A league of their own – Una serie che parla anche di baseball femminile (con un titolo italiano problematico)


A league of their own è una serie di (e con) Abbi Jacobson, disponibile su Amazon Prime video da ormai un mesetto.

È la storia della prima lega statunitense di baseball professionistico giocato da donne – da qui il titolo della serie A league of their own (“Una lega tutta loro”), con il sottotesto del giocare su altro piano, a un livello mai visto prima.

Nell’adattamento italiano diventa Ragazze vincenti – La serie, senza paura di incorrere in facili paternalismi. O, meglio: non avendo proprio cura e idea di cosa potrebbe essere e apparire paternalistico.

Ragazze vincenti – La serie: un adattamento problematico

Se il titolo della serie vi suona come qualcosa di già sentito, è perché lo è. L’infelice scelta del titolo Ragazze vincenti – La serie è per reiterare il nome appioppato al film del 1992 di Penny Marshall: Ragazze vincenti.

A league of their own (1992), conosciuto anche come il film sul baseball con Madonna. E in cui c’è anche Tom Hanks (

A league of their own (1992), conosciuto anche come il film sul baseball con Madonna. E in cui c’è anche Tom Hanks (Credits: Columbia pictures)

Nella versione statunitense è sempre A league of their own, da cui la volontà di mantenere l’omonimia nella traduzione italiana; nonostante la sua problematicità, che a distanza di trent’anni dall’uscita della pellicola, nel 2022 diventa ancora più ridondante.

Quella particolare propensione delle testate giornalistiche italiane e dei titolisti di trattare lo sport professionistico femminile come un hobby, un extra, un diletto che una giovane donna pratica prima di dedicarsi pienamente al suo “vero” ruolo all’interno della società. Da qui l’infantilizzazione dello sport agonistico femminile, l’immagine subconscia di bambine che giocano a fare quello che i grandi atleti fanno di professione.

Solitamente al termine ragazze per definire queste atlete viene aggiunto il possessivo nostre. Si sottolinea così la subordinazione a un maschile che indugia nel farle divertire nel suo campo di esperienza, nella consapevolezza che di lì a poco torneranno a casa, al loro vero ambito “professionale”.

A league of their own: 1992 vs. 2022

A league of their own parla di queste problematicità, dell’essere credibili come atlete professioniste, dell’essere prese sul serio, in mondo dominato dalla presenza maschile. La serie riprende la storia messa in piedi dal film del 1992 e la amplia, la rende più complessa, aggiunge nuove sfumature.

La narrazione è incentrata sulla nascita del campionato di baseball femminile, nato dalla necessità di avere “lo sport più amato d’America” anche in tempo di guerra. La All-American Girls Professional Baseball League fu messa in piedi nel 1943 proprio per tale scopo: con gli uomini al fronte, l’unica soluzione per avere il baseball ancora negli stadi era far giocare le donne a livello professionale.

Così come era avvenuto con le fabbriche e il mondo lavorativo in generale, si aprivano nuovi spazi nella vita pubblica dell’universo femminile, fino allora estremamente relegato alla vita domestica.

Baseball intersezionale

La serie tv del 2022 si muove da questo nucleo narrativo per ampliare il suo discorso e aggiungere ulteriori prospettive. Alla storia delle Peaches, la squadra di cui si raccontano le protagoniste e il loro vissuto, s’interseca quella di Max e la sua migliore amica Clance. Donne nere segregate a vivere le loro esperienze in maniera totalmente diversa rispetto alle nuove libertà che le donne bianche stanno lentamente acquisendo.

A league of their own la serie

A league of their own la serie (Credits: Amazon Prime video)

Questa intersezionalità dei temi trattati in A league of their own è rappresentata molto bene con la ricchezza di visioni che vive all’interno delle diverse singolarità che compongono le Peaches e il mondo che circonda l’esistenza di Max e Clance.

L’esempio di A league of their own

C’è un ottimo esempio di questo operare per diverse prospettive, mettendole sullo stesso piano narrativo. Si tratta di quello all’interno del sesto episodio, con al centro la pellicola Il mago di Oz, molto significativo delle diverse interpretazioni e significati che acquisisce.

Per Max e Clance la visione del film porta alla consapevolezza di vivere all’interno di un sistema che le sfrutta e le antagonizza, facendole divenire le streghe dalla pelle verde. Dorothy è il simbolo della cultura colonialista bianca che arriva come forza distruttrice e presunta superiorità a dare dettami.

Per alcune delle giocatrici delle Peaches, le scarpette rosse di Dorothy diventano un’icona con la quale identificarsi. Battendo tre volte i tacchi ci si ritrova nel fantastico mondo di Oz: il gay bar segreto, al quale si ha accesso solo se all’entrata ci si dichiara amici di Dorothy.

A league of their own e gli anni Quaranta

A league of their own è una serie queer, femminista, antirazzista.

Una scena delle serie tv prodotta da Amazon Prime

Una scena delle serie tv prodotta da Amazon Prime (Credits: Amazon Prime video)

Una serie che racconta cosa poteva essere vivere negli anni Quaranta come donna nera lesbica o da non contadina dell’Idaho bisessuale. O, ancora, essere non binary, com’era essere butch in un mondo che vendeva un’unica immagine di femminilità, o ancora essere madri e voler giocare a baseball.

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