La giusta ingiustizia del Punitore
Tutti sappiamo come appare il Punitore. Frank Castle, una figura imponente, uno sguardo che vacilla tra l’ira perpetua e la depressione.
L’anti-eroe Marvel per eccellenza. Ma come mai il Punitore si comporta in quel modo?
Cosa spinge un fumettista a creare un personaggio così violento, complicato e ambiguo?
Perchè Frank Castle è amato dai lettori e come mai è diventato il fenomeno popolare che tutti conosciamo?
A queste domande non è facile dare una risposta, ma ci ho provato comunque.
Born
Non è un caso che il Punitore abbia raggiunto la sua massima popolarità tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90.
I gusti del pubblico stavano cambiando, perché la realtà stava cambiando.
Se il mondo stava diventando sempre più caotico, violento e veloce, i fumetti, che da sempre ne sono uno specchio, dovevano per forza tenerne conto e adeguarsi.
Basta dunque con i classici supereroi buoni e perfetti, il cui messaggio di giustizia risultava essere spesso utopistico e ridicolo. Via libera invece a vigilanti oscuri, violenti, tortuosi, ai limiti della psicosi, che rappresentassero un’attualità che puntava ad un domani sempre più incerto e mutevole nel qual non v’eran’ certezze (parafrasando il Magnifico).
L’anti-eroe degli anni ’90 non ha più un suo rassicurante codice d’ onore, vede il mondo attraverso una lenta distorta, segue le regole che lui stesso si è dato, talvolta non esita a togliere una vita, sopratutto ha obiettivi ma raramente ideali.
Esempio lampante di tali differenze si può trovare nel doppio confronto Superman-Lex Luthor e Batman-Joker.
Il primo è facilmente codificabile: c’e’ il buono che si oppone al cattivo; per il secondo il discorso si complica: due psicotici e paranoici possono essere etichettati buoni o cattivi? O sono semplicemente il prodotto delle loro ossessioni e quindi vittime?
Alla luce di ciò non deve più stupire che in quegli anni proliferassero nuove testate ad alto tasso di violenza, come il Punitore.
Addirittura la DC Comics fece esordire un mensile dal poco rassicurante titolo The Butcher (Il macellaio, per i non anglofili).
Il Punitore viene descritto come ossessionato da una vendetta causata da un profondissimo senso di rabbia per l’ingiustizia subita e, a detta di Garth Ennis, a causa di ciò il Punitore riesca a vedere il mondo solamente in bianco o nero. Conway stesso lo ha definito come: «Un enorme test di Rorschach».
Roots
Il Punitore nasce nel Queens, a New York, con il nome di Francis Castiglione (Frank Castle) da una coppia di italo-americani di origini siciliane, l’operaio Mario Lorenzo Castiglione e sua moglie Louisa.
Il piccolo Frank cresce in un ambiente di povertà quasi assoluta e col tempo decide di arruolarsi, viene spedito in Vietnam dove viene insignito del grado di capitano e messo a capo di un’unità per le operazioni speciali, prendendo parte a numerosi combattimenti e risultando l’unico sopravvissuto di entrambe le fazioni.
Nel ’71 all’accampamento di Valley Forge gli vengono inoltre conferite la Medal of Honor, la Navy Cross, tre Silver Star, tre Bronze Star Medal, quattro Purple Heart e la Medaglia presidenziale della libertà per l’eroismo dimostrato.
Terminata la sua seconda spedizione in Vietnam, viene rimandato negli Stati Uniti ricongiungendosi a moglie e figlia, ma il desiderio di tornare a combattere è tanto forte da spingerlo a farsi cambiare legalmente nome all’anagrafe e arruolarsi nuovamente con l’identità fittizia di “Frank Castle”, riuscendo così a svolgere un totale di 4 anni in servizio di guerra prima della nascita del suo secondogenito, Frank Jr.
Durante una giornata di congedo, Castle porta moglie e figli a fare un pic-nic a Central Park dove, tuttavia, la famiglia assiste a un sanguinario regolamento di conti tra clan rivali. Per evitare testimoni, i gangster ordinano ai loro uomini di assassinare anche la famiglia di Castle, il quale sopravvive a numerosi colpi d’arma da fuoco.
Profondamente traumatizzato dalla morte dei suoi cari, nel momento in cui gli viene rifiutata la possibilità di testimoniare in tribunale a causa della profonda corruzione nel dipartimento di polizia di New York, Frank decide di abbandonare il servizio nei Marine e voltare le spalle alla società.
Spinto da un profondo senso di giustizia non pervenuta e imbracciando l’araldo della punizione, dopo aver assassinato con la più totale lucidità ed efficienza tutti i colpevoli della morte della sua famiglia, decide di dedicare il resto della sua vita a punire con ogni mezzo necessario qualsiasi organizzazione criminale del mondo, dalle bande di moto-teppisti alla triade cinese.
Nel tempo, Frank Castle diviene noto e temuto col nome di Punisher (Punitore, appunto), portando avanti la sua incessante guerra personale contro qualsiasi criminale del mondo, con un debole per le ingiustizie. Per farlo, sfrutta le sue fenomenali competenze militari, di guerriglia, di tattiche stealth e survival, adottando regolarmente metodi ben poco ortodossi quali l’omicidio, il rapimento, la tortura e ogni tipo di arma convenzionale.
Bentornato Frank
A cavallo tra gli anni ’80 e ’90, come detto, il Punitore conobbe il suo momento di massimo splendore, suscitando nei lettori un senso di rivalsa gloriosa, seppur con la forma di una strada lastricata di cadaveri.
Strada che poi decisero di intraprendere molti alti fumettisti creando anch’essi una serie di eroi con enormi controversie e psicologicamente instabili.
Ma la prima comparsa del Punitore risale al febbraio ’74 sul 129esimo numero della serie di Spider Man, prima come nemico e poi come alleato di Peter Parker.
Nel mirino del Punitore riscosse un grande e inaspettato successo tra i lettori, e la Marvel decise di continuare a fare apparire Frank nelle vesti di comprimario in numerose storie di Spiderman e Capitan America, fino a diventare nei primi anni ’80 una presenza ricorrente nel ciclo di DareDevil di Frank Miller.
Tale popolarità spinse la Marvel a prendere in considerazione l’idea di dedicare al Punitore una testata autonoma sondando preventivamente il terreno con una miniserie in 5 albi (The Punisher – 1986), che riscosse un clamoroso successo commerciale venendo immediatamente seguita da una serie regolare.
Esaurito l’entusiasmo iniziale e terminate tutte tre le testate dedicategli, il Punitore divenne protagonista di una serie di scarso successo al termine della quale viene giustiziato sulla sedia elettrica (MAH!).
Nel 2000 la Marvel tentò un esperimento, affidando a Garth Ennis e Steve Dillon il rilancio del personaggio. La nuova serie ricca di umorismo nero, gore e violenza fece poltiglia del concetto di Punitore del passato, riscuotendo un tale successo di pubblico e critica da far sì che Ennis venisse successivamente ingaggiato per la realizzazione di una nuova serie regolare, durata 37 numeri e seguita da una testata riservata a un pubblico adulto per la durata di 75 numeri.
Albi che tutt’ora continuano ad intrattenere, stupire e affascinare.
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