: al primo anno incappa nel corso di Letteratura Inglese, tenuto da un professore intransigente. Stoner ha inizialmente difficoltà a entrare nel meccanismo dello studio delle materie umanistiche – lui, abituato alla scienza e alla tecnica – ma una volta appreso il piacere della lettura e della ricerca, decide di cambiare indirizzo. Ovviamente, senza informarne i genitori.
Si laurea, ottiene il dottorato di ricerca e inizia a insegnare. Dopo la Grande Guerra, a cui non ha partecipato, incontra Edith e dopo pochi mesi si sposano. I due avranno una figlia, Grace.
All’università, il lavoro procede senza troppi scossoni: Stoner è un docente ormai esperto, cura i propri studenti tanto quanto la burocrazia, non ha particolari ambizioni. Nonostante ciò, alcune invidie dentro il dipartimento di Inglese gli causeranno un ridimensionamento di carriera. Inizialmente in preda alla disperazione, per un evento inatteso quanto insperato ritrova il proprio equilibrio, che manterrà fino alla pensione.
Perché leggerlo?
Tre sono i motivi per cui suggerisco la lettura di Stoner di John Williams. Il primo sono i personaggi. Nessuno di loro è realmente approfondito (per certi aspetti, neanche lo stesso Stoner) eppure non reputo ciò un difetto bensì una scelta precisa dell’autore. Il libro infatti si presenta come una sorta di biografia in cui hanno più rilevanza i fatti rispetto ai pensieri; l’autore dà l’impressione di essere bonariamente distaccato dalla propria creatura, come se raccontasse le vicende di un amico a cui abbia voluto molto bene. I miei preferiti – quelli che di seguito tenterò di dipingere – sono tre: Stoner stesso, la moglie Edith e il collega/amico Dave Masters.
La mancata descrizione dei personaggi è strettamente collegata al secondo motivo per cui leggere il libro: il non-detto. L’autore non si sofferma su alcuni dettagli la cui portata è in realtà straordinaria per la vita di Stoner. A titolo di esempio, il fatto che i genitori – semianalfabeti – mandino il figlio alle superiori e poi all’università, più di cento anni fa: la vita di Stoner sarebbe stata un’altra se i genitori non avessero spinto il figlio a entrare alla facoltà di Agraria.
Il terzo motivo è la visione stessa dell’università come di un luogo fuori dalla realtà, varcate le cui soglie si ha come l’impressione di essere entrati in un mondo parallelo – e forse, per certi aspetti, è proprio così.

(Credits: Eleonora Cecchini)
Stoner, il protagonista: un uomo comune?
Potrei definire Stoner come la biografia di una vita insignificante per l’economia del mondo ma estremamente significativa per chi, quella vita, l’ha vissuta fino all’ultimo respiro.
Come viene presentato il protagonista? Stoner è un grande lavoratore: ha sempre lavorato e studiato, mai lamentandosi né dell’uno né dell’altro. Tende a non alzare la testa e ad accettare le decisioni degli altri: inizialmente avevo l’impressione di trovarmi davanti a un inetto, a un uomo che vive in un mondo che non sente suo ma che non è forte abbastanza per opporglisi. In realtà, il goffo Stoner percepisce un certo disagio solo al di fuori dell’università ma si sente perfettamente a proprio agio dentro quelle vecchie mura, un ambiente protetto (un ospizio, dirà l’amico di Stoner, Dave Masters) in cui si rifugiano le persone che il mondo avrebbe escluso senza pietà. Dentro le aule si muove con una destrezza e una sicurezza che altrove non dimostra.
Stoner è quindi un personaggio pacato e obbediente, amante della ricerca e della letteratura. Ma non è un ignavo: ha preso numerose decisioni nella sua vita – spesso istintive – che hanno avuto ripercussioni anche gravi sulla sua vita o sulle vite di chi gli sta intorno. Come quando ha deciso di sposare Edith senza praticamente conoscerla. O quando si è impuntato per far bocciare uno studente non meritevole. O ancora quando si è innamorato di una sua corsista.

(Credits: Foto di Jill Wellington da Pixabay)
Gli altri personaggi: Edith e Dave
Edith è la moglie di Stoner. Di lei si sa molto poco: Stoner la conosce durante un ricevimento poco dopo la Grande guerra. Figlia di un banchiere, Edith ha ricevuto un’educazione severissima che le ha causato dei disturbi psicologici non indifferenti che le impediscono di avere un rapporto affettuoso con il marito e la figlia.
Profondamente legata alla sua famiglia di origine, sembra disinteressarsi di quella appena creata. Non lavora, alterna momenti di attività frenetiche (dalla pulizia della casa alla produzione di statue) a momenti di apatia in cui passa intere giornate a letto. Non ama suo marito e soprattutto non ama fare l’amore con lui, cosa che percepisce più come un dovere che come un piacere. Vive con malumore la gravidanza e dopo il parto si disinteressa della figlia, pur dimostrando una crescente gelosia nei riguardi del rapporto tra lei e il padre. Insomma, è una figura controversa, che per metà libro viene odiata e per l’altra metà compatita. A me affascina proprio il suo carattere fragile e volubile, generato da una famiglia soffocante e da un’educazione eccessivamente rigida. Forse, se solo si fossero amati di più non si sarebbero fatti così tanto male a vicenda.
Il terzo personaggio è Dave Masters, un collega di Stoner che compare in un capitolo soltanto ma che è sempre tra i pensieri del protagonista. Grazie a lui Stoner comprende il senso dell’essere docente: custodire quei valori umani che il mondo si è dimenticato.
Stoner e l’università: “Siamo tutti miserabili buffoni”
Dave Masters, in uno dei capitoli più belli del libro, afferma che l’università è un ospizio che ospita persone che non riescono più a sostenere la vita reale. Cosa vuol dire? Secondo Dave (e quindi secondo Stoner) il mondo è composto da vincitori e vinti. Chi lavora in università è un vinto perché perché crede ancora in ideali che, nel mondo, sarebbero irrealizzabili.
La bellezza, l’onestà. Il senso del dovere. Lo stupore sincero davanti al sapere. L’università è una parentesi nella vita di ciascuno. Talvolta è artefatta, assurda, puntigliosa per burocrazia e questioni di principio. Quindi una bolla rispetto all’esterno. Ma in fondo è giusto così: l’università non deve preparare alla vita – già greve di suo. Deve ricordare che i valori non sono mere parole, troppo spesso strumentalizzate, che la virtù esiste. L’università punta alla realizzazione della persona. Insegna che le proprie forze sono l’unico strumento per ottenere un risultato. Premia l’iniziativa. Esalta la ricerca. Vuole il dialogo. Ma il mondo là fuori è diverso.
Ecco perché Dave, citando Re Lear di Shakespeare afferma “Siamo tutti miserabili buffoni”: chi insegna fa finta che il mondo possa essere migliore, pur sapendo che attualmente non lo è. Eppure è giusto che sia così: non si può smettere di sognare solo perché non si vede al momento un futuro migliore.
Ecco cos’è l’università: un luogo da poter chiamare casa, dove tutto è possibile e dove ciascuno ha il proprio posto.
Anche Stoner e tutti gli Stoner del mondo.
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