
Our flag means death – Queer all’arrembaggio!
La sinossi di Our flag means death è fondamentalmente l’elaborazione di una fanfiction, che parte da un presupposto storico: Stede Bonnet ha solcato i mari dei Caraibi assieme a Edward Teach, aka Barbanera, per un annetto circa nel 1717. Sotto questo punto di vista, la pagina di Wikipedia su Bonnet è praticamente uno spoiler della serie.
Come non immaginare allora la possibile grande storia d’amore tra il pirata gentiluomo Stede e la leggenda dei sette mari Barbanera?
Romcom e il tropo del meet cute in Our flag means death
Le domande a questo punto aumenterebbero. Com’è stato il loro primo incontro, per esempio? O cosa ha spinto il corsaro simbolo della pirateria ad allearsi con un proprietario terriero che decise di mollare tutto, costruirsi la sua nave e darsi anche lui agli arrembaggi?

Ed+Stede = Adorabile! (Credits: Hbo, rielaborazione Elisa Tomasi)
La serie creata da David Jenkins (purtroppo ancora inedita in Italia) è la storia di questo incontro, una commedia romantica basata sul tropo narrativo del meet cute. Due personalità potenzialmente agli antipodi incrociano i loro destini grazie a una fortuita e fortunata serie di eventi.
La potenziale tenerezza e carineria della possibile coppia è irresistibile – ergo meet cute, ovvero “Ti presento l’adorabile!”
La fanfiction come base narrativa di Our flag means death
Ogni buona fanfiction che si rispetti ha come sua base la possibilità di indagare il potenziale di una relazione tra i personaggi che si amano, immettendoli in scenari che li spingano a esplicitare quel potenziale.
Our flag means death sfrutta il regno delle possibilità che offre la riscrittura che fanno le fanfiction dei tropi narrativi romantici. E, attraverso quell’illimitata fonte di storie alternative, scrive la sua storia d’amore.

La locandina della serie (Credits: Hbo)
La serie sfrutta il trope del nemici/amici, e il conseguente sottotesto omoerotico del rapporto eroe/antagonista presente nei testi mainstream degli ultimi duecento anni – un esempio per tutti, Sherlock/Moriarty.
Normalmente, in questi casi, in cui il sottotesto omoerotico rimane sotteso (queerbaiting). In Our flag means death, al contrario, la fanfiction diviene letteralmente la storia ufficiale, non più una versione alternativa della linea narrativa principale.
Da fanon a canon, insomma.
La pirateria come simbolo queer
Taika Waititi, produttore esecutivo nonché formidabile Barbanera di Our flag means death, ha donato molto alla comunità Lgbtq+ in fatto di rappresentazione, tra cui i vampiri queer di What we do in the shadows. Quindi ora ampliando il suo raggio d’azione ci consegna i pirati queer.
La pirateria ben si presta a essere simbolo della comunità arcobaleno: è un immaginario nel quale si sovvertono le regole, si respira aria di libertà, uno stile di vita anticonformista.

La ciurma di Our flag means death (Credits: Hbo)
Centrale nell’immaginifico di questa serie è l’evidenziare come la vita sulla nave pirata sia (per piccola comunità che ci vive, la ciurma) uno spazio sicuro, in cui poter essere ciò che si è, ciò che si vuole, senza costrizioni dal mondo esterno.
Questa comedy non si dissocia dalla realtà, ma la incorpora come elemento estraneo all’universo pirata. L’omolesbobitransfobia esiste in questo universo narrativo nella misura in cui si poggiano sulla terra ferma, una minaccia che viene dall’esterno. Per mare, sulla nave, si respira aria di libertà.
Our flag means death – Storicizzare la queerness
Decidere di lasciarsi la propria vita di marito e padre di famiglia alle spalle, salire su una nave pirata per potersi vivere appieno la propria identità, solcare i mari in assenza di costringenti remore morali. Vivere una vita da fuorilegge in un mondo che considera la tua stessa esistenza fuorilegge.
Our flag means death mette in evidenza questa componente dell’essere pirata, di sentirsi pirata. La pirateria come scelta di vita in un determinato periodo storico era una forma di liberazione.
Una frammento di storia della comunità Lgbtq+ che la serie rende visibile.
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