Ramo – Storia di un fantasma


Ramo:

“Una volta, qualcuno mi ha detto che i fantasmi non sono nient’altro che peccatori obbligati a rimanere sulla Terra per scontare le proprie colpe.”

Ogni tanto qualcosa di piccolo e potente ci colpisce al cuore, come un fulmine a ciel sereno: Ramo di Silvia Vanni non è un’opera lunghissima, poco più di cento pagine, eppure è potente come poche e, sulle note di un pianoforte ci racconta un storia struggente. Omar è un giovane pianista innamorato di una ragazza, Altea, che tutti i giorni veniva a sentirlo suonare al bar dove lui lavorava suonando il pianoforte; Omar però adesso è un fantasma, il riflesso di sè stesso, Ramo.

Ramo segue Altea ovunque lei vada, tormentato da un senso di colpa nebuloso per il lettore: sappiamo che Altea viveva con un altro uomo eppure…eppure tanti piccoli indizi compongono un quadro ben più complesso, racconta la storia della vita delle persone che si intreccia, travolta dall’amore sì, ma anche da una tragedia che sembra quasi sciocca, da tanto è banale. Perchè anche “l’altro” non c’è più, la ragazza è sola ad affrontare un dolore troppo grande per una persona così giovane, che è stata per troppo tempo tenuta in una teca di vetro che assomigliava tanto ad una prigione. Cosa può fare un povero fantasma, per supportare la donna che ama e che si ricorda a malapena della sua esistenza? Qual è il vero scopo della permanenza di Ramo sulla Terra?

Silvia Vanni ci regala un’opera deliziosa, un gioia per gli occhi, che praticamente senza dialoghi e in pochissime tavole ci delinea con chiarezza la storia di Omar e Altea, passata e presente: sappiamo già che non ci sarà un vero lieto fine tra i due, che la realtà è dolceamara e ci saranno sensi di colpa e dolore da affrontare, e almeno una vita da ricostruire, quella di Altea. Tanti piccoli dettagli delineano gli stati d’animo dei protagonisti, mentre flashback acquerellati aiutano il lettore a capire il rapporto, impari, che lega i due: Ramo che non può scrollarsi di dosso la disperazione mentre la ragazza pian piano trova la forza di avanzare, di uscire dal suo spazio confortevole per mettersi in gioco, tornare al mondo e finalmente ricominciare a vivere. Eppure Ramo fa anche ridere, con piccole gag sparse qua e là: come da tradizione, solo i gatti possono vedere i fantasmi, e Ramo approfitta appieno dell’involontaria complicità della gattina di Altea, a volte agendo da amico, altre da fantasma dispettoso (i cani non possono vederlo, tranne Cliff, ovviamente).

Una piccola chicca è la traccia audio alla fine che, grazie ad un QR Code, potrete ascoltare voi stessi: è la canzone che Omar scrive per Altea, presa in prestito alla bravissima Felicity Lucchesi.

Bao dà voce ad un’autrice italiana giovane e brava, che sa avvero parlare al lettore tramite le immagini, espressive, morbide e rotonde, eppure così potenti ed emozionanti che non può non scendere una lacrimuccia alla fine di Ramo; è davvero bello leggere queste piccole gemme: umane, complesse e sempre piene di speranza.

“Credevo di essere qui per aiutarla”

“Ma sbagliavo”

“Lei è qui per me”

+ Non ci sono commenti

Aggiungi