L’appartamento spagnolo – A vent’anni dall’uscita, il ricordo millennial dell’Erasmus


L’appartamento spagnolo è il film manifesto della cosiddetta “generazione Erasmus”, dal programma studentesco di scambi internazionali che ha regalato esperienze meravigliose a milioni di giovani europei. Uscita 20 anni fa, questa commedia francese ha lanciato la carriera di Romain Duris e della britannica Kelly Reilly (Yellowstone).

L’appartamento spagnolo ha anche avuto due seguiti, Bambole russe (2005) e Rompicapo a New York (2013), che hanno approfondito le vicende di vita da adulti dei protagonisti dell’originale, senza però bissarne il successo.

In occasione dell’anniversario dell’uscita del primo film, andiamo a riverderlo insieme!

La trama di L’appartamento spagnolo

Xavier è uno studente universitario di Parigi con le idee chiare sulla propria carriera in campo economico. Un giorno riceve il consiglio di approfondire la conoscenza della lingua spagnola, così potrà accedere con facilità all’azienda in cui mira lavorare.

Un giovane Romain Duris, protagonista de L'appartamento spagnolo

Romain Duris nei panni del protagonista Xavier (Credits: Studiocanal)

Si iscrive allora al programma Erasmus, non senza difficoltà burocratiche, per vivere un’esperienza di studio di un anno a Barcellona. All’inizio è difficile lasciare a casa la famiglia e la ragazza per partire da solo verso una realtà sconosciuta. Ma, grazie all’incontro con una coppia francese conosciuta in aereo, per i primi tempi Xavier trova un divano su cui dormire.

Quando poi risponde all’annuncio per affittare una stanza in un appartamento abitato da studenti di varie nazionalità, l’esperienza di Xavier inizia a farsi interessante. Come nelle barzellette, c’è un italiano pigro e chiassoso, un tedesco meticoloso, una spagnola spensierata e un’inglese con un lieve complesso di superiorità.

I suoi nuovi coinquilini, nel caos ordinato di una convivenza più o meno armoniosa, rappresentano la nuova Europa che parla la lingua comune dell’amore e dell’amicizia. Un anno insieme a loro tra bevute e risate, tradimenti e riconciliazioni porterà Xavier ad aprire i propri orizzonti mentali e a ripensare la sua vita futura.

Poco studio e molte tapas

L’appartamento spagnolo è un film in cui ci si può riconoscere, che mette allegria tramite una storia di relazioni umane che diverte e fa riflettere.

L’eccentricità dei personaggi inventati dal regista Cédric Klapisch è assolutamente positiva. Molti di loro sono stereotipati (in base alla nazionalità d’appartenenza) ma sono descritti e interpretati con un approccio fresco che li rende in qualche modo autentici.

Mentre va detto che la tecnica di regia, riesaminata 20 anni dopo, lascia a desiderare. Soprattutto il montaggio sembra un po’ soffrire dell’impiego massiccio di trucchetti da videoclip musicale invecchiati male – come immagini velocizzate o editing incrociato.

Il messaggio europeo di L’appartamento spagnolo

L’aspetto importante di questo film è che mostra come si possa costruire l’Europa partendo dai giovani, perché viaggiare e conoscere realtà diverse dalla propria allarga gli orizzonti e la mente, cancella pregiudizi e limiti culturali.

La movida di Barcellona all'inizio degli anni 2000

La movida millennial all’inizio dei Duemila: chitarra, birra e tanti amici (Credits: Studiocanal)

E infatti la scelta finale di Xavier riguardo la propria carriera futura è sicuramente influenzata da un anno di vita all’estero. Nella sua fuga romanzesca, infrange la sospensione dell’incredulità e ci ricorda che si tratta di finzione: nella vita reale non è così facile cambiare strada in un attimo.

L’Erasmus tra film e realtà

Non proprio come Xavier, ma anche il sottoscritto appartiene al gruppo di fortunati che ha potuto beneficiare di un’esperienza all’estero grazie al programma Erasmus. E posso confermare, riguardando L’appartamento spagnolo molti anni dopo, che questo film ha reso benissimo le sensazioni provate da molti di noi.

Ricordo gli stessi problemi all’inizio, il fatto di metter piede in una città estera e sconosciuta, con le valige tra i piedi e (quasi) senza alcun punto riferimento.

Foto di gruppo per il poster de L'appartamento spagnolo

Foto di gruppo per il cast de L’appartamento spagnolo (Credits: Studiocanal)

Quasi per tutti le primissime esperienze sono state un po’ zoppicanti. A un certo punto le paure e la voglia di tornare hanno rischiato di prendere il sopravvento. Ma poi le cose hanno iniziato a girare nel verso giusto, grazie a un fattore fondamentale: gli amici.

E ho avuto il privilegio di poter dar vita a legami d’amicizia che sono rimasti poi tali per la vita, attraverso reciproche vacanze, trasferimenti e la possibilità di rimanere in contatto con la tecnologia.

Ricordo come ci si sente a dover difendere verbalmente la propria nuova seconda casa da chi non capisce. A iniziare a pensare e addirittura a sognare nell’altra lingua, un minuto prima di dover lasciare quelle strade che hai imparato a conoscere e amare. Per tornare alla grigia realtà normale, col cervello diviso in due e la lingua madre che non vuol tornare, le espressioni linguistiche straniere che non se ne vanno dalla punta della lingua.

Riguardare il film da adulti, e magari… un Erasmus dopo

Anche rivedendolo 20 anni dopo il suo successo, L’appartamento spagnolo rimane una commedia intelligente e un po’ sfacciata, con un retrogusto di nostalgia che sa ancora conquistare. Mi ha riportato alla mente ricordi e sensazioni del mio Erasmus.

E mi ha ricordato chi ero prima dei social.

Dedicato ad Andrea, Audrey, Laurent e Pierre.

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