Black Adam – Una caotica origin story con troppi personaggi


Sono passati quindici anni dalle prime notizie di un film su Black Adam condivise dall’attore che tanto aveva voluto il ruolo. Se pensiamo a qualcuno che incarni il personaggio classico dell’eroe muscolare senza paura, quello è Dwayne Johnson, alias The Rock.

Lo possiamo declinare in tutte le sue versioni più o meno serie, più o meno armate, più o meno sudate, ma sarà sempre e comunque The Rock. Con le sue magliette troppo strette per i muscoli esplosivi e il sopracciglio inarcato.

Black Adam ha troppi personaggi!

Sembra assurdo che in un film di origini come questo, in teoria tutto incentrato su Black Adam, ci sia un numero elevatissimo di comprimari e antagonisti. E invece è proprio così.

Nonostante lo star power assoluto di Dwayne Johnson, il film si concede di introdurre moltissimi comprimari.

Una Justice Society (la versione discount della Justice League), un paio di antagonisti con relativa organizzazione paramilitare e l’immancabile contorno di famiglia problematica – madre e figlio, che ovviamente guideranno la rivoluzione proletaria di quelli sprovvisti di superpoteri.

In mezzo a questa folla c’è “spazio” per flashback, colpi di scena telefonatissimi e una serie di amenità di scrittura tendente all’infinito.

Un esempio sono i personaggi che compaiono dal nulla, che non erano stati mai nominati in altri film e di cui ci dimenticheremo nell’istante stesso in cui ci alzeremo dalla poltroncina del cinema.

Ecco quindi che al risveglio del nostro “antieroe” gli viene schierato contro un gruppetto abbastanza scalcinato di super. Ragazzetti alla prima esperienza, antichi maghi semi-divini (un Pierce Brosnan con un espressione perennemente distratta di chi sta pensando all’assegno incassato) e testosteronici uomini-uccello – sembra una gag, ma non era voluta.

il Dottor Fate (Pierce Brosnan) pensa alla monnezza che ha fatto nella sua carriera

F4. Basito. Citazione – spero – NON per pochi. (Credits: Warner Bros)

“Antieroe” l’ho messo virgolettato perché il suo essere una figura negativa è limitata “all’ammazzare i mercenari cattivi prima di un regolare processo”.

“Fine del mondo con p***e in giramento!” (cit.)

Citazione di Ligabue che rimaneggiava la storica It’s the end of the world as we know it dei Rem e mi sento costretto a tirarli in ballo.

Nello specifico questa apocalisse ruota tutta attorno al più classico dei MacGuffin – il “motore” fisico o simbolico che in un film muove i personaggi. Una corona forgiata di un minerale misterioso è il potenziale tramite per l’Inferno in Terra. Tutti la bramano, tutti la inseguono, stop.

Peccato che il vero potenziale cinetico della storia – una rivolta di schiavi in un’epoca oscura – sia annichilito in noiosi (e superflui) flashback. Si poteva ambientare tutto 5000 anni fa e costruire una specie di Il gladiatore in salsa fantasy (also known as Conan il barbaro), invece si preferisce ambientare tutto ai giorni nostri. Soldati armati di (metaforiche) cerbottane contro semidei incontrastabili. Noia.

Le caotiche scene d’azione sono popolate di un insipido tripudio di effetti digitali che immola qualsiasi parvenza di epica all’altare dell’accumulo indiscriminato.

Invece che fare un fantasy che attinga a una mitologia di sangue, polvere e catene, Black Adam sceglie la più vendibile strada della modernità. Armi futuristiche, moto volanti e navicelle la fanno da padrone, di fatto reincanalando tutto lo sviluppo in situazioni che abbiamo già visto negli ultimi due decenni di cinecomic di ogni marchio.

Difficile quindi trovare degli spunti sorprendenti nell’ennesima riproposizione di scene già viste.

Black Adam appare come un frullato insapore

Certo: potremmo ricondurre al 90% dei cinecomic contemporanei le medesime critiche, ma il più grosso difetto del film è quello di essere dimenticabile.

Quasi nulla delle due ore di botte ed esplosioni resiste nella nostra memoria. I personaggi sembrano tutti riproposizioni già viste in altre pellicole e sicuramente non aiuta che in certi casi si vadano a riciclare anche le medesime soluzioni visive.

Che non ci sia poi un concreto senso del pericolo per i personaggi affossa quel poco di suspense che Black Adam faticosamente provava a costruire.

Si vola in giro per il globo, ma tutto è localizzato in un’unica città. Viene data enfasi a spostamenti che non sembrano aver ragione d’essere, visto che buona parte dei personaggi non sembra avere limiti di velocità e di distanza. Insomma, si perde un sacco di tempo e di ritmo.

Black Adam indeciso se lasciar cadere i suoi ostaggi

I grandi dubbi etici di Black Adam: “Signò, so ducento chili… Cheffaccio? Lascio?” (Credits: Warner Bros)

Sono tutti dettagli che in un film meno singhiozzante verrebbero fagocitati dal divertimento e trascurati, ma qui appaiono per quello che sono: pigre scelte di scrittura.

Non è un caso che nella categoria dei cinecomic quelli capace di brillare di più fossero quelli che avevano una scrittura per lo meno intrigante.

Black Adam non ha le spalle abbastanza larghe!

Sembra follia dire una cosa simile a uno come Dwayne Johnson – che di spalle sembra averne addirittura due file sovrapposte – eppure non si scappa!

La verità è che, per quanto The Rock ci metta il suo usuale armamentario di faccette e di presenza scenica, tutto svanisce quando ci si rende conto del dilagare del digitale. Avere un protagonista che passa dalla sua granitica presenza fisica (uno dei pochi in grado di portare una tutina aderente senza bisogno di imbottiture) a un agglomerato di poligoni digitali – di resa altalenante – è il chiodo definitivo su questa bara.

Dwayne Johnson (AKA The Rock) e il suo fisico scultoreo

I trapezi di The Rock hanno dei trapezi a loro volta. (Credits: Warner Bros)

Avessero avuto il coraggio necessario per narrare una storia di origini di stampo totalmente differente, forse oggi guarderemmo a questo Black Adam come a un nuovo Iron Man. Così non è, purtroppo.

E il risultato finale è sconfortante.

Conclusioni (con spoiler sulla scena midcredit)

Black Adam arranca e lo si nota molto presto. Se è vero che Dwayne Johnson prova a tenere il treno sui binari, è però palese che abbia pochissimo su cui lavorare.

Sconsolante che una delle scene più d’effetto sia a metà dei titoli di coda: la comparsata del Superman interpretato da Henry Cavill. Preludio a un incontro più approfondito tra i due super.

Possiamo provare a vedere questo gigantesco polpettone da 200 milioni di dollari come un trailer per qualcosa che ci riserverà il futuro, ma serve veramente tanta buona volontà. Per il sottoscritto è una bocciatura senza appello.

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