L’esile tratto di Nejib sorprende ed emoziona in Stupor Mundi


L’eterno contrasto tra scienza e religione. Il dilemma morale di cosa si è disposti a fare per raggiungere la conoscenza. Che significato dare ad una invenzione e in che modo utilizzarla. Tali questioni trovano posto in Stupor Mundi, romanzo grafico edito da Coconino Press lo scorso agosto.

Il graphic novel è scritto e illustrato dal francese di origini tunisine Nejib, autore di Haddon Hall, il romanzo grafico sul giovane David Bowie di cui ho scritto due anni fa. Il volume ha vinto il Prix Révélation Quai des Bulles 2016 ed è stato tra i più papabili vincitori dell’edizione 2017 del Festival International de la Bande Dessinée di Angoulême, che a proposito si svolgerà questo fine settimana. Insomma Stupor Mundi ha consacrato la fama di un fumettista che ormai non è più solo una promessa.

Siamo nella prima metà del XIII secolo, in Puglia, precisamente a Castel del Monte, dal mare approda una barca che trasporta Annibale, il più insigne scienziato del mondo arabo, sua figlia Houdê e il suo singolare servitore El Ghul. Maestro Annibale giunge alla fortezza per cercare un importante libro che gli permetta di proseguire gli studi sulla sua invenzione denominata “Casa della luce”, una sorta di prototipo di macchina fotografica.

Annibale è in fuga da Baghdad, ha un passato pieno di ombre che ha segnato in maniera profonda la sua famiglia e cerca protezione nell’impero di Federico II di Svevia, mecenate delle arti e uomo di grande cultura, tanto che viene definito “Stupor Mundi”.

La storia che racconta Nejib è quella che vede opporsi la ragione contro il credo, l’innovazione contro la tradizione. Il protagonista, uomo pragmatico e di poche parole ed emozioni, si confronta con altri illustri sapienti dell’epoca: su tutti Leonardo Fibonacci e Ermanno di Salza, figure storiche realmente esistite. Non mancano però parti avverse alla sua ricerca, come il bibliotecario Gattuso da Siena o l’ambiguo artista Balthazar di Hockney.

La riflessione sull’importanza dell’immagine è il punto focale di Stupor Mundi. In diverse parti della storia viene chiesto ad Annibale a cosa serva la sua invenzione. Nejib fornisce implicitamente due risposte contrastanti: l’immagine impressa può avere una funzione menzognera, servire come mezzo concreto per raggiungere un fine più alto. Può essere usata insomma per trarre in inganno le masse.

Il secondo e più profano valore dell’immagine impressa ha una sfumatura emotiva di massima importanza: essa serve a conservare il ricordo di cose belle, soprattutto di persone che non esistono più. Questo significato strettamente sentimentale è legato all’esperienza più intima di ogni persona, al rapporto viscerale che ognuno sente con le figure che vede rappresentate su foto o altri supporti grafici.

Non è un caso che in parallelo alla trama principale si svolga una seconda narrazione che segue il tentativo della piccola Houdê di ritrovare la memoria relativa alla morte della madre e riprendersi così da uno shock che le impedisce di camminare. Dunque ai principi di ottica che si scontrano coi dogmi religiosi, si affiancano elementi di psicologia incarnati dalla figura di Sigismondo (un precursore del più famoso Sigmund).

L’ambientazione medievale, le precise citazioni storiche e la presenza di un libro celato hanno portato il fumetto ad essere accostato più volte al capolavoro di Umberto Eco, Il nome della rosa. In effetti la storia si tramuta in un complesso enigma che sfocia nel thriller, quando il tomo misterioso viene trafugato.

Non mancano elementi truci e scene violente, che trasportano il lettore nello spietato periodo in cui si svolge Stupor Mundi. I servitori di Annibale sono crudelmente martoriati nel fisico e nello spirito: Khanfùs è un nano deforme, El Ghul un ex assassino costretto a tenere una maschera sul viso per nasconderne le cicatrici.

I luoghi della storia sono gli inquietanti e silenziosi interni della fortezza di Castel del Monte e gli esterni luminosi della campagna delle Murge. Un segnale di contrasto tra gli austeri luoghi di conservazione del sapere e gli spazi aperti dove poter applicare e condividere le conoscenze. Nejib mostra una linea esile ma molto precisa, subordinata alla trasmissione di sensazioni al lettore: certe tavole parlano tramite la sola mimica facciale e riportano alla mente l’espressionismo tedesco.

I colori di Stupor Mundi vengono sapientemente utilizzati per diversificare la narrazione. L’autore predilige i colori ocra e toni di marrone soprattutto negli interni cupi, creando un’atmosfera tenue e ovattata. Usa invece verdi e azzurri più accesi per gli esterni, conferendo alle tavole un carattere più arioso. Ottima la scelta di raffigurare personaggi e oggetti in modo monocromatico, lasciando ai neri dell’inchiostro il compito di tratteggiare espressioni e dettagli.

La lettura di Stupor Mundi scivola leggera come una piuma, nonostante il tema sia pesante come una roccia. Tra dialoghi essenziali, silenzi espressivi e personaggi divorati da drammi interiori, che rendono l’opera una delle migliori letture che ho fatto negli ultimi mesi.

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