
L’approdo, di Shaun Tan – La storia di un immigrato, raccontata senza parole
L’approdo, dell’illustratore australiano di genitori malesi Shaun Tan, è un’opera del 2006 recentemente ripubblicata da Tunué, che ci ha gentilmente offerto una copia per questa recensione.
Si tratta di un’edizione speciale contenente lo sketchbook dell’autore (e le sue spiegazioni), e corredata di una bellissima sovracopertina che fa somigliare il fumetto a un vecchio pacco postale.

Un estratto dello sketchbook (Credits: Tunué)
Partenza e arrivo in L’approdo, di Shaun Tan
In diverse occasioni abbiamo parlato della ricerca della propria identità in un Paese in cui ci si sente “diversi”, e dei frutti che porta l’incontro con l’Altro. L’approdo di Shaun Tan non si discosta troppo da questi temi.
È un graphic novel senza parole, che racconta una storia di immigrazione con uno stile surreale e simbolico. Da come si evince nei commenti finali dell’autore, ogni cosa è studiata nel dettaglio sia sul piano grafico che simbolico, ma tutto è volutamente lasciato all’interpretazione di chi legge.
Le immagini che raccontano la storia sono delle illustrazioni a matita molto realistiche, che ricordano le foto degli immigrati di cent’anni fa che tutti bene o male abbiamo a mente.

(Credits: Tunué)
Il protagonista di questo graphic novel è un uomo costretto a lasciare sua moglie e sua figlia per cercare fortuna in un altro Paese.
Il posto che lascia è spaventoso: una città quasi deserta invasa da spaventose ed enormi creature. Non si vedono mai per intero, ma si scorgono solo le loro ingombranti code spinate, che popolano il cielo e incombono sugli abitanti della città.
Dopo un lungo viaggio, il nostro protagonista arriva in un Paese stranissimo, pieno di navi volanti, animali mai visti e verdure dalle forme più assurde.
Nei panni di un immigrato
Anche l’alfabeto usato in questo posto è composto da simboli indecifrabili. E tutto il fumetto è percorso da questa strana scrittura: ricopre palazzi, manifesti, segnali stradali… Shaun Tan l’ha costruita appositamente per far provare a chi tenta di leggere lo stesso che prova il protagonista straniero.
Dal momento che il linguaggio verbale è inaccessibile, l’uomo dovrà cercare un significato e un senso a ciò che lo circonda in assenza di esso. Esattamente come dovranno fare i “lettori”, che in questo caso non leggeranno proprio un bel niente, ma dovranno basarsi su immagini e intuizioni.
Citando ciò che Shaun Tan scrive nei commenti finali, “non comprendiamo questo luogo e così, riuscendo a leggerlo solo a livello intuitivo o emotivo, diventiamo anche noi ‘immigrati’”.

(Credits: Tunué)
Fortunatamente, il nostro protagonista dal nome sconosciuto se la caverà senza problemi. Nonostante la città di approdo sia parecchio strana, non è per nulla inospitale. Le persone che incontra lo accoglieranno sempre, gli faranno comprendere il modo di vivere locale e gli racconteranno le proprie storie di immigrazione.
Infatti, Shaun Tan spiega che “la premessa non dichiarata è che tutti in città sono degli immigrati […]. Hanno costruito insieme un mondo ispirato all’idealismo [e] sanno fin troppo bene cosa accade se permettiamo alla tolleranza, alla compassione e all’apertura mentale di fallire”.
I segreti dello sketchbook
L’approdo di Shaun Tan non avrebbe necessità di spiegazioni esplicite. Non si fa comprendere fino in fondo, ma questo è voluto. Il non detto evoca il fascino che mette in moto le emozioni e la fantasia di chi legge, e quindi anche l’empatia per il protagonista.
Proprio per questo, Shaun Tan è stato a lungo indeciso se pubblicare o no degli assaggi del suo archivio e delle spiegazioni più dettagliate, ma per fortuna ha deciso di farlo! Infatti, nonostante L’approdo abbia in sé quanto basta per raggiungere i propositi dell’autore, senza il suo commento andrebbero perse molte cose non necessarie, ma preziose.

Coming South (1886) di Tom Roberts e la citazione di Shaun Tan (Credits: Tunué)
Non si saprebbe che l’aspetto del Paese di approdo del protagonista è ispirato a un documentario sulla riproduzione del corallo. Probabilmente non si riuscirebbero cogliere tutte le citazioni dell’autore a foto storiche (come quella dell’ufficio anagrafe di Ellis Island) o dipinti sul tema dell’immigrazione. E forse anche dei simboli ricorrenti del fumetto (che si meriterebbero qualche riflessione) verrebbero tralasciati.
Questo sketchbook commentato non fa che impreziosire un’opera già ricchissima. Perché qualche spiegazione in più, invece di limitare la fantasia dei “lettori”, dà loro lo slancio per avventurarsi in nuove riflessioni e interpretazioni.
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