Attack on Titan – Due parole spoilerose prima della stagione finale di L’attacco dei giganti


Ci siamo: domani sulla piattaforma Crunchyroll, in contemporanea con il Giappone, arriva la seconda parte della stagione finale di L’attacco dei giganti – o, se preferite, Attack on Titan. Quello che andrà in onda sarà il primo episodio dei 12 che ci condurranno verso il finale della serie.

Quale momento migliore, dunque, per fare il punto su una delle serie anime più celebri e discusse degli ultimi anni? E per ribadire quanto sia esaltante nonostante il livello intellettivo medio dei personaggi sia compreso tra “criceto ubriaco” e “pianta di ficus”?

Da qui in avanti potrete avanzare solo offrendo i vostri cuori allo spoiler. Siete avvertiti.

Attack on titan – Stagione finale – Dove eravamo rimasti?

Ci siamo lasciati con un Eren che ha esaurito la pazienza ed è pronto a prendere a schiaffoni fortissimi il gigante corazzato di Reiner.
Detta così può sembrare un punto qualsiasi dell’anime, e invece no: inaspettatamente, dopo circa una sessantina di puntate, Attack on Titan svela una profondità che non ci saremmo aspettati.

Eren e il suo Gigante in L'attacco dei giganti

Eren e il proprio gigante (Credits: Wit studio/Mappa)

La storia si sposta di colpo sul fronte opposto, quello di Marley, un posto in cui ci sono cittadini giusti e meritevoli che lavorano sodo, pagano le tasse, vanno a messa tutte le domeniche e nel tempo libero discriminano una minoranza che vorrebbero scomparisse o (in mancanza d’altro) che si facesse notare il meno possibile e prendesse al contempo le distanze da chi gli è culturalmente e geneticamente più prossimo. Ma senza i raduni di Pontida.

Ecco che quindi L’attacco dei giganti diventa una storia di politica, guerra, razzismo e dilemmi etici. Un’allegoria enorme dei conflitti su base etnica, dei muri che dividono i popoli e del deterrente nucleare. Fatta anche piuttosto bene.

Un intreccio semplice ma avvincente, e all’improvviso la profondità

Attack on Titan è sempre stato un prodotto con una forza pazzesca proprio nell’intreccio. Non che sia mai stato particolarmente elaborato o profondo, ma ha sempre trovato il modo, nella sua semplicità, di risultare avvincente.

Parte come una storia di vendetta, diventa un prodotto di pura azione, poi aggiunge mistero e un pizzico di politica. E infine raggiunge la sua forma finale: quella dell’allegoria che mescola i temi bellici, etici e morali della storia del Novecento con il fantasy.

L’attacco dei giganti raggiunge e supera la sufficienza molto agevolmente, attestandosi anzi su un voto davvero positivo. Che sarebbe stato più alto se non avesse un difetto un po’ ingombrante: i suoi personaggi.

I personaggi più riusciti della stagione finale di Attack on Titan (e in generale)

Se ripenso ai personaggi di Attack on Titan trovo incredibile che questo anime mi abbia preso così tanto. A una dozzina di puntate dalla fine, l’unico a essere tratteggiato in modo interessante è Reiner Braun, il gigante corazzato.

Reiner è complesso, dissociato, mette in discussione continuamente il suo indottrinamento militare da quando ha conosciuto davvero quello che considerava il nemico (di una “razza” a cui lui stesso appartiene, tra l’altro) eppure cerca ugualmente di comportarsi come quello che ritiene essere un buon soldato. Soffrendo visibilmente per questo.

Il logo della quarta stagione di L'attacco dei giganti

Il logo della quarta stagione di L’attacco dei giganti. Non potevamo scegliere più di questo come copertina, senza far spoiler (Credits: Wit studio/Mappa)

A seguire ci sono Zeke Jaeger, ovvero il gigante bestia, con il suo idealismo intriso di autodistruzione, e Gabi – una sorta di Eren nata dall’altra parte del mare, ma scritta decentemente e con cui si può empatizzare.

Qual è il problema? Che nessuno di questi è qualcosa di più di un personaggio secondario.

I protagonisti e l’idiozia generale dei personaggi di AoT

I personaggi principali sono il punto debole più grosso di questo L’attacco dei giganti. Della maggior parte dei secondari non ne parliamo: sono caratterizzati il minimo sindacale, puoi benissimo arrivare alla fine della serie senza ricordarti i loro nomi ed è difficilissimo rattristarsi quando vengono spiaccicati contro un albero o sgranocchiati come patatine.

Prendiamo Sasha: la incontriamo nel secondo episodio della prima stagione e ci fa compagnia per ben 66 puntate. Quasi tutta la serie. Eppure, quando Gabi le spara, sono sicuro che neanche voi siete rimasti particolarmente scossi.

Prima della stagione finale di Attack on Titan, un pensiero sulla morte di Sasha con il meme di Loki

Loki commenta la morte di Sasha nella prima parte di Attack on Titan – Stagione finale (Credits: Disney+)

Per dispiacerci davvero della sua morte bisogna aspettare di conoscerne la famiglia, e leggere la disperazione negli occhi della sorellina mentre tenta di uccidere Gabi.

Quanto al trio Eren-Mikasa-Armin, c’è poco da dire: Eren parte come un bambino carico di odio e arriva al finale come un adulto carico di odio, ma con i capelli più lunghi; Mikasa è un trauma dotato di sciarpa (mai lavata) e Armin è un frignone che sembra intelligentissimo solo perché è circondato da imbecilli clamorosi. Basta ricordare quando disse che per consentire a Eren di chiudere la breccia sulle mura bisognava evitare che venisse assalito dai nemici. I suoi superiori realizzano solo in quel momento di non averci pensato da soli.

Il dilemma morale in Attack on Titan – Stagione finale

Eppure, nonostante questo, la serie è davvero avvincente. E, come detto, è capace di far riflettere e scatenare discussioni.

Basta pensare al desiderio degli eldiani di Marley di dimostrarsi diversi da quelli di Paradis, combattendo il proprio stesso popolo anziché ribellarsi o provare a farsi accettare. O anche solo alla prima scelta che pone il mondo narrativo: è meglio condurre un’esistenza tesa ma pacifica con il rischio di venire spazzati via da un momento all’altro, oppure esporsi al pericolo e alla morte più degli altri, ma provare a cambiare qualcosa per tutti?

E infine il piano dei fratellastri Jaeger, quello di rendere sterili gli eldiani per porre fine alla maledizione dei giganti. Senza dubbio efficace, ma il prezzo?

Quanto è giusto spazzare via un’intera popolazione per risolvere un problema alla radice, punendo però anche chi non ha mai fatto nulla per meritare di morire senza figli? È davvero preferibile la strada più semplice, ovvero annientare il popolo di Ymir evitando ogni potenziale problema, o quella più equa, ossia far cessare le persecuzioni ai loro danni e usare la devastante potenza dei giganti per migliorare il mondo anziché distruggerlo?

Voi cosa ne pensate?

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