Appunti di un quarantenne cinefilo – Un viaggio con la memoria in cui rivedersi


Il 14 marzo ho compiuto 40 anni. Per quanto rileggere la frase precedente mi sconvolga, devo prendere atto di aver già passato un tempo considerevole in questo mondo.

Posso ricordare molte cose e persone che purtroppo non ci sono più, e posso viaggiare magicamente nel tempo che ho già vissuto grazie alla musica e ai film. Questi due elementi rendono la situazione complessiva più facile da tollerare.

Per me poi, sono soprattutto i film a rappresentare un’ottima ragione per vivere.

Pochi schermi, tanti sogni

Ho iniziato la mia storia d’amore col grande schermo nei cinema di periferia, con le poltroncine di legno e velluto rosso. Poi, quando ero adolescente, hanno aperto i multisala, portando con loro un’ampia scelta di pellicole e la puzza dei popcorn riscaldati!

Nel mezzo però c’è stata la scoperta della comodità (che oggi tutti diamo per scontata) di poter guardare un film ogni volta che vogliamo. Un bel giorno di metà anni Ottanta, il mio papà collega un nuovo apparecchio al televisore e apre la copertina di uno strano libro in plastica nera. Solo che non è un libro: quella scatola contiene una cosa che imparerò a chiamare “videocassetta”, o vhs, il mio primo supporto per accedere alla magia dei cartoni animati in ogni istante. Mia madre dice che non pranzavo mai senza guardare qualche scena di Dumbo – che bambino strano!

La videocassetta di Dumbo del 1985, analizzata dai mitici autori di Disney Tapes and more

La videocassetta di Dumbo del 1985, analizzata dai mitici autori di Disney: Tapes and more (Credits: Disney: Tapes and more)

Il mio primo incontro con i sogni animati sul grande schermo dev’essere stato La sirenetta, visto in un cinema di quartiere ormai scomparso con i compagni di classe delle elementari. Ho anche alcuni ricordi legati alla riedizione di Biancaneve e i sette nani, che probabilmente mi aveva fatto paura.

Creature fantastiche e dove ricrearle

Durante una serata piovosissima, in cui il radiatore della Bmw bianca aveva deciso di fare i capricci, mia mamma ed io aspettiamo papà nell’atrio di un cinema di centro città, e io che ho sei anni sto fremendo dall’idea di entrare per guardare Alla ricerca della valle incantata. Il cartone animato di Don Bluth su una banda di cuccioli di dinosauro senza le loro famiglie ha acceso in me l’amore per le “terribili lucertole” preistoriche. Una passione che avrà poi il suo culmine con l’uscita in sala, qualche anno dopo, del mio film preferito di sempre.

Jurassic Park di Steven Spielberg è il film che mi ha reso cinefilo, che mi ha aperto gli occhi alla magia che va oltre la realtà. Nel 1993 avevo dieci anni, e mia madre riteneva che la visione di violenza e il sangue sullo schermo non fossero adatti per un bambino. Ma mi ha portato comunque a vederlo – dovendo poi subire gli effetti della mia terribile “dinomania” per tutti gli anni a venire!

Quello che rende l’opera di Spielberg un capolavoro – non sono soltanto gli effetti speciali rivoluzionari, che reggono la prova del tempo ancora oggi – è il fatto che l’avventura nel parco dei dinosauri fuori controllo venga filtrata attraverso lo sguardo di un ragazzino della mia stessa età.

Il personaggio del piccolo Timmy – nipote del fondatore di Jurassic Park, che si caccia in ogni tipo di pericolo e incontro con le creature preistoriche, è infatti interpretato da Joseph Mazzello – classe 1983. Come me, insomma.

Com’è umano lei!

Ma la mia infanzia al cinema non è stata soltanto incentrata sui film di Hollywood, per i quali avrei sviluppato un’ossessione dalla preadolescenza in poi. Quando ero piccolo i miei genitori mi portavano a vedere molte commedie italiane: così sono cresciuto insieme alle gag sulle vessazioni di Fantozzi (con quell’ironia così ligure) e alla comicità un po’ esistenziale di Carlo Verdone.

Una vhs che forse non esiste davvero. Almeno, lo crediamo!

Una vhs che forse non esiste davvero. Almeno, lo crediamo! (Credits: Anthony su Pexels)

Se mio nonno amava i film western e spaghetti-western – che però erano generi che si erano esauriti negli anni Settanta, e che quindi poteva trovare soltanto in tv – mio papà amava ridere e rilassarsi con qualche film comico. Ma aveva comunque voglia di assecondare la mia passione nascente, accompagnandomi a guardare la megaproduzione americana del momento.

Ricordo una sera in sua compagnia, appena usciti dalla visione di Hannibal – il sequel di Il silenzio degli innocenti con Anthony Hopkins – in cui ero rimasto impressionato dalla scena in cui il protagonista mangia il cervello di una sua vittima viva.

Ma non volevo confessarglielo e ho rischiato di star male davanti a un piatto di ottima farinata!

Di astronavi e transatlantici

Ho incontrato Star Wars che ancora si chiamava Guerre stellari, era un fenomeno di nicchia, da conoscere soltanto tramite le videocassette. Questo perché l’ultimo film della trilogia era uscito l’anno in cui son nato io. Nella seconda metà degli anni Novanta poi, l’annuncio: il regista George Lucas avrebbe girato nuovi capitoli della saga, ambientandoli prima della serie classica – facendoci scoprire così il concetto di prequel.

Quando è arrivato Episodio I – La minaccia fantasma avevo sedici anni, e nemmeno un prodotto mezzo malriuscito come quello avrebbe potuto spegnere il mio entusiasmo per nuove epiche spaziali da conoscere. Lo stesso nel 2015, quando Disney ha rotto le dighe del franchise spargendo Star Wars di continuo su ogni media. Sarò naif, ma non mi ha ancora stancato.

Leonardo DiCaprio e Kate Winslet in una scena del celebre film di James Cameron, Titanic

Leonardo DiCaprio e Kate Winslet in una scena del celebre film di James Cameron, Titanic (Credits: Fox)

Nel frattempo è uscito Titanic. Più che un film, un evento epocale. Nel 1998 ero alle superiori, in un liceo linguistico in cui la presenza femminile era il 90% degli alunni. Le mie 23 compagne di classe facevano a gara a chi andava a vederlo al cinema più volte, con punte folli di una dozzina di visioni nel giro di pochi mesi. Nel mio piccolo, tre volte al cinema più una in 3D in occasione della riedizione del 2012.

Più che la DiCaprio mania dilagante, di Titanic mi colpiva la perfetta ricostruzione tecnica di ogni dettaglio dello sfortunato transatlantico e del suo affondamento. Ovviamente anche la storia d’amore mi aveva appassionato, ma non quanto l’aspetto spettacolare e cinematografico della vicenda.

Quello che James Cameron ha saputo cogliere, fino a rendere un capolavoro immortale la sua messa in scena di una tragedia collettiva.

L’amore non è soltanto degli altri

Per il sottoscritto l’amore è arrivato tardi, come la piena comprensione del mio essere. Nel 2005 ero andato con un’amica al cinema a vedere un film che, uscito dalla sala, ricordo mi fosse piaciuto; ma nulla più. L’amica invece era rimasta colpita, aveva poi cominciato a confidarsi a lungo con me a proposito del suo amore per un’altra ragazza.

I segreti di Brokeback mountain parlava di due cowboy gay negli Stati Uniti rurali degli anni Cinquanta, eppure ha saputo liberare un’omosessuale dalla vergogna del non detto. E chissà quanti, insieme a lei. Io no: il mio senso di ragno non aveva ancora colto appieno il messaggio di una pellicola straniera che ci veniva a dire che – per quanto tormentato possa essere l’amore – non è un tabù amare una persona del proprio sesso.

Quando poi ho riguardato Brokeback mountain una seconda volta, a distanza di anni e con piena consapevolezza, mi sono commosso fino alle lacrime a fiumi per la rivelazione di una storia d’amore diversa da tutte, con la sua ruvidezza e tenerezza, che apre gli occhi agli spettatori. Proprio come ho potuto assistere in prima persona.

La vita nello strappo di un biglietto

Adesso che i capelli iniziano a colorarsi di grigio, prediligo le sale tranquille del centro città. Quelle che proiettano i film in lingua originale e senza intervallo. Ci vado volentieri anche da solo: è la mia fuga dalla realtà.

Le megaproduzioni mi incantano ancora, ma diffido un poco dei film con più marketing che anima. Quando mi siedo sulla poltroncina, però, ho sempre l’aspettativa di lasciarmi trasportare via lontano dalla storia a cui sto per assistere.

Di nuovi talenti visionari ce ne sono tanti, basti pensare al recente Everything everywhere all at once, e i grandi maestri sanno stupirci ancora, come ha dimostrato Spielberg con la sua celebrazione del cinema e della sua famiglia, in The Fabelmans.

A pensarci bene anche queste mie righe sono una lettera d’amore: alla settima arte, e a chi me l’ha fatta conoscere.

+ Non ci sono commenti

Aggiungi