Olga a Belgrado di Irene Brin
Irene Brin è stata una grande giornalista del panorama italiano della prima metà del Novecento e una donna straordinaria; celata dietro ai suoi tanti pseudonimi ha restituito sempre pagine maestre di stile e cultura.
Anche Irene Brin è uno pseudonimo. Ma è quello che sembra rispecchiarla più profondamente, quello con il quale nella prima metà del Novecento ha scritto “Olga a Belgrado”( Ed. Elliot): la storia della sua vita durante i tre anni passati in terra jugoslava durante la guerra balcanica.
Viaggiatrice per amore del marito Gaspero Del Corso, ufficiale sul fronte balcanico nel 1941, Irene girovaga in lungo e in largo per questa terra divisa fra mille etnie riuscendo nel sottile quanto prezioso intento di rivelare al mondo l’orgoglio del popolo jugoslavo intrappolato in un conflitto che il mondo sembra dimenticare.
Belgrado, Pecine, Samrje, Cirquenizza: senza paura, da sola, ascolta con orecchio attento la voce della terra e delle sue donne, restituendo molto più di un diario di guerra, piuttosto un insieme di racconti, di episodi, scritti con una tale eleganza che anche i momenti più crudi permettono alle sue parole di entrarti nel cuore e riecheggiarvi per un po’.
Questo libro ai miei occhi riflette non solo l’esperienza di Irene Brin ma anche lei stessa come scrittrice di talento, mettendo in mostra la sua anima misteriosa e la tristezza che Massimo Campigli vide in lei mentre la ritraeva. Una scrittura ordinata, diretta, decisa come le sue opinioni, che per me ha reso ogni racconto brillante e coinvolgente grazie al modo sorprendentemente moderno di esprimere il disagio e l’incomunicabilità che accomuna tutti i conflitti.
La mia opinione è che “Olga a Belgrado” non sia un libro per tutti perché non è una lettura semplice da affrontare, ma non cimentarsi nell’impresa significherebbe davvero perdersi uno dei libri più significativi -e osteggiati – della letteratura italiana contemporanea.
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