Zerocalcare – Una riflessione un po’ piagnona sull’autore di Strappare lungo i bordi


C’è una frase che mi è capitato di dire e ascoltare spesso: “Aaaah, sai quanto sarebbe bello rivedere/rileggere/riascoltare questo per la prima volta?” oppure “Cosa darei per non sapere cosa succede da adesso in poi…”.

Sono frasi che vengono pronunciate mezzo sospirando, con quel misto di amarezza e nostalgia tipico del raccontare che ci ha commosso o semplicemente fatto stare bene.

Strappare lungo i bordi è la serie Netflix del momento. Chi dice il contrario o ha due fette di prosciutto sugli occhi (detto popolare ma, per questo sempre vero e calzante) o è un consumatore talmente casuale che, vedendo dei disegni, ha ancora impostata l’associazione automatica animazione=bambini. Oggi però non voglio parlare della scossa che ha appena ricevuto il modo dell’intrattenimento. Non me la sento neanche analizzare il reparto tecnico, animazioni, storia eccetera. Ne hanno parlato fior fiore di professionisti, non avrei altro da aggiungere.

Copertina di strappare lungo i bordi

(Credits: Netflix Italia)

Ciò di cui posso scrivere è di come ho vissuto questa serie, di chi sia Zerocalcare, e riflettere ad alta voce su qualcosa che occupa la mia testa da giorni.

Io, nessuno e Zerocalcare: come l’autore romano si è intrufolato nella mia vita

Strappare lungo i bordi è uscita ormai da una settimana, precedendo di qualche giorno l‘uscita di Niente di nuovo sul fronte Rebibbia, Bao Publishing, e “festeggiando” i 10 anni de La Profezia dell’Armadillo. Esatto, 10 anni.

Ed ecco, il colpo al cuore.

Mi piace dividere la mia vita fumettistica per fasi: la fase dai 11-15 anni caratterizzata da una valanga di manga di pessimo, pessimo gusto. L’orrore che questi occhi hanno visto mi preoccupa ancora oggi. Dai 15 ai 17, un po’ spinta dal Mcu, ho provato ad avvicinarmi ai comics americani. Ma, come si suol dire, era davvero solo una fase. I 17-21 sono gli anni dell’imbarazzo che chiameremo fase radical chic, quella del “Non sono fumetti: sono graphic novel”.

un momento della sigla di Strappare lungo i bordi

(Credits: Netflix)

E poi, l’attuale, dai 21: un misto enorme delle precedenti, coronate dalla pace interiore di chi ha accettato che miscellaneo è bello ed è tornata a chiamare “fumetti” i fumetti.

In questi turbolenti periodi, Zerocalcare arriva nel mezzo della fase radical chic e da allora non se n’è più andato.

Conobbi Zero grazie al mio ragazzo che mi aveva accennato brevemente di questo bravissimo fumettista romano – anche se nato ad Arezzo. Così, nel lontano Lucca 2014, lo notai allo stand Bao per la prima volta: usciva Dimentica il mio nome.

Il ritorno a casa dal Lucca Comics del 2014

Comprare quel fumetto per il mio ragazzo fu una decisione immediata, un piccolo regalo di un autore che so che apprezza (la firma no eh, c’è una fila da due ore e mezza). Ricordo che nell’autobus del ritorno lessi le prime dieci pagine e, dopo aver pensato, “Perchè ci sono dei polli antropomorfi???” iniziarono a scendere le lacrime. Quel giorno poi non ne leggei avante.

Ricevetti una botta emotiva totalmente inaspettata, mi trovai davanti un modo di raccontare vita e affetti che mi prese a schiaffi. Decisi così di comprare La Profezia dell’Armadillo, appena uscita nella riedizione a colori “8-bit”.

Ero appena maggiorenne e ho trovato in quelle pagine le storie problematiche del mio quotidiano. Zerocalcare, dal nulla, era diventato il modello che le aveva affrontate e che era abbastanza grande da raccontarle. Ho trovato un”fratello” in quel 27enne disegnato senza gomiti in cui mi vedevo proiettata da lì a 10 anni. Piangevo pensando a quello che stavo affrontando e mi chiedevo “Andrà anche a me, a noi, così?”

Zerocalcare e l'armadillo

(Credits: Netflix Italia)

Passano un paio di anni, l’università mi porta a Bologna e non perdo una singola presentazione che abbia fatto in questa città, continuo a cambiare e anche lui cambia, ovviamente. Nuovi racconti, nuovi dibattiti ma sempre la stessa onesta di fondo, Zerocalcare è diventato ormai L’Autore italiano.

E poi BAM! arriva il 2021.

Dieci anni di Zerocalcare, dieci anni per tutti noi

E qui mi ricollego all’apertura.

Non sono passati esattamente 10 anni dalla prima volta che ho incontrato Zero

(quanto mi piacerebbe fosse così, fanno tutto un altro effetto gli anniversari a cifra tonda)

non ho più 18 anni ma 25: quasi senza che me ne accorgessi sono diventata io Zerocalcare.

Strappare lungo i bordi, con le sue similarità ma anche differenze con l’opera prima del fumettista romano mi è arrivata tra capo e collo. Ho visto animati i miei pensieri di quando lessi il fumetto per la prima volta, li ho ascoltati cantati da Giancane, e ho rivisto in Zero il “fratello” che avevo incontrato a 18 anni.

La serie Netflix mi ha concesso di rivivere tutto da un’altra prospettiva, con anni in più sulle spalle, con tanta stanchezza che un tempo non avevo ma anche con nuove storie che non scambierei mai per tutta la leggerezza del mondo.

Frame di Strappare lungo i bordi

(Credits: Netflix Italia)

Non riesco a definire Strappare lungo i bordi niente di diverso da perfetta. Non ho, purtroppo, l’oggettività tipica del critico dalla mia parte. Qualcuno in redazione (altrettanto fan) l’ha trovata troppo nichilista e votata all’autoassoluzione. Ma per chi conosce l’autore apparirà come la sua evoluzione più logica e naturale, ed è perfetta per chi si avvicina a lui per la prima volta. Gli episodi sono brevi, divertenti, dinamici e tutti utili alla storia.

Infine, è perfetta per noi piagnoni, che viviamo dentro la nostra testa e che abbiamo sempre bisogno di qualcuno che dica le cose che pensiamo ad alta voce, per sentirci meno soli.

+ Non ci sono commenti

Aggiungi