Il signore delle formiche – Gianni Amelio racconta il processo all’amore omosessuale


Il signore delle formiche di Gianni Amelio, recentemente presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia è un film coraggioso, uno di quelli che in passato sarebbe stato definito “di denuncia”.

E per il suo impegno sociale sarebbe potuto benissimo uscire negli anni Settanta.

Di cosa parla Il signore delle formiche

Il signore delle formiche parla di una vicenda realmente accaduta: un brutto caso di ingiustizia giudiziaria iniziato nel 1968 e che pesa ancora sulla coscienza della Repubblica italiana, sebbene le generazioni recenti non ne conoscessero l’esistenza. Fortunatamente esistono autori concreti e audaci come Gianni Amelio (Così ridevano, Le chiavi di casa, Hammamet), che sanno rimediare alle colpevoli mancanze dei libri di storia.

Il protagonista è il professor Aldo Braibanti. Il suo è stato l’unico processo per il reato di plagio mai avvenuto.

Luigi Lo Cascio in una scena de Il signore delle formiche

Luigi Lo Cascio interpreta Aldo Braibanti durante il processo (Credits: 01 Distribution)

Tale reato è stato poi dichiarato incostituzionale ed eliminato pochi anni dopo. Ma intanto Braibanti è stato condannato a nove anni di reclusione – il massimo della pena – ridotti poi a sei in appello, dei quali ne ha infine scontati due.

Ma il plagio, ovvero l’assoggettamento mentale e fisico di uno o più individui, è un’accusa ridicola e puramente di facciata. Quella che è stata in realtà messa a processo allora è stata l’omosessualità.

Aldo Braibanti: un caso tra omofobia, politica e malagiustizia

Aldo Braibanti infatti viveva una storia d’amore con un ragazzo molto più giovane ma ampiamente maggiorenne.

L’uomo è stato vittima di pregiudizio dai suoi contemporanei e ancor peggio dalla giustizia. Prima di tutto perché omosessuale e in seconda battuta perché intellettuale, comunista, ex partigiano, poeta e drammaturgo. Era insomma un uomo libero. E per questo scomodo.

E chi gli voleva male, chi viveva nei pregiudizi e nel bigottismo annidato delle istituzioni, ha trovato il modo più facile e insieme più terribile di infangarlo e di rovinarlo.

Chi ha pagato un prezzo anche peggiore è stato il compagno di Aldo: strappato all’amore, tradito dalla madre e dal fratello che non volevano accettarne la diversità, che lo hanno fatto richiudere in manicomio e sottoposto all’elettroshock. Il giovane si è poi emancipato dai suoi aguzzini di famiglia, ma ha portato addosso i segni della vergogna per il resto della sua vita ormai spezzata.

Ricostruzione della memoria e monito al presente

Partiamo dall’ultima immagine di Il signore delle formiche. I protagonisti si sono appena salutati, per un’ultima volta, in aperta campagna e un ragazzo triste rimane solo mentre inizia a piovere. La composizione dell’inquadratura ricorda con forza la scena finale di Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, in una sorta di omaggio al film che – oltre ai numerosi meriti artistici – ha quello di aver definitivamente rotto il tabù delle storie d’amore gay in Italia.

Quello raccontato dal film di Gianni Amelio però è un amore tragico, vittima di un’ingiustizia che vista rappresentata sullo schermo fa male (male fisicamente) specialmente se lo spettatore sa che in altri tempi quella ferocia avrebbe potuto essere rivolta anche a lui o a lei.

Il poster del film

La locandina del film Il signore delle formiche (Credits: 01 Distibution)

È un film che parla di una vicenda degli anni Sessanta, certo. Ma non a caso ne parla all’Italia di oggi e al clima politico-sociale che si vive in questo particolare momento. E lo fa con uno sfuggente primissimo piano a Emma Bonino, come a sottolineare che esiste un controcanto, un incessante impegno nella lotta all’ingiustizia di Stato.

L’autore fa dire ai suoi protagonisti parole molto dure sul nostro Paese. Lo fa rivolgendo uno sguardo al presente, in Italia l’omofobia e la mentalità retrograda non sono mai state eradicate. E potrebbero anche tornare predominanti se la società smettesse di sorvegliare i diritti che le legislature hanno scelto di non tutelare fino in fondo.

O peggio: sostenere quelle che potrebbero negarli apertamente, in una specie di acclamata involuzione.

Personaggi e interpreti di Il signore delle formiche

I protagonisti del film sono due superlativi Luigi Lo Cascio e Elio Germano, rispettivamente nei panni di Aldo Braibanti e del giornalista Ennio Scribani, divenuto suo confidente. Un duo contorniato da un sorprendente cast di attori e attrici esordienti. In particolare Leonardo Maltese nei panni di Ettore, il compagno di Aldo, in un’interpretazione magari non impeccabile, ma intensissima nel rappresentare l’innocenza sfigurata.

Quello del protagonista Braibanti non è un personaggio facile. Lo Cascio è bravo a non renderlo simpatico. Anzi: sulle prime lo tratteggia come schivo e arrogante, con un atteggiamento di superiorità che all’inizio lo porta a non volersi difendere in tribunale. Ad aiutarlo a riflettere e a venir fuori – anche nei confronti del pubblico – è proprio l’intervento del personaggio di Elio Germano.

Elio Germano interpreta il giornalista Ennio Scribani ne il signore delle formiche

Elio Germano interpreta il giornalista Ennio Scribani, personaggio di fantasia che rappresenta il punto di vista dell’autore (Credits: 01 Distribution)

Una nota a parte sulla estremamente commovente e realistica visione della madre di Braibanti: una povera vecchietta sola, che non smette mai di parteggiare per il proprio figlio, contrapposta al ruolo puramente macchiettistico della madre della “vittima” di plagio, una donna perfida e accecata dal bigottismo.

Infatti la scena della sua deposizione in aula è talmente carica di assurdità che strappa una risata involontaria al pubblico in sala.

Un punto di vista inequivocabile

Scribani è un personaggio di fantasia, un cronista de L’Unità brusco e col cappello sempre in testa, che ricorda un giovane Walter Matthau. Un po’ narratore, un po’ spettatore e un po’ parte in causa. Nell’intuizione del regista, è l’approccio migliore che ci si potesse aspettare a questa vicenda, proprio per il giusto equilibrio tra distacco e coinvolgimento.

Grazie all’espediente narrativo offerto dal suo personaggio, Gianni Amelio può evocare i contrasti tra città e provincia e gli echi del Sessantotto, che si scontrano con la cultura ancora troppo retrograda del tempo, la religione cattolica e anche il Partito comunista italiano.
L’autore cita Pasolini, mostra le proteste e le attese fuori dal tribunale di Roma, il “palazzaccio” di soprannome e di fatto.

Il misterioso titolo Il signore delle formiche deriva dal fatto che il professor Braibanti era anche mirmecologo, cioè studioso della vita di questi insetti. Da qui l’analogia tra le formiche e i protagonisti, che è molto bella e raffinata come tutto ciò che riguarda il film. Braibanti infatti dice al suo amato Ettore che le formiche sono esseri solidali: stanno insieme perché non possono stare da sole in un deserto, si perderebbero e non troverebbero più la strada di casa.

Questa metafora rispecchia la naturale fame d’amore che avevano gli omosessuali italiani negli anni Cinquanta e Sessanta, nonostante il senso di colpa in cui erano costretti a vivere.

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