L’eredità di Lost a undici anni dal finale – Cosa ci ha lasciato la serie di J.J. Abrams?


Una serie tv che è lo spartiacque tra come intendiamo le serie tv oggi e come invece erano intese nel passato. A 11 anni dal finale di Lost, che ha diviso tanti, quale eredità ha lasciato a noi appassionati di serie tv questa produzione senza precedenti?

Per me, e per tanti altri millennial, Lost ha segnato sicuramente l’inizio dell’era moderna riguardo la visione delle serie tv. In un’epoca in cui i servizi streaming erano una rarità, per non dire qualcosa di sconosciuto, guardare una serie tv era un’esperienza quasi mistica.

Due erano le possibilità: o seguirla con diligenza e autodisciplina in tv, cercando di non perdere nessuna puntata, oppure ci si doveva ammattire per trovare le puntate in streaming.

Lost - scena iniziale

Jack si risveglia sull’isola (Credits: Abc)

Ma quello sforzo in più si faceva solo perché la qualità di Lost era indubbiamente alta. E soprattutto perché la visione di ogni puntata poneva più domande di quante riusciva a risponderne e si passavano le nottate sui forum a scambiarsi opinioni. Ha avuto anche il grande merito di creare un mondo parallelo fuori da se stessa che poteva coinvolgere anche il più pigro degli appassionati – tipo me.

Lost: un finale molto aperto

Lost è stata concepita sapendo già come sarebbe dovuta andare a finire. Un pregio che è diventato poi il suo più grande difetto. Ricorderete sicuramente quanto il finale della serie tv abbia lasciato delusi quasi tutti i fan.

Un finale aperto, molto aperto, forse troppo aperto e che non ha spiegato quasi nulla di tutte le questioni lasciate aperte in 114 episodi. Le teorie sull’ultima puntata si sono poi sprecate: c’è chi vedeva spiegazioni dove non ce n’erano o chi affermava che fosse stato tutto un sogno di Jack. Ma nessuno ha veramente ancora digerito quella riunione mistica strappalacrime.

finale Lost - l'entrata in chiesa di Jack

L’entrata in chiesa di Jack, ultimo tra i protagonisti della serie, nel finale di Lost (Credits: Abc)

Nemmeno io a dire la verità ho capito subito il finale di Lost: ero abbastanza amareggiato perché mi aspettavo di capire un po’ di più e invece rimasi con un pugno di mosche in mano. Ma dopo undici anni ho avuto una rivelazione che ha finalmente dato un senso a tutto questo.

Dal romanzo Orizzonte perduto a Lost

Lost ha preso ispirazione da un romanzo del 1933 intitolato Orizzonte perduto e scritto da James Hilton. In questo libro è presente il tema del mondo perduto, parecchio caro agli scrittori dell’età vittoriana.

I mondi perduti sono luoghi fuori dal tempo, spesso esotici, dalle caratteristiche particolari e che hanno forti influenze sulla psiche di coloro che vi si avventurano. In Orizzonte perduto un piccolo aereo viene dirottato nelle valli del Tibet e i passeggeri vengono presi in custodia dal lama Shrangi-La.

Questi è a capo di un monastero tibetano che ospita un’antichissima e segretissima comunità di saggi. I saggi passano una vita moderata, cercando di preservare i valori della civiltà umana. I passeggeri dell’aereo sono state dirottati perché Shangri-La deve scegliere il suo successore. Quest’ultimo sarà costretto a prendere una decisione che lo costringerà a venire a patti con se stesso e a compiere soprattutto un atto di fede.

Il parallelo con Lost è abbastanza chiaro. Anche qui un gruppo di sconosciuti viene scelto da un’entità soprannaturale e viene dirottato in un “mondo perduto” con un motivo ben preciso. L’isola ha bisogno di un nuovo custode che dovrà confrontarsi sul senso dell’esistenza, sul ruolo dell’umanità e sulla necessità di dover perdere il proprio stato di grazia per accettare o meno un nuovo ruolo nella sua vita.

La storia quindi non è incentrata sull’isola: perché si sposta? perché ha questa energia? quali sono i misteri che l’avvolgono? L’isola è di per sé inconoscibile e come tale deve rimanere. Tutte le sue stranezze fanno parte del suo status di luogo fuori dal mondo. È un posto che ha regole proprie, diverse da tutti gli altri luoghi del pianeta, ed è solo uno sfondo – per quanto misterioso – alla storia dei personaggi. Ci siamo forse fatti distrarre troppo da questo quando il vero fulcro narrativo è l’evoluzione dei protagonisti in questo luogo.

Due insegnamenti da Lost

Diventa quindi chiaro che il finale aperto di Lost è tale perché nessuno di noi può abbracciare, tanto meno raccontare, le infinite sfumature della psiche umana. Tutto è lasciato alla sensibilità dello spettatore, che si dovrà confrontare con il proprio io, e tirare fuori le proprie conclusioni rispondendo alla più classica delle domande: cosa avrei fatto io al loro posto?

Possiamo però raccogliere due insegnamenti da Lost. La dicotomia “scienza/fede” è un importante fil-rouge della serie.

La scienza è un mezzo indagatore, con dei limiti e che non ha sempre tutte le risposte. La morte di Faraday, avvenuta all’interno di un paradosso temporale, ne è un esempio. Questo ruolo è lasciato alla fede – in senso lato, non esclusivamente circoscritta alla fede in Dio, tantomeno alla fede esclusivamente cristiana. Bisogna accettare di non potere capire tutto, di seguire il proprio cuore, di prendere una decisione senza conoscere tutte le variabili.

lost - la riunione dei protagonisti

(Credits: Abc)

E il secondo insegnamento invece riguarda l’importanza delle relazioni umane. Soprattutto dopo questo anno di pandemia è risultato a noi chiarissimo: nessuno si salva da solo e abbiamo un estremo bisogno degli altri, di condividere la perdita di uno stato di grazia con altre esseri umani.

Ecco spiegata allora la riunione finale: i protagonisti hanno capito che hanno vissuto la più importante avventura della loro vita, ma l’hanno fatto, nel bene o nel male, insieme.

Quale serie tv ha raccolto l’eredità di Lost dopo il suo finale?

Ma ci sono serie tv successive a Lost che hanno saputo raccoglierne l’eredità? Se pensiamo al modo in cui è stata concepita, ovvero tenendo a mente dove sarebbe andata a finire, posso citare Breaking Bad oppure Game of Thrones oppure Dark.

Solo quest’ultima forse si avvicina di più anche alle tematiche trattate, ma in sole tre stagioni forse fatica approfondire tutto. Le altre due non sono poi serie fantascientifiche, non hanno un finale aperto e i più grossi interrogativi spesso si riconducono alla dicotomia vita/morte.

L'iconica chiusura del finale di Lost

L’iconico fotogramma finale di Lost (Credits: Abc)

Sarà anche vero che come pubblico siamo abituati – forse un po’ troppo – a farci guidare dalla serie tv. Vogliamo avere delle risposte e non ci piace che alcune questioni rimangano irrisolte. Ma se dopo 11 anni Lost fa ancora parlare di sé, credo che questa strategia abbia funzionato a pieno.

Quando nessuna risposta è valida, lo sono tutte. E quando le possibilità sono infinite, si troverà sempre un pretesto per parlarne ancora.

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