
Bones and all – Amore e cannibalismo nel primo film Usa di Luca Guadagnino
La prima volta di Luca Guadagnino negli States verrà ricordata, anche e soprattutto per il coraggio di essersi immersi, da italiani, in un territorio inesplorato e ostico. Il suo Bones and all, infatti, indaga quella parte degli Stati Uniti che viene spesso narrata dal folklore e dalla letteratura come l’America profonda, nella cui pancia ribollono la violenza, la povertà e l’ignoranza.
Un’America raccontata da grandi scrittori come Cormac McCarthy in Meridiano di sangue, ma anche da grandi registi, come Oliver Stone in Natural born killers e cantautori come il Bruce Springsteen di Nebraska, soprattutto. Il film si muove attraverso Stati come l’Illinois, il Kentucky, il Nevada, solcati da strade infinite, che tratteggiano un paesaggio deserto ed immobile.
Una terra di cui Guadagnino, da buon siciliano, subisce l’inevitabile fascino delle contraddizioni.
Bones and all tra violenza e ricerca di se stessi
Non è un caso che i protagonisti (interpretati da Taylor Russell e Timothée Chalamet) siano soli, incompresi e anche poveri. Due giovani costretti a vivere come full-timer, ovvero persone che vivono stabilmente in abitazioni di fortuna. E che in questo caso sono anche violenti – non per volontà, ma per natura. Entrambi sono alla ricerca di una parte mancante – di un genitore che li ha abbandonati, ad esempio, o che sono stati costretti ad abbandonare.

Lee e Maren alle prese con la loro vita di giovani cannibali on the road (Credits: Mgm)
La storia di Maren e Lee è quella di un romanzo di formazione. Il viaggio, una volta lasciata casa, assume pertanto un significato catartico, come ricerca della propria identità e dei propri simili.
Sul cammino, i protagonisti si ritroveranno a confrontarsi con la loro personale natura, che è quella di giovani cannibali, incapaci di controllare i propri istinti primordiali.
L’eredità della perversione di mangiare altri esseri umani è qui rappresentata da una sorta di pulsione irrefrenabile, che spinge i due a cibarsi delle altre persone “fino all’osso” (bones and all, appunto). L’incontro tra i due rappresenta una sorta di pretesto narrativo per rivendicare la propria esistenza di diversi ed emarginati.
I cannibali da Hannibal Lecter a Maren e Lee
Quando era studente, Luca Guadagnino si laureò con una tesi sul regista Jonathan Demme, noto per aver diretto Il silenzio degli innocenti. È stato naturale, pertanto, associare i protagonisti al celebre Hannibal Lecter, psichiatra cannibale – nonché atipico consigliere nelle indagini svolte dal personaggio di Jodie Foster, Clarice.
Il tema principale di Il silenzio degli innocenti era l’ambivalenza vissuta dalla protagonista. Clarice, a contatto con l’omicida seriale, veniva investita da sentimenti contrastanti: la paura, il disgusto, ma anche l’incredibile fascino che il dottor Lecter sapeva emanare.
In quel caso, lo spettatore poteva empatizzare con Clarice, mantenendo la distinzione fondamentale tra il male causato dal cannibale e il bene perseguito dal difensore della legge.

Timothée Chalamet nei panni Lee, in una scena particolarmente sanguinosa (Credits: Mgm)
Dopo aver visto questo film, ben più inquietante e realista di quello di Demme, devo ammettere che è stato difficile entrare in empatia con i due protagonisti e con le loro vicende personali. Non c’è alcuna redenzione nella meta del loro viaggio: anzi, lo scopo è l’accettazione di una natura complessa e disgustosa come forma di reciproco sostegno e assistenza.
La storia d’amore e la giovane età attenuano di poco la paura e il fastidio per la loro condizione.
Bones and all e il punto di vista dei cannibali
Raccontando con lo sguardo dei carnefici, l’opera di Luca Guadagnino vuole forse trasmettere molto di più che un sentimento di ambivalenza tra il bene e il male.
Bones and all tratteggia la personalità multiforme e contraddittoria di due giovani adulti cannibali, senza accezione moralistica alcuna. Ma si costringe per forza lo spettatore a schierarsi moralmente. Giunti ai titoli di coda, ci si ritrova a chiedersi da quale parte stare.
Da un punto di vista strettamente personale, non so se apprezzerei rivedere questo film oppure se me ne allontanerei, come una sorta di brutta malattia. Forse il buon Guadagnino desiderava proprio suscitare questo tipo di disgusto e di paura, tipica del genere horror. Magari per farci ricadere nel confronto con i nostri antichi pregiudizi verso ciò che ci appare innaturale, perverso.
Un Mark Rylance (di nuovo) da Oscar
Da un punto di vista strettamente tecnico, non posso che evidenziare il lavoro svolto dagli attori di Bones and all. in particolare, mi soffermo sulla performance di Mark Rylance nei panni di Sully, personaggio tra i più inquietanti degli ultimi tempi. Un’interpretazione strepitosa, da Oscar. Bravissimi anche Taylor Russell e Timothée Chalamet – attore che ha la capacità, devo ammettere, di recitare ruoli di una complessità devastante, per la sua età.

Maren (Taylor Russell) incontra l’inquietante mentore Sully, interpretato da Mark Rylance (Credits: Mgm)
Splendide poi la colonna sonora di Trent Reznor e Atticus Ross e la regia di Luca Guadagnino, mentre una nota di demerito va alla sceneggiatura, piuttosto approssimativa e talvolta eccessivamente criptica. La stessa storia d’amore al centro della pellicola si svolge con una velocità un po’ disarmante, senza curarsi di approfondire gli sviluppi di un sentimento tanto profondo. Opera che invece era riuscita egregiamente in Chiamami col tuo nome.
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