Dark Reign – Là dove osò solo Bendis


osborn5Lo abbiamo già scritto l’ultima volta: ci sono saghe che non saranno certo ricordate per il loro essere particolarmente attraenti in termini di stile grafico o narrativo, o per i temi rivoluzionari della sceneggiatura. Alcune restano però nel cuore per capacità di tenere in lettore incollato alle pagine, che in fondo è quello per cui i fumetti sono nati, grazie a una prosa che in qualche modo inesplicabile lo coinvolge. Ecco, Dark Reign è uno di questi casi.

 

Brian Bendis, a beautiful mind

Prima di descrivere Dark Reign è necessario partire dalla mente che l’ha partorito, ovvero Brian Micheal Bendis. Quarantotto anni, nativo di una città come Cleveland, Ohio, florida di talenti artistici ma che sembra patire la prossimità della “second city” (Chicago), per chi scrive BMB è né più né meno il miglior fumettista della storia. Ora, forse a questo punto qualcuno ha lasciato disgustato questo articolo, considerando la mia alla pari di una bestemmia. Per chi è rimasto, grazie, prometto che non vi pentirete della scelta.

Rispondo alla domanda che gira nelle vostre teste in questo momento: ma scusa, Moore dove lo metti? Risposta: al suo posto, cioè tra i più grandi ma non il più grande. Lo è stato, senza dubbio, ma prima che la generazione successiva alla sua partorisse geni quali Warren Ellis, Mark Millar, e appunto Brian Bendis. “Ma come” direte “Moore con Watchmen ha aperto la strada è stato rivoluzionario, ha decostruito il mito degli eroi in costume!”. Sì, no, forse. Perché se effettivamente la graphic novel dell’autore britannico è una pietra miliare del mondo a nuvolette, bisogna anche ricordare che questa è conseguenza, e non causa, di un movimento di pensiero che attorno alla metà degli anni ’80 stava modificando la concezione dei supereroi, che non ci fu solo lui ma anche Frank Miller (Il Ritorno del Cavaliere Oscuro) e Mark Gruenwald (Lo Squadrone Supremo), segno che l’aria che spirava al tempo andava tutta in una certa direzione. Senza soffermarci sui difettucci che autori più importanti di chi scrive hanno sottolineato in Watchmen, possiamo quindi affermare che la generazione di BMB ha fatto propria quella lezione.

La decostruzione del mito del supereroe, la perdita dell’innocenza, l’attinenza (per quanto possibile) con la realtà anche attuale e dare il sempre più importanza all’aspetto umano sono state quindi le tematiche che hanno contrassegnato le grandi opere fumettistiche dell’ultima parte dello scorso secolo e l’inizio di quello attuale. Batman:Year One, The Authority, Kingdom Come sul fronte DC (la seconda prodotta dall’etichetta Wildstorm), Marvels, Ultimates, Supreme powers e Civil War su quello della Casa delle Idee e Powers per la Image sono solo alcuni dei titoli che hanno imparato la lezione dei Moore e dei Miller e l’anno migliorata, perfezionata, portata più lontano. Sostenere che Watchmen sia ancora la migliore è un po’un luogo comune (quanti altri lettori ho perso ora?), e il problema dei luoghi comuni è che sono verità che si accettano, si soppesano e poi pian piano nel corso del tempo si sedimentano senza tenere conto delle evoluzioni, dei cambiamenti, che, al contrario, in un ambito sociale e “umanistico” quale è il fumetto sono cruciali. Senza che questo sembri un delitto di lesa maestà, ribadiamo: se l’opera in sé resta di valore in quanto rappresentante più importante di un filone di pensiero, la sua tematica è stata però successivamente sviluppata e migliorata. E qui torniamo a Dark Reign.

 

Il mio regno (oscuro) per un folletto

Forse nemmeno Moore avrebbe pensato che avrebbe letterariamente “figliato” così bene, ma fatto sta che Bendis tra inizio 2009 e metà 2010 ha osato toccare vette a cui nemmeno il Bardo di Northampton aveva osato innalzarsi: ha dato il potere a un supercattivo. E non a un villain qualsiasi, ma a Norman Osborn, il primo Goblin, quello che aveva dato il primo vero shock ai lettori uccidendo un personaggio fondamentale, quella Gwen Stacy che fu il primo amore di Peter Parker, e la cui morte è stata citata successivamente in più storie, per dire dello scalpore che ha destato anche all’interno della Terra – 616.

Osborn dunque, uno psicopatico fortunato: considerato ristabilito dagli psichiatri, a cui Tony Stark durante la Guerra Civile dei Supereroi ha affidato il progetto Thunderbolts, che prevedeva una task force di supercriminali utilizzati per dare la caccia ai giustizieri non registrati. Durante la guerra contro gli Skrull, Normie è al posto giusto al momento giusto: spara alla regina degli alieni e viene considerato il salvatore dell’umanità. E mentre Tony Stark, per non aver saputo contrastare l’infiltrazione di cui fino a un certo punto non si era neanche accorto, viene sfiduciato e destituito di quei poteri che gli erano stati concessi dopo Stamford. Al suo posto il presidente degli USA (lontanamente mostrato come di colore, a ricordare il legame che la Marvel cerca sempre di stabilire con l’attualità) sceglie appunto Norman Osborn.

2831985-thor__600___page_25I provvedimenti del nuovo venuto non vanno tanto per il sottile: prima forma la Cabala con noti signori del male come Loki (appena reincarnato in versione donna), Victor Von Doom, Parker Robbins e con personalità ambigue come Namor ed Emma Frost. In seguito nell’ordine chiude lo S.H.I.E.L.D. e fonda l’H.A.M.M.E.R., si impadronisce della tecnologia Stark ribattezzandosi Iron Patriot, e poi forma la sua squadra di Vendicatori di fiducia, che vede i criminali Daken, Noh – Varr, Venom, Moonstone e Bullseye e gli conferisce rispettivamente il ruolo di Wolverine ( in quanto figlio dell’originale), Capitan Marvel, Spider – man, Miss Marvel e Occhio di Falco. Arruola anche Sentry, potentissimo ma affetto da schizofrenia e doppia personalità, e Ares, Dio della Guerra. Ma gli altri vendicatori? Beh, quelli sono persone sgradite a cui dà la caccia nel tempo libero quando non impegnato a ristabilire l’ordine con il pugno di ferro, usato sia contro di loro che contro i mutanti nella vicenda che poi porterà i Figli dell’Atomo a installarsi nell’isola che chiameranno Utopia, dichiarandola zona franca dove tutti quella della loro razza non saranno costretti a subire persecuzioni. E durante il tentativo di riportare in vita Steve Rogers, lui stringe un patto per permettere al Teschio Rosso di prendere il controllo del corpo della Leggenda Vivente allo scopo di avere un Capitan America alle proprie dipendenza da schierare tra i suoi vendicatori. Persegue Tony Stark, Daredevil, il Punitore, Hulk – Banner, Nick Fury e ovviamente Spider – man. Il tutto con il beneplacito delle autorità.

Fin qui direte “Beh, nulla di straordinario, Lex Luthor non molti era diventato Presidente degli Stati Uniti a un certo punto, e Miller e Moore avevano fatto fare e dire cose ben peggiori alle proprie autorità più alte”. Sì, è vero, ma qui è diverso. Perché Normie non è la decisione di una popolazione facilmente ingannabile, ma viene messo lì da persone che (teoricamente) dovrebbero essere competenti in materia di sicurezza nazionale e che sono perfettamente al corrente del suo passato, dei suoi problemi mentali (che ogni tanto rifanno capolino, sottolineando l’irresponsabile scelta del parlamento USA). Ma soprattutto, ciò che rende Dark Reign un filone da leggere assolutamente malgrado non sia uno story arc unico ma la summa di molte storie raccolte nel periodo, è l’assoluta verosimiglianza del personaggio di Osborn con i politici del mondo reale.

Politicamente interventista, convinto assertore del fine che giustifica i mezzi, deciso nel risolvere in modo ferreo e fulmineo i problemi che via via gli si creano, attento all’aspetto mediatico e all’opinione pubblica, l’ex – Goblin ricopre la sua carica in maniera lucida e ragionata (salvo qualche rara eccezione più privata che pubblica). È abile psicologo nel portare dalla sua parte un Sentry che soffre dei medesimi problemi che aveva lui (una oscura seconda personalità) e nel motivare tutti quelli di cui si circonda per farli fare quello che vuole. E il realismo del personaggio si nota anche nella rappresentazione che ne offre l’esperto Mike Deodato Jr. con i riconoscibilissimi tratti dell’attore Tommy Lee Jones.

E anche se la necessità di un inevitabile ritorno allo status quo, con la serie Assedio, ne offusca e ne annacqua queste peculiarità, il monito di Bendis sembra duplice: lontano dalla fantapolitica di Moore e Miller, l’autore di Cleveland sembra voler da una parte sensibilizzare sul tema del senso di  responsabilità che deve avere chi è al potere, e allo stesso tempo pare avvertire le persone comuni che è sempre necessario informarsi su chi comanda, e non fermarsi alla superficie ma approfondire sempre e stare attenti a cosa succede intorno. Perché i Norman Osborn, purtroppo, sono ispirati dal mondo reale.

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