Bullet Train – L’action-comedy con Brad Pitt che vorrebbe essere un anime


Per tutta la prima metà, Bullet Train è indeciso sulla strada da prendere. Vorrebbe essere un po’ un Tarantino o un Rodriguez, vorrebbe essere una commedia di scambi di persona e caccia alla valigetta, vorrebbe essere sopra le righe come il cinema orientale – complice anche la sua ispirazione, ovvero un romanzo dello scrittore giapponese Kōtarō Isaka.

Prova a fare un po’ tutto, ma ha grossi problemi di ritmo e coerenza. Che sia sincopato di per sé non sarebbe un problema, che sia indeciso sulla direzione e sulle sue stesse volontà, invece, sì.

Capitano, mio capitano!

Per fortuna, Bullet Train ha un capitano.

Ha Brad Pitt, che lo aiuta a restare a galla e lo trascina fino alla seconda metà. Qui, finalmente liberatosi della maggior parte dei suoi stessi dubbi, Bullet Train può finalmente sconfinare nell’assurdo.

Brad Pitt e Aaron Taylor-Johnson combattono in Bullet Train

Una delle molteplici scene action. Gli attori fanno il possibile per metterci più grinta possibile (Credits: Sony)

Brad Pitt, in uno di quei suoi ruoli in cui interpreta un personaggio in bilico tra impacciato e professionista del suo settore, ha tutto il materiale per mettersi in spalla il progetto e traghettarlo verso il “successo”.

Virgolettato, beninteso, perché stiamo sempre parlando di azzeccare il tono per il genere di riferimento: l’action a impegno cerebrale pari a zero che dobbiamo solo “subire” ridendo di pancia.

“Io me la sbatto la cintura!” (Cit.)

In Balle Spaziali, parodia di Star Wars firmata Mel Brooks, Lord Casco pronunciava la frase un attimo prima di pentirsene amaramente. Ma nel caso di Bullet Train è proprio la “velocità smodata” la salvezza del film.

C’è un punto (più o meno scavallata la prima ora) in cui la pellicola ci esplicita inequivocabilmente che non si prenderà più sul serio.

Fino a quella scena erano già successe parecchie cose al limite del plausibile, ma Bullet Train teneva il piede in due scarpe. Da quel momento in avanti, il film può finalmente disinteressarsi della verosimiglianza e divertirsi per davvero.

E noi pubblico di conseguenza!

Bullet Train: anime nelle intenzioni, meno nella riuscita

Lungo tutta la sua durata, Bullet Train cerca di ricalcare lo stile estroso degli anime di matrice orientale. Sangue in abbondanza, prospettive estreme e distorte, scelte di regia arzigogolate e personaggi sì stereotipati, ma talmente estremi da fare il giro e diventare irresistibili.

L’impegno c’è e in certi casi forse esagerato, ma almeno cerca di restituire un’ambientazione alternativa rispetto agli standard del cinema action hollywoodiano.

La simpatica mascotte del (film) Bullet Train!

La simpatica mascotte del (film) Bullet Train! (Credits: Sony)

Se da una parte il meccanismo funziona, va detto che Bullet Train sembra sorprendentemente troppo lungo. Nonostante i suoi “modesti” 127 minuti di durata, arranca nel guadagnare velocità e perde un sacco di ritmo in flashback e lunghi monologhi – che vorrebbero essere pulp, ma sono spesso solo noiosetti e ridondanti.

Se quindi dagli anime saccheggia personaggi, ambientazioni e stili, è anche vero che non abbraccia mai per davvero lo spirito genuino che rende questa categoria così prolifica.

Bullet Train e il suo lato action

Non neghiamo comunque che Bullet Train resti un’action-comedy ben diretta da David Leitch.

Il regista di Atomica Bionda sfrutta bene gli spazi angusti delle carrozze del treno e si gioca praticamente tutti i suoi combattimenti su quell’improvvisazione di movimenti e coreografie tipiche del cinema orientale.

Il personaggio interpretato da Aaron Taylor-Johnson prende un treno... al volo!

Il personaggio interpretato da Aaron Taylor-Johnson prende un treno… al volo! (Credits: Sony)

Ecco: magari si nota che la maggior parte degli attori non siano al livello di stuntman e artisti marziali professionisti e la regia punti molto sui dettagli e il montaggio serratissimo, ma alla fine l’effetto regge.

Criminale invece avere nel cast due assoluti professionisti delle arti marziali cinematografiche come Hiroyuki Sanada e Andrew Koji e sfruttarli a un millesimo delle loro potenzialità. Nel calderone di protagonisti ed eventi era effettivamente difficile dare spazio a tutti. Speriamo in uno spin-off tutto incentrato sul loro rapporto padre-figlio.

Conclusioni

Nel panorama dei blockbuster action, Bullet Train si crea una nicchia particolare data dalla fusione di generi diversi. Il classico whodunit – il genere giallo per antonomasia con molteplici indiziati e colpi di scena – viene fuso col cinema di onore e sangue tipico orientale e con la caciarona vena comica appannaggio dell’action Made in Usa.

Il risultato avrebbe beneficiato maggiormente di una ventina di minuti in meno: sarebbe stata proprio una corsa forsennata verso il (mirabile) showdown finale. Resta comunque un piacevole passatempo, se non si hanno troppe pretese.

Azzeccato il cast trainato da Brad Pitt e azzeccati i toni, resta solo un vago amaro in bocca per alcuni passaggi che potevano essere più stringati. Non proprio una promozione completa, ed è assolutamente richiesto approcciarvisi con il giusto atteggiamento mentale. Con queste premesse, tuttavia, alla fine ci si alza soddisfatti e divertiti.

Vi lasciamo con un link a un backstage (in inglese. E occhio agli spoiler!)

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