Crimes of the Future – L’umanità senza futuro secondo David Cronenberg


Dopo un’attesa lunga otto anni, ritorna sul grande schermo il maestro del body horror David Cronenberg con la sua ultima fatica: Crimes of the Future. Presentato in concorso all’ultimo festival di Cannes, il film riprende uno dei primi lavori del regista, trasportandolo nel presente e analizzando (con grande lucidità) le ossessioni contemporanee.

Nella sua lunga carriera, Cronenberg ha abituato il suo pubblico a oscillare fra film fortemente autoriali, come Crash, a film più “canonici”, come ad esempio Eastern Promises – in italiano, La promessa dell’assassino. Ma, nonostante questa oscillazione, rimangono centrali alcuni temi che il regista analizza, indipendentemente dall’impostazione del film.

Fra questi troviamo sicuramente l’analisi intorno al corpo umano e il significato del dolore.

In Crimes of the Future il corpo diventa arte

Il corpo diventa performance, un mezzo per veicolare la nostra ossessione per la bellezza e la purezza. Saul Tenser (interpretato da un magistrale Viggo Mortensen) è un essere “mostruoso” che produce a ritmo costante nuovi organi che vengono poi rimossi chirurgicamente.

Clinicamente, stiamo parlando di veri e propri tumori. A svolgere queste operazioni è la sua assistente Caprice (Léa Sydoux) in un vera e propria performance artistica in stile Marina Abramović.

Una scena di Crimes of the Future

Kristen Stewart e Viggo Mortensen in una scena di Crimes of the future (Credits: Serendipity Point Films)

Il corpo di Tenser è un terreno di battaglia fra scienza e arte. È un corpo che non si mostra mai, ad eccezione del momento della performance artistica. Si nasconde nell’ombra, tanto che non lo vediamo mai alla luce del giorno e ci ricorda in tutto e per tutto Darth Vader di Star Wars, ma anche il mostro per eccellenza: Frankenstein di Mary Shelley.

Da notare anche le citazioni del regista danese del cinema muto Dreyer, che Cronberg usa in maniera esemplare nell’inquadratura finale, riprendendo il film del 1928 La Passion de Jeanne d’Arc.

La concezione del dolore in Crimes of the Future

Nel futuro distopico in cui è ambientato Crimes of the Future, David Cronemberg si interroga anche sul dolore. Nessuno sembra più provare dolore, sia fisico che spirituale. Una critica al mondo dell’arte che vuole che dal dolore nasce l’ispirazione. Ma è davvero cosi?

Se in Crash (1996) i protagonisti andavano alla ricerca del dolore per poter attivare le loro pulsioni sessuali, in questo film il dolore è normalizzato, controllato e assimilato.

Una scena del film

I protagonisti del film: Léa Seydoux e Viggo Mortensen (Credits: Serendipity Point Films)

Il corpo di Tenser sembra essere sintetico, costruito per non sentire dolore. Il futuro che Cronenberg dipinge in Crimes of the Future in realtà diventa passato, non un’evoluzione ma un’involuzione che porta la specie umana a vivere in ambiente gotico, dark e squallido.

Conclusioni sull’ultima fatica di David Cronenberg

Crimes of the Future, complessivamente è un film difficile da interpretare, che va sezionato come il corpo del protagonista. Il film è un’esperienza totalizzante dove lo spettatore osserva, si disgusta, si interroga ma è anche attratto da ciò che vede. David Cronenberg non propone niente di innovativo e rimane nella sua comfort zone, confezionando comunque un film degno di nota.

A livello narrativo è debole, ostico e troppo presuntuoso. Crimes of the future mette sul tavolo molti temi, forse pure troppi: il ruolo della tecnologia, della genetica, del degrado ambientale.

Quello che resta, però, è un’analisi sui dilemmi contemporanei che non può essere ignorata.

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