Game of Thrones compie dieci anni – Cosa è rimasto del Trono di spade?


Il 17 aprile 2011 è stata una data importantissima per Hbo e per la storia della televisione. Ma pochi potevano immaginarlo. Dieci anni fa, infatti, andava in onda Winter is coming, il primo episodio di Game of Thrones. Quella serie, con il titolo di Il trono di spade, sarebbe poi arrivata in Italia nel novembre successivo, su Sky.

L’entusiasmo per le vicende di sangue, sesso e potere che hanno costellato la storia di Westeros è durato per quasi un decennio, fino alla tutto sommato deludente conclusione del 19 maggio 2019.

Ma cos’è rimasto di quel clamoroso fenomeno globale che è stato Game of Thrones, dieci anni dopo il suo inizio?

È quello di cui proveremo a discutere oggi.

Dieci anni di Game of Thrones

Tratta dal ciclo di romanzi di George R.R. Martin (ancora in corso), è abbastanza certo che Game of Thrones sia ancora oggi la serie televisiva più famosa del mondo.

L’ultima stagione è andata in onda in 207 Paesi, in 194 dei quali in contemporanea con gli Stati Uniti. Numeri veramente impressionanti, cresciuti di stagione in stagione insieme al gradimento del pubblico.

O, almeno, così è stato fino alle ultime stagioni.

Moltissimi di noi, dopo l’ultima puntata, non sono riusciti ad andare oltre un laconico commento del tipo: “Beh, dai: Il trono di spade in fondo è stato un bel viaggio”.

Tacendo sul fatto che è stato il tipo di viaggio che per due terzi si è svolto in spensieratezza, su un’utilitaria fresca di concessionario, insieme ai propri migliori amici e con la radio che suona I’m gonna be dei Proclaimers, mentre l’ultima parte la si è fatta in dieci su un’apecar guidata da un cinghiale ubriaco su una strada tutta curve a 200 all’ora, sotto la grandine. E alla radio c’era solo Arnica di Gio Evan.

Una crescita costante negli ascolti

Un passo indietro, però. Innanzitutto, c’è da dire che la serie non è partita proprio in sordina, ma quasi.

I numeri in patria erano abbastanza in linea con altre produzioni Hbo: True Blood, per esempio, cominciata tre anni prima e andata avanti per sette stagioni, aveva esordito con una media di due milioni di spettatori per la prima serie; Boardwalk Empire, che di stagioni ne ha avute cinque e che debuttò sette mesi prima di GoT, ne ebbe poco più di tre milioni. Game of Thrones chiuse il suo primo ciclo con circa 2 milioni e mezzo di persone a seguire le gesta di Ned Stark e famiglia.

La differenza è in quello che successe dopo. True Blood arrivò al massimo a sfiorare i 5 milioni di spettatori, restando tutto sommato stabile intorno ai 4 milioni e mezzo. Boardwalk Empire andò lentamente a calare, chiudendo l’ultima stagione con circa due milioni di media. Game of Thrones no: ogni stagione gli spettatori aumentavano, anche a colpi di un milione-un milione e mezzo in più all’anno. L’unica eccezione fu tra la quarta e la quinta, in cui il pubblico Usa rimase stabilmente a quasi sette milioni.

Da lì, però, la corsa ripartì.

Il grafico con gli ascolti Game of Thrones stagione per stagione

Il grafico con gli ascolti Game of Thrones stagione per stagione (Credits: Wikipedia)

Il trono di spade cominciò dunque come una serie nella media di Hbo, e chiuse con quasi 12 milioni di persone a seguirne gli sviluppi. Con un picco di oltre 13 milioni e mezzo a vederne il finale, considerando solo gli Usa.

Verso il finale di Game of Thrones

Io c’ero. E probabilmente anche tu che stai leggendo. Eravamo in tantissimi a vedere il finale di Game of Thrones in contemporanea con gli Stati Uniti, quel 19 maggio 2019. Avevamo atteso gli ultimi sei episodi per quasi due anni, e ci chiedevamo se potessero bastare per chiudere in modo soddisfacente quasi un decennio di trame e sottotrame.

La risposta alla fine fu: “Più o meno”.

Game of Thrones

(Credits: Hbo)

Già dalla settima stagione avevamo dovuto fare i conti con un ritmo più concitato, con personaggi che si muovevano troppo rapidamente per Westeros e con soluzioni parecchio semplificate rispetto a quelle a cui ci avevano abituati. Un esempio su tutti è la fine di Ditocorto: quanti di noi avrebbero pensato che Petyr Baelish sarebbe liquidato in modo così sbrigativo e poco rispettoso dell’intelligenza che aveva sempre caratterizzato il personaggio?

L’ottava e ultima stagione prende i difetti della settima e li decuplica. Un calo micidiale, che colpisce soprattutto i personaggi caratterizzati da una grande astuzia: Varys e Tyrion, in particolare, dalla sesta stagione in avanti hanno la lungimiranza, la pazienza e la capacità di pianificazione di un carlino di fronte a una bistecca.

George, dove sei?

Intorno alla sesta stagione, gli eventi della serie smettono di poggiare sulle loro controparti cartacee. Il che era stato ampiamente previsto: George R.R. Martin, autore della saga originale – ovvero Le cronache del ghiaccio e del fuoco ha sempre detto di non volersi far mettere fretta dalla serie: l’obiettivo è solo chiudere degnamente la propria opera.

E come dargli torto? Tra un decennio, parafrasando una sua dichiarazione, la gente si ricorderà solo se ha scritto qualcosa di buono, non se i volumi finali di questo qualcosa sono usciti a un ritmo sufficientemente ravvicinato l’uno all’altro.

Le trame e le sottotrame di Il trono di spade avevano già preso traiettorie e sviluppi autonomi dal materiale di partenza, in parte, già dalle stagioni centrali.

Dalla sesta in poi, però, la base viene a mancare completamente.

Il famosissimo meme con il cavallo, feroce parodia dell'andamento delle otto stagioni di Il trono di spade

(Credits: Chissà chi su Internet, ma comunque uno che ha ragione)

Quello che sappiamo fin qui è che il finale è stato concordato a grandi linee con Martin parecchio tempo prima della stesura dell’ultima stagione, e in effetti sulla carta ha tutto perfettamente senso: Jamie e Cersei muoiono insieme, Jon torna oltre quella che fu la Barriera, Daenerys-passione-piromane viene uccisa, Sansa siede sul trono del Nord e Arya diventa travel blogger.

Il problema è stato proprio il viaggio, non l’arrivo: succede tutto troppo in fretta e senza un’adeguata costruzione degli eventi. Inaccettabile, per una serie che fino a quel momento ci aveva abituato a trascorrere una manciata di puntate per capire se l’esercito di Robb Stark sarebbe riuscito a oltrepassare un ponte oppure no.

House of the Dragon e gli altri spin-off di Game of Thrones

È difficile ripensare a Game of Thrones senza un po’ di amaro in bocca. Il calo drastico della qualità narrativa e il finale (abbastanza sensato, ma affrettato) sporcano inevitabilmente il ricordo di una serie che fino a quel momento era un capolavoro quasi perfetto.

Se avessimo saputo già intorno alla quarta stagione che – ad attenderci dopo la fine della serie – ci sarebbe stato uno spin-off intero sui Targaryen, probabilmente avremmo replicato l’esultanza di Marco Tardelli ai Mondiali di calcio spagnoli del 1982. Oggi accogliamo la notizia di House of the Dragon con diffidenza, con la freddezza di chi è rimasto un po’ scottato. Ma anche con un minimo di curiosità.

Curiosità di cui gli altri spin-off annunciati (uno sui viaggi di Corlys Velaryon e uno ambientato nel malfamato Fondo delle pulci di Approdo del Re) di sicuro non godono. Almeno per quanto mi riguarda.

Forse l’unico prodotto che potrebbe risvegliare il mio interesse è 10.000 ships, che segue le vicende di Nymeria, l’eroina di casa Martell le cui gesta hanno ispirato una giovanissima Arya Stark – e dato il nome al suo metalupo.

Ma l’eredità di Game of Thrones, per ora, non risiede nell’hype che i fan potrebbero avere per l’universo televisivo che la serie curata da David Benioff e D.B. Weiss potrà generare: l’eredità di Game of Thrones riguarda il modo di fare televisione oggi.

Cosa resta di Game of Thrones dopo dieci anni

Il trono di spade, tra la serie uscite negli ultimi dieci anni, è sicuramente quella che ha lasciato il solco più profondo. Da un lato ha confermato una tendenza dell’epoca, ovvero quel sospetto che la tv potesse essere un mezzo ancora migliore del cinema per raccontare storie. Dall’altro, ha portato il connubio tra serie tv, social e Zeitgeist a un livello inimmaginabile.

Game of Thrones era la serie più in voga nel momento di massimo splendore di Facebook, terreno adattissimo al proliferare dei fan e alla discussione di teorie, alla produzione di meme e al lancio di maledizioni violentissime indirizzate allo spoileratore di turno. Ha dimostrato come l’uscita settimanale degli episodi fosse la formula migliore per costruire un prodotto di impatto nella cultura di massa.

Game of thrones, The iron anniversary: ecco come Hbo festeggia i dieci anni dall'inizio della serie

Game of thrones, The iron anniversary: ecco come Hbo festeggia i dieci anni dall’inizio della serie (Credits: Hbo)

Ed è un modello che funziona tutt’ora: un’intera stagione di Stranger Things, caricata in blocco su Netflix, farà discutere e interessare i fan per una settimana o due; WandaVision, un episodio alla volta, ci ha tenuto impegnati a spaccarci la testa per due mesi.

Anche se nessuno, per ora, è riuscito ad avvicinarsi un minimo alla rivoluzione che Il Trono di spade ha rappresentato per il mondo dell’intrattenimento.

Si può dibattere su quale sia stata finora la serie tv più bella mai apparsa sui nostri schermi, e ognuno avrà un parere diverso e validissimo. Su quale sia stata la serie più influente e impattante degli ultimi dieci anni, invece, non ci sono assolutamente dubbi.

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