Chernobyl 01:23:40


Chernobyl 01:23:40 di Andrew Leatherbarrow

Chernobyl 01:23:40 di Andrew Leatherbarrow

Era il 26 aprile 1986 quando l’Unità 4 della centrale nucleare di Chernobyl cambiò per sempre la storia del mondo moderno. All’01:23:40 Aleksandr Akimov decise di andare avanti con un test di sicurezza nonostante ci fosse stato un aumento della temperatura del nocciolo ed alla fuoriuscita incontrollata di radiazioni letali. Il mondo intero conobbe il disastro solo alcuni giorni dopo e rimase con il fiato sospeso per decenni: gli effetti delle radiazioni, seppure minime se confrontate con lo scenario peggiore, hanno gettato ombre nella vita di tutti.

La storia vera degli uomini e delle donne che persero la vita salvando la nostra, cercando di contenere i danni scavando anche a mani nu

de sono venute alle luce solamente quando i documenti secretati dall’Unione Sovietica e dal regime comunista sono stati accessibili. Chernobyl 01:23:40 rende omaggio alla storia, agli avvenimenti reali così come si sono svolti, Andrew Leatherbarrow permette al lettore di ascoltare la voce di chi, in quell’inferno, ha dato la sua vita per salvare le nostre.

La storia di Chernobyl si alterna con il reportage del viaggio di Andrew Leatherbarrow nella città abbandonata di Pripyat: le sue foto accompagnano la narrazione rendendola vivida. Le due parti narrative però non riescono sempre a coesistere: l’entusiasmo dell’autore spesso entra in collisione con la distruzione di un intero ecosistema, come ci racconta lui nelle primissime pagine il viaggio a Pripyat è stata la coronazione di un sogno fatto di notti insonni passate a documentarsi sul disastro.

La parte storica del romanzo è ben riuscita, con un linguaggio semplice Andrew Leatherbarrow è riuscito a spiegare il funzionamento dell’energia nucleare e dei quattro reattori di Chernobyl in maniera lineare e semplice. La preparazione e lo studio di fonti attendibili ha reso queste parti le colonne portanti dell’intero romanzo dando risalto agli eventi così come si sono svolti.

Dall’altra parte però c’è la sua storia, il suo viaggio carico di aspettative e di entusiasmo, delle volte infantile che stride se confrontato all’altra parte quasi fossero state scritte da due persone diverse. Ci sono eventi storici che riescono ad entrarci sottopelle, a farci venire la pelle d’oca come se ci fossimo legati con un filo invisibile. Questo è il caso dell’autore, il suo legame con quel disastro va oltre la documentazione storica e la passione per la verità, è un legame viscerale per i luoghi e per le persone. Non voglio criticare questa emozionalità che trapela dai capitoli dedicati al suo viaggio, avrei voluto trovare però dei dettagli in più, avrei voluto vedere Pripyat attraverso i suoi occhi. Purtroppo però quei capitoli sono un guazzabuglio di emozioni miste a fotografie ed a descrizioni di luoghi pochi precisi, si percepisce il suo coinvolgimento ma il lettore non entra a far parte di quel momento, ne è escluso.

E’ encomiabile il risalto che Andrew Leatherbarrow ha voluto dare a tutti quegli uomini e quelle donne chiamati “liquidatori” che hanno ripulito Chernobyl dalle scorie radioattive laddove anche le macchine andavano fuori uso per l’alto tasso di röntgen rilevati nelle zone calde.

Ho letto questo libro in due giorni durante i quali ho alternato ricerche su Google con video su YouTube alla ricerca di notizie e di riscontri. Il disastro di Chernobyl è passato alla storia come un errore umano ma Andrew Leatherbarrow fa luce su molti passaggi oscuri ponendo l’attenzione sugli errori struttuali del reattore, sulle norme di sicurezza non rispettate e sui materiali scadenti usati. La storia ci insegna a non ripetere gli stessi errori, il sacrificio di tutte le persone che hanno perso la vita direttamente o indirettamente dagli eventi di Chernobyl devono essere un monito per il nostro presente ma soprattutto per il nostro futuro.

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