Riguardare X-Files trent’anni dopo – Il punto sulla serie (e sulla ricerca di vita extraterrestre)


X-Files è uno di quegli show televisivi che appartengono alla mia personale preistoria delle serie tv. Uscito in Italia nel 1994, ricordo soprattutto la colonna sonora (creata da Mark Snow) e brevi stralci confusi di qualche puntata che riuscivo a vedere prima di addormentarmi, quando lo show era ancora in seconda serata.

Il mio personalissimo spartiacque tra preistoria e storia delle serie tv, invece, è Lost: la prima serie che abbia guardato per intero e con regolarità. Tutto quello che c’è prima rimane molto confuso e senza un ordine ben definito. Ma con il senno di poi credo che X-Files sia una di quelle serie da recuperare, per diversi motivi.

Vediamo quali.

Perché recuperare X-Files quasi trent’anni dopo

Il primo motivo per recuperare questa serie è per il merito di aver abbattuto definitivamente il muro della serialità televisiva anni Novanta – anche questo uno spartiacque che ha le sue radici in Twin Peaks – in un periodo dove altri muri sono crollati.

La fine dell’apartheid, il crollo del Muro di Berlino ad esempio, rappresentano un periodo storico che lo showrunner Chris Carter sa leggere molto bene. La fine della Guerra fredda, con la scomparsa dell’Unione sovietica, fa nascere nuove domande: chi è il nostro nemico? chi comanda la nostra vita?

Perchè allora non amplificare queste paranoie e basare tutto su una domanda relativamente recente, ma che ormai appartiene di fatto alla storia dell’umanità: siamo soli nell’universo? Esistono gli alieni?

Mulder & Scully indagano sugli X-Files: creature mostruose e fenomeni paranormali

Il duo più iconico di agenti Fbi mai apparsi sul piccolo schermo sono senza dubbio Fox Mulder e Dana Scully.

Sono loro il nuovo volto della nuova serialità: non più eroi duri e puri, ma persone qualunque, con i loro pregi e difetti. Mulder è un sognatore, un onesto e pronto a tutto per trovare la verità sul rapimento di sua sorella da parte degli alieni (ricordate il poster: I want to believe?).

La seconda invece è una scienziata, empirica, senza fede, mandata a controllare l’operato del suo collega, considerato non troppo oggettivo.

X-Files - come ci immaginiamo un alieno

Non credo gli alieni abbiano queste sembianze, ma chi può dirlo? (Credits: Pawel86-Pixabay)

I due si ritroveranno ad avere a che fare con situazioni di ogni genere, classificate, appunto, come X-Files: esoterismo, paranormale, complotti. Sulla scia del mantra La verità è la fuori, cercheranno di trovare ogni indizio utile per confermare la presenza di entità extraterrestri sul nostro pianeta.

Chris Carter vuole farci dubitare di tutto, risvegliando il complottista che è in noi. E lo fa con circa 200 episodi, molti dei quali stand-alone e con la formula del monster of the week. Fino a collegare il tutto con un pericoloso salto mortale, ovvero il complotto ordito dal Consorzio dove Stati Uniti ed extraterrestri collaborano insieme ai danni del pianeta Terra.

Alcuni di questi episodi sono dei piccoli gioiellini e lanceranno molti attori dell’attuale panorama hollywoodiano come Lucy Liu, Jack Black, Ryan Reynolds, Shia LaBeouf e Bryan Cranston – ovvero il Walter White di Breaking bad.

Dagli X-Files alla realtà: ma dove sono gli alieni?

Già nel 1950 il fisico Enrico Fermi, parlando con i suoi colleghi, si chiedeva: “Se gli alieni esistono, dove sono tutti quanti?”. Considerato il numero di galassie, stelle e pianeti presenti nell’universo è effettivamente improbabile che solo sulla Terra si possano essere sviluppate le condizioni necessarie alla vita. Molti scienziati sono oggi concordi che non siamo soli nell’immensità del cosmo.

Il problema è ovviamente comunicare. In fondo abbiamo iniziato a usare le onde elettromagnetiche a questo scopo solo da un centinaio di anni. Potrebbe essere possibile che molte civiltà aliene si siano sviluppate e poi estinte mentre noi eravamo intenti a scoprire la ruota.

X-Files - l'inquietante sigla iniziale

(Un fotogramma della spaventosa sigla di X-Files. Credits: Fox)

Potrebbero anche essere talmente lontane che non ci è possibile sentirle. Partendo da questo assunto un astronomo americano, Frank Drake, puntò nel 1960 un radiotelescopio verso le stelle Tau Ceti ed Epsilon Eridani (crica 10 anni luce dalla Terra) per circa 150 ore.

Ovviamente non captò nulla, ma così facendo inaugurò un metodo molto utile per scandagliare il cosmo alla ricerca di un messaggio. Da quel giorno nacque il progetto Seti (Search for extraterrestrial intelligence) che coinvolge diverse realtà astronomiche mondiali, che prestano i loro potenti radiotelescopi. Nonostante gli sforzi però e solo un piccolo segnale captato nel 1972 e che mai più si è ripetuto, ancora non è stato possibile “ascoltare” nessun segno di civiltà extraterrestri.

Cosa succede se gli alieni ci possono ascoltare, ma non ci possono rispondere?

Un altro problema potrebbe essere il fatto che le possibili civiltà aliene non stiano inviando alcun messaggio, rendendo di fatto impossibile comunicare. Per questo motivo nel 1977 la Nasa inviò due sonde, la Voyager 1 e 2, con a bordo il Voyager Golden Record.

Questo è un disco per grammofono in rame, placcato oro, con incise sopra alcune informazioni sulla nostra civiltà, la nostra posizione e addirittura un isotopo radioattivo che potrebbe permettere, a chi lo troverà, di datarlo.

Lo scienziato Frank Drake ha addirittura creato un’equazione per determinare quante civiltà aliene potrebbero essere in grado di comunicare nella nostra galassia. I valori vanno da 600mila per i più ottimisti, a 0.0000001 per i pessimisti. (Credits: Luminas_Art – Pixabay)

L’idea di questa placca è stata di Carl Sagan e dello stesso Drake, che decisero di inviare ai confini della nostra galassia circa 115 immagini, un saluto in 55 lingue differenti, una raccolta di suoni della natura e una playlist di musiche di una gran varietà di epoche e stili differenti. Come lo definì il presidente degli Stati Uniti al tempo in carica, Jimmy Carter,

«Questo è un regalo di un piccolo e distante pianeta, un frammento dei nostri suoni, della nostra scienza, delle nostre immagini, della nostra musica, dei nostri pensieri e sentimenti. Stiamo cercando di sopravvivere ai nostri tempi, così da poter vivere fino ai vostri»

Le probabilità che queste sonde vengano trovate, comprese e che una risposta venga formulata sono parecchio basse. Secondo le stime della Nasa ci potrebbero volere fino a 40mila anni per raggiungere le vicinanze di una stella.

Ma in questi tempi incerti è forse rincuorante pensare che abbiamo condensato il meglio della nostra umanità su di un disco dorato e lo abbiamo spedito nello spazio. Sicuramente un momento dove l’umanità ha costruito un ponte, più che con gli alieni, con se stessa.

Alcune curiosità

Se volete approfondire e sapere cosa è stato inciso su dischi Voyager in questo video è possibile vedere tutte le immagini e ascoltare tutte le canzoni.

Su questo sito invece è possibile vedere cosa è stato inciso sulla superfice dei dischi con la relativa spiegazione (in inglese).

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