Aline e Respect, due biopic musicali invisibili – Perché sono passati così in sordina?


Dopo la paralisi generale della pandemia, il cinema ormai è ripartito senza più restrizioni.

Il pubblico però è tornato in sala in massa soltanto in occasione dell’uscita di film molto attesi, cinecomics Marvel e altri grandi franchise, con poche eccezioni. Una di queste, a registrare un grande successo, è stata la biografia di Elvis diretta dal visionario regista Baz Luhrmann.

Ma nel corso del 2022 sono usciti anche altri biopic musicali, che purtroppo sono passati inosservati ai più, si tratta di quello su Aretha Franklin, che prende il titolo Respect dalla celebre canzone, e quello non ufficiale su Céline Dion, intitolato Aline.

Questo articolo si prefigge l’obiettivo di ridare loro un po’ di visibilità, o almeno di indagare sul perché le convenzioni dei film biografici abbiano stancato gli spettatori.

Respect – Aretha begins

Aretha Franklin, scomparsa nel 2018 all’età di 76 anni, è stata una delle più grandi leggende musicali del Novecento. Un film sulla sua vita era in preparazione da tempo, e solo un’attrice fuoriclasse come Jennifer Hudson avrebbe potuto rendere giustizia alla fenomenale cantautrice.

Ma nel film, prima di lei, è la giovane Skye Dakota Turner a trasmettere un brivido al pubblico nei panni di Aretha da piccola. Nella sua interpretazione c’è già la sostanza che compone l’artista da grande, la gioia genuina che solo la musica le sa trasmettere e i dolori familiari che la vita le riserva già in tenera età. La morte improvvisa della madre quando ha dieci anni, la violenza sessuale in ambito casalingo, la prima gravidanza portata a termine a dodici anni (!) e una seconda a quattordici.

Aretha e le sue sorelle in una scena di Respect

Jennifer Hudson è Aretha, circondata dalle sorelle in una scena di Respect (Credits: Eagle pictures)

Dopo questi drammi iniziali, come spesso accade nei film musicali, Aretha bambina diventa una giovane donna nel giro di una canzone, e quando finisce di esibirsi ha i connotati di Jennifer Hudson.

L’età che va dalla fine dell’adolescenza ai venti anni porta drammi più evoluti. Come il rapporto sempre più turbolento col padre, famoso predicatore battista, amico personale di Martin Luther King e suo primo, protettivo pigmalione. La scelta di compagni di vita che sembrano ricalcati sulla figura paterna è decisamente da manuale, dal violento primo marito/manager Ted, al più calmo e protettivo Jerry, fino a un inevitabile alcolismo.

Jennifer Hudson ci regala una splendida Aretha Franklin

A sostenere Respect, sollevando il film oltre la linearità della propria trama, è l’intensa interpretazione di Jennifer Hudson, attrice/cantante di talento garantito che aveva incantato e vinto un Oscar nel 2007 per Dreamgirls.

Hudson prova a non imitare semplicemente l’inarrivabile originale, ma a ricrearne l’essenza attraverso la propria recitazione e il proprio canto.

Jennifer Hudson diventa Aretha Franklin quando tira fuori la grinta

Jennifer Hudson diventa Aretha Franklin quando tira fuori la grinta e la voce sul palco (Credits: Eagle pictures)

Il pregio principale di Respect è di mostrarci l’amore di Aretha Franklin per la musica sotto ogni aspetto: dalla scrittura delle canzoni, al trovare il giusto modo di mettere in musica le parole di qualcun altro, fino al portare il flow della propria band nella direzione che il suo istinto sente come giusta. Si tratta di un piccolo tuffo tecnico sotto la superficie. Una scelta che altri film musicali, come Aline, non compiono: il protagonista canta magicamente bene fin dall’attacco della canzone, e ciò non fa capire al pubblico tutto il duro lavoro che c’è dietro a una performance perfetta.

Aretha copre principalmente gli anni Cinquanta e Sessanta della vita e della carriera della grandissima artista, interrompendosi temporalmente nel 1972, durante la gloriosa registrazione dell’album gospel Amazing grace.

Aline – La clonazione

Visto che Céline Dion è fortunatamente ancora in vita (anche se la sua carriera musicale è in pausa) questo film ha l’intenzione di fungere da sua biografia non ufficiale, una sorta di omaggio ammirato all’artista canadese.

Così il suo nome viene storpiato in Aline Dieu, ma il resto della narrazione è fedele alla carriera della vera cantante. Ultima di quattordici (!) figli, Aline è una bambina prodigio col dono di una voce straordinaria e, grazie all’impegno di una madre presente e determinata, raggiunge la fama all’età di tredici anni. A venti, addirittura, vince l’Eurovision song contest 1988, gareggiando per la Svizzera.

Aline cringe, il volto di Valérie Lemercier sul corpo dell'artista bambina

Aline cringe: il volto dell’attrice cinquantottenne sul corpo della cantante bambina (Credits: Lucky red)

Il fatto che Aline sia ritratta fin da piccola coi connotati dell’attrice che la interpreterà da adulta – la cinquantottenne Valérie Lemercier, è una caratteristica decisamente inquietante, e lo spettatore si interroga a lungo sul perché non abbiano semplicemente ingaggiato un’attrice bambina.

Questo aspetto distrae un po’ l’attenzione dalla trama.

Aline si prende poco sul serio… anche quando non dovrebbe

Si tratta comunque di un film che sa anche prendersi in giro, diventando spesso meta, come quando scherza – con un gioco di inversione di nomi – sul titolo del primo album della cantante, presentandolo come Aline Dieu – La voix du bon Dion.

Il problema di Aline emerge quando il tono dovrebbe farsi più serio e andare oltre la superficie della classica trama da biopic: ad esempio, non vediamo mai l’artista coinvolta nell’aspetto tecnico del fare musica, di comporla o anche solo di entrare nel merito di ciò che canta. La vediamo soltanto esibirsi sul palco, o al massimo scherzare sul suo più grande successo quando, ascoltando le prime note dell’intro di My heart will go on dice: “Non mi piace!”.

Il film copre l’intero arco degli anni Ottanta e Novanta, col consueto passaggio di mode e progressi tecnologici, e ci mostra la diva “intrappolata” in una carriera da pendolare quando accetta un posto fisso da cantante nei casinò di Las Vegas. Curiosamente, il primo a sperimentare questa forma di tour immobile era stato proprio Elvis.

L’altro aspetto a cui viene dato grande risalto in Aline è la storia d’amore col suo primo manager e marito, suo unico amore, e il dramma mai sanato della sua scomparsa.

Aline in dolce attesa di due gemelli, felice col marito e il primo figlio

Aline felice nella vita privata, col marito e il figlio (Credits: Lucky red)

Valérie Lemercier è un’attrice comica francese, qui anche regista a sceneggiatrice. Aline è un progetto suo a 360 gradi: lo ha voluto tantissimo, ne ha curato maniacalmente ogni dettaglio e ha letteralmente sovrapposto la sua figura a quella dell’artista – fin troppo, se pensiamo ancora alla bambina con la faccia rugosa sovrimpressa!

Valérie Lemercier scrive, dirige e interpreta (ma non canta)

Al di là di questo aspetto, inquietante (ma in fondo divertente) la somiglianza fisica e l’ottima mimica di Lemercier ci trasmettono un ritratto fedele e positivo della cantante.

L’idea di improntare la sua biografia in toni da commedia è in fondo giusta, perché la vera Céline è una donna divertentissima – con un senso dell’umorismo strepitoso – al di là delle canzoni tristi che spesso canta.

In Aline viene operata una scelta diversa da quelle tradizionali di far cantare l’attrice protagonista o di lasciare il playback del vero artista – come per l’inarrivabile Freddie Mercury in Bohemian Rhapsody. Una scelta dovuta, in parte, alla mancanza dei diritti delle canzoni.

Il cantato è affidato a Victoria Sio – giovane interprete che imita Dion alla perfezione – che per il sottoscritto è risultata indistinguibile dall’originale: per tutto il film ho pensato fosse la vera voce di Céline Dion!

Punti comuni e differenze tra Respect e Aline

Le due protagoniste sono abituate a esibirsi in pubblico fin da molto piccole, specialmente in ambiente religioso. Per Aline/Céline il successo discografico è istantaneo; al contrario di Aretha Franklin, che ha inseguito la fama a lungo, con molti album di scarso successo prima di registrare le hit leggendarie.

Ma mentre il film sulla cantante canadese sceglie di essere una commedia, Respect si concentra sugli episodi più tragici della vita di Aretha: le storie d’amore coi rispettivi manager sono marcate dalla violenza fisica e psicologica per la regina del soul mentre (per quella delle power ballads) dalla grandissima differenza d’età col premuroso marito Guy-Claude.

Se sullo schermo Aretha è sempre seria e determinata, Aline è buffa e impacciata.

Quest’ultima vorrebbe spesso fermarsi e vivere una vita normale, col marito e i figli, mentre l’altra ha sempre avuto come caratteristica la voglia di essere la migliore. Aline è un film delicato quanto Respect è appassionato. E, curiosamente, nella colonna sonora di entrambi i film c’è la canzone Nature boy di Nat King Cole, a sottolineare come l’amore sia stato il carburante della carriera delle due dive.

Ma l’una e l’altra trama sono purtroppo troppo edulcorate per trasmettere realisticamente l’essenza potentissima delle icone che raccontano.

I clichés dei biopic, musicali e non

Entrambi i film rispettano i canoni principali dei biopic, quelli che vengono così efficacemente presi in giro nel film parodia Walk Hard – La storia di Dewey Cox, che se non conoscete vi consiglio di recuperare in lingua originale.

Una combo dei poster di Respect e Aline

Due dive, due pose distintive nei rispettivi poster

Il percorso classico è di solito questo: problemi in famiglia, caccia al successo, abuso di droga o alcol, litigi privati e professionali, gloria sul palco e infelicità nella vita, consacrazione finale e – in genere – morte off screen esplicitata in una didascalia.

Il problema dei “doppi”, aspettando il biopic su Madonna (firmato da Madonna)

Ma il vero problema dei biopic, in particolare di quelli musicali, è se che, quando il finale del film immancabilmente mostra le immagini del vero artista, il pubblico viene come investito da un’ondata di carisma, allora semplicemente l’attore che lo ha interpretato per due ore – per quanto bravo – non è riuscito a rubargli l’anima.

In Aline ciò non avviene soltanto perché Lemercier non ha il permesso di mostrare la vera Céline.

In Respect la vera Aretha, anziana ma grintosissima, si prende la scena in una delle ultime interpretazioni dal vivo davanti agli Obama. Ed è un peccato che avvenga perché nel finale Jennifer Hudson, che regge l’intero film sulle proprie talentuosissime spalle, è in stato di grazia.

Forse la mossa più astuta è quella di coinvolgere nel progetto biografico il vero artista, se vivente, come hanno fatto con Elton John in Rocketman: nell’interpretazione di Taron Egerton in qualche modo si sente che lui lo ha affiancato e consigliato, fino all’appagante duetto finale tra il cantante e il suo doppio cinematografico.

A questo punto non resta che chiederci: cosa farà Madonna, che il biopic se lo è scritto da sola e lo produce, con la libertà di scegliersi una protagonista in cui incanalare il proprio ego… e magari anche dirigerla?

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