Titane – Il caos di Julia Ducournau che ha stregato Cannes


Arriva nelle sale italiane Titane, il film con cui Julia Ducornau ha trionfato all’ultima edizione del Festival di Cannes. Il pubblico romano ha potuto vederlo in anteprima grazie ai ragazzi del Cinema America, che per celebrare i dieci anni di attività hanno riaperto, fra mille complicazioni, il Cinema Troisi.

Ed è proprio nella storica sala a Trastevere che la regista ha incontrato gli spettatori e le spettatrici presenti in sala.

Ecco cosa ne pensiamo, senza spoiler (vi avviseremo in tempo quando ce ne saranno).

La trama di Titane

Dopo il suo debutto con Raw, la regista Julia Ducornau sforna un titolo in grado di spaccare la critica. Titane sicuramente getta tanta benzina sul fuoco, sia a livello estetico, ma anche di riferimenti cinematografici e non lascia indifferenti.

La protagonista del film è Alexia (interpretata magistralmente da Agathe Rousselle) una giovane modella, famosa per partecipare ai raduni di automobilisti.

Ad Alexia viene impiantata la placca di titanio

Ad Alexia viene impiantata la placca di titanio (Credits: Kazak Productions)

Dopo una serie di disavventure, Alexia decide di scappare, cambiando la propria identità e spacciandosi per un ragazzo scomparso da oltre dieci anni. Alexia diventa così Adrien e viene accolta da Vincent (Vincent Lindon), padre logorato dal trauma della perdita del figlio.

Un racconto caotico targato Julia Ducournau

Julia Ducournau mette in scena un racconto caotico, senza alcun punto fisso di riferimento. Tutto si trasforma. I cliché di genere tipicamente legati a un ambito maschile come il desiderio di annientare la vittima nel genere horror, il tema della vendetta e la passione per i motori vengono ribaltati dallo sguardo femminile della regista, che sovverte il cosiddetto male gaze teorizzato da Laura Mulvey.

La studiosa femminista – facendo riferimento ai film hollywoodiani classici – sottolinea come questi siano costruiti secondo un punto di vista maschile privilegiato, che vede la figura della donna come oggetto sessuale atto a soddisfare il piacere visivo della spettatore maschio.

Alexia è un’eroina che compie il suo viaggio, che potremmo definire sovversivo e in cui la distruzione è il centro nevralgico. Un aspetto che in questo Titane genera una divisione netta, un prima e un dopo.

Alexia nel diventare Adrien capisce che nessuno la può più proteggere e che deve rinascere per diventare un non-io, un soggetto altro, staccato dalla sua vera identità.

Ed ecco che da oggetto di desiderio (pensiamo alla scena iniziale in cui si esibisce nel motor-show) il corpo di Alexia diventa soggetto attivo. Diventa un corpo non conforme, un corpo transessuale.

Il corpo che si trasforma

Nel caos travolgente messo in scena dalla regista anche la figura maschile viene non solo distrutta, ma sostituta. L’unica figura maschile che viene “ammessa” nella narrazione creata da Ducournau è quella di Vincent.

Anche lui però è una figura traumatica, distrutta dal dolore e trainata da una cieca disperazione. Nella dinamica del film, l’unica relazione solida è quella fra Vincent e Alexia/Adrien, che però è di fatto non convenzionale.

La trasformazione da Alexia a Adrien è ripugnante, quasi a ricordare John Merrick – l’essere più squallido della storia del cinema raccontato nel film di David Lynch The Elephant Man del 1980.

Il poster promozionale di Titane

Il poster promozionale di Titane (Credits: Kazak Productions)

Ma Adrien ha anche un tocco di nostalgia che rimanda alla protagonista di Je, Tu, Il, Elle, film icona della Novelle Vague di Chantal Akerman.

Anche il corpo di Vincent ha un ruolo chiave. Ancora una volta la regista ribalta la prospettiva: Vincent infatti non accetta il suo corpo che sta invecchiando e ricorre all’uso degli steroidi. Tendenzialmente la società patriarcale “scarta” il corpo femminile che invecchia, mentre qui avviene il contrario. Vincent vorrebbe essere proprio come una macchina e non invecchiare mai. 

Una narrazione ripugnante, ma inclusiva

Titane è un film mostruoso, mutevole, che nel bene e nel male ha segnato la storia del cinema contemporaneo.

La vittoria (con tanto di gaffe di Spike Lee) a Cannes ha permesso di portare una narrazione sovversiva, di uscire dal circuito del film di genere e entrare in quello mainstream, avvicinando e abituando il pubblico a un nuovo linguaggio, a un nuovo modo di fare cinema, che nasce da un’urgenza personale, che non scende a compressi e che non vuole accontentare nessuno.

“Il mio film non è perfetto, qualcuno dice che è mostruoso – ha detto Julia Ducournau mentre riceveva la Palma d’Oro – “La mostruosità che attraversa il mio lavoro è una forza che rompe la cosiddetta normalità. Grazie alla giuria, ha accettato un mondo più fluido e inclusivo”.

Analisi delle tematiche di Titane (da qui in avanti, SPOILER)

Alexia si esibisce al motor-show

Alexia si esibisce al motor-show (Credits: Kazak Productions)

Un’altra esperienza centrale di Titane è la gravidanza portata avanti da Alexia. Nel libro intitolato Il mostruoso femminile, la scrittrice e attivista trans Jude Ellison Sady Doyle sottolinea la potenza mostruosa di un corpo di una donna incinta. Questo essere “mostruoso” esercita il potere di vita e di morte sull’essere che porta in grembo, potere che gli uomini non posso sottrarle.

 

Un donna incinta è fuori controllo ed ecco allora che il patriarcato interviene cercando di controllare il corpo femminile tramite imposizioni come le leggi sull’aborto.

Alexia tenta in tutti i modi di nascondere la sua gravidanza mostruosa attraverso quello che in sociologia si definisce passing, ovvero non rendere visibile il suo travestimento, nascondendo alla perfezione il suo sesso biologico.

Tramite la tecnica del passing, Alexia afferma una nuova identità (maschile) e cerca di nascondere quella precedente, ma nel finale arriva il momento della verità che rivela il corpo come entità ineluttabile da cui è impossibile sfuggire. 

Un commento sul finale di Titane

La centralità del corpo di Alexia è sottolineata anche dalla struttura circolare del film: se all’inizio di Titane Alexia è, come già detto, oggetto di desiderio da parte dei maschi che la osservano nel suo provocante show, in una delle ultime scene Adrien ripropone le stesse movenze sensuali in un corpo non conforme. La differenza è che questa volta non è oggetto di alcun desiderio sessuale, anzi viene visto come un freak, un essere ripugnante.

D’altronde questo aspetto è bene evidente fin dall’inizio, quando a seguito di un’incidente in macchina alla piccola Alexia viene impiantata una placca di titanio, in una scena che ricorda da una parte Eleven di Stranger Things e dall’altra Alex di Arancia Meccanica – notare l’assonanza fra i nomi Alex e Alexia. 

Si crea così una connessione, un legame indissolubile fra la piccola Alexia e la macchina, una metafora della contemporaneità che vede i nostri dispostivi mobili come estensioni del nostro corpo da cui è impossibile distaccarsi. La macchina assume così una valenza antropomorfa come nella (discussa) scena dell’amplesso.

Titane è un viaggio emozionale che chi guarda compie insieme alla protagonista, dove tutto sembra caotico ma in realtà non è proprio così. La bravura di Julia Ducornau sta nel mettere insieme una storia che esplora tematiche come l’identità di genere, la violenza e la sofferenza senza dare un giudizio definitivo.

Il caos è apparente, poiché è perfettamente bilanciato dalle scelte di regia, che alterna immagini esteticamente perfette con momenti di profonda violenza.

In definitiva Titane è un film complesso che ci invita a riflettere sulla condizione umana. Nel caos più oscuro si può sempre, alla fine, trovare una luce che ci porterà alla salvezza.

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