Mulholland Drive – Il cult di David Lynch torna in sala per il ventennale dall’uscita


Che cosa cerchiamo quando andiamo al cinema? È una domanda che mi sono posto spesso in questo ultimo periodo pieno di uscite cinematografiche, fra le quali spicca la versione restaurata di Mulholland Drive, film cult di David Lynch presentato a Cannes nel 2001.

Per me quello che cerchiamo è la voglia di vedere storie diverse dalla quotidianità. Spesso ci attacchiamo ad alcuni film (emotivamente parlando) perché sentiamo di avere qualcosa in comune con quella determinata storia che vediamo raccontata sullo schermo.

Mulholland Drive (Credits: StudioCanal)

Uno dei primi film che venne proiettato da Edison si intitolava The Kiss (1896) e mostrava un primo piano di due attori (uomo e donna) che si baciavano appassionatamente. Qui la macchina da presa ci mostra e noi spettatori guardiamo inermi.

La grande fortuna del cinema è dovuta all’idealizzazione di una storia, di una persona, tutti elementi che il grande schermo ci mostra, ma che nella realtà non possiamo mai raggiungere poiché fuori dalla nostra portata.

Mulholland Drive – Un film complesso, ancora dopo vent’anni

Nel 2001 al Festival di Cannes venne presentato uno dei film che probabilmente ha spianato la strada al nuovo millennio, ovvero Mulholland Drive. Possiamo descrivere il film di David Lynch come un unico grande sogno, una storia incentrata sul desiderio che diventa ossessione, che confonde la realtà. Mulholland Drive è un film volutamente complesso, che richiede allo spettatore un grande sforzo interpretativo.

L’apparente linearità del film viene interrotta da elementi irrazionali e inattesi. L’utilizzo massiccio delle sovrimpressioni è una metafora proprio di questa contaminazione, nell’immersione fra due mondi paralleli.

L’uso dell’inquadratura che si immerge nella misteriosa scatola blu segna una soglia di passaggio verso un mondo alternativo che svela nuovi elementi, nuove identità.

Lo sguardo sovversivo di Mulholland Drive

Il desiderio che siamo abituati a vedere sul grande schermo è sempre stato quello eterosessuale. Lo sguardo omosessuale è stato fin da subito etichettato come perverso e quindi oggetto di censura da parte degli enti regolatori. Oggi, nonostante i notevoli passi avanti, lo standard rimane comunque fissato e difficile da aggirare.

Il contributo di David Lynch in Mulholland Drive nel ribaltare lo sguardo egemonico eterosessuale è innegabile (in tutti i suoi lavori) e si inserisce perfettamente nello sguardo queer. Uno sguardo politicamente sovversivo, che rompe la divisone binaria e rassicurante della società patriarcale.

Betty e Rita, protagoniste del film (Credits: StudioCanal)

Lynch non ci fornisce alcuna informazione sicura, ma solo delle possibilità. Le citazioni cinematografiche sono evidenti e delineano chiaramente l’immaginario che Lynch vuole creare.

La scena della chiave ricorda sicuramente Notorius di Alfred Hitchcock, mentre il titolo (Mulholland Drive è una vera strada di Los Angeles) rimanda a un classico del cinema hollywoodiano: Sunset Boulevard, di Billy Wider. Ma è impossibile non citare Luis Buñuel e il suo Un chien andalou e Persona di Ingmar Bergman.

La versione restaurata di Mulholland Drive torna in sala

In questi giorni il film è tornato in sala grazie al lavoro della Cineteca di Bologna, che ha deciso di distribuire la versione restaurata nelle sale.

Perché una storia non convenzionale come quella raccontata da Mulholland Drive è così importante oggi? Perché a distanza di vent’anni dal debutto siamo ancora qui a discutere di questo dell’immaginario di David Lynch?

La scene centrale al Club Silencio (Credits: StudioCanal)

La trama di Mulholland Drive è una riflessione sulla macchina del cinema hollywoodiano, fatto di desideri e ambizioni che non sempre si realizzano e portano così alla disperazione. Esattamente come accade per la protagonista – Betty, interpretata da Naomi Watts.

Robert Eger, uno dei critici contemporanei più quotati, ha scritto come in Mulholland Drive “Non ci sia alcuna spiegazione. Forse non c’è nemmeno un mistero”. In definitiva. David Lynch è riuscito a catturare in maniera esemplare il fascino dell’esperienza cinematografica, in tutte le sue sfumature: quelle rassicuranti e quelle più nascoste e scomode.

Come quei desideri che sono lì e che spesso abbiamo paura di esternare. 

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