L’ondata nostalgica travolge i Millennials: al cinema il sequel di Jumanji
Ti avverto, penso di essere uno che mena forte!
Dottor Bravestone
Ormai lo abbiamo capito: stiamo attraversando una fase di nostalgia acuta per i tempi passati.
La nostra generazione ha dimostrato una vera e propria passione per i miti degli anni ’80, che ad uno ad uno sono ricomparsi sui canali più gettonati dai Millennials, cavalcando l’onda del successo: basti pensare al recente ritorno dei Goonies al cinema, al consenso di pubblico generato da serie tv come Stranger Things, a tutti i reboot partendo – per citarne uno – da Ghostbusters, ma anche alla serie di live action che ha lanciato la Disney e che hanno trascinato al cinema una generazione ormai cresciuta di donne e uomini che si sono dimostrati particolarmente ricettivi verso i cult della propria infanzia.
Era chiaro che prima o poi l’ondata nostalgica avrebbe investito anche gli anni Novanta: e superati i miti dei ragazzi degli Eighties, avrebbe risvegliato l’amore per alcuni sopiti personaggi che nell’ultimo decennio del secolo scorso hanno fatto sognare grandi e piccini.
Jumanji: benvenuti nella giungla è stato il film-cardine di questo processo.
Uscito alla fine del 2017, ha ripreso i fili del grande capolavoro con Robin Williams del 1995 e, seppur con l’accoglienza ostile e preoccupata che accompagna sempre questo tipo di manomissioni, ha finito per essere un reboot-sequel che ha avuto un buon ritorno di pubblico.
Tanto da convincere gli sceneggiatori a girarne un sequel: Jumanji: the next level è approdato nelle sale italiane lo scorso 25 dicembre.
Il colossal Jumanji: dove eravamo rimasti
Nel 1969 un dodicenne di nome Alan Parrish trova per caso un gioco da tavola fra gli scavi di un’impresa edile. Affascinato dal ritrovamento, porta la scatola a casa.
Quello che Alan non sa è che cento anni prima, nel 1869, due ragazzini spaventati avevano sepolto proprio lì lo stesso gioco, abbastanza in profondità da sperare che nessuno sentisse più il suo strano richiamo fatto di suoni di tamburo.
Dopo una brutta discussione con il padre, Alan rimasto solo in casa mostra il gioco alla sua amica Sarah: i due bambini iniziano a giocare, ma quando capiscono che Jumanji si comporta come una cosa viva facendo comparire pipistrelli e strane scritte in rima ad ogni lancio di dadi, cercano di smettere.
Tuttavia, l’ultimo lancio di Alan ha una spaventosa conseguenza:
Jumanji risucchia Alan e lo intrappola al suo interno. Sarah fugge spaventata inseguita da uno stormo di pipistrelli, e noi veniamo trascinati avanti nel tempo, fino al 1995.Le conseguenze della scomparsa dell’erede Parrish sono state terribili, e ventisei anni dopo della bella villa di famiglia non rimangono che muri spogli e desolazione.
Questo finché Nora Shepherd non si trasferisce lì con i due nipoti, Judy e Peter. I ragazzini sono orfani: hanno perso i genitori in un incidente d’auto qualche mese prima, in Canada.
Judy e Peter, guidati dal suono di tamburi, trovano Jumanji e cominciano a giocare: al secondo tiro di Peter, esce un 5 e Alan viene liberato.
I protagonisti non hanno altra scelta se non finire la partita che Alan e Sarah hanno cominciato ventisei anni prima. Trovata la donna, che ora tutti credono matta e che fa una vita solitaria spacciandosi per sensitiva, i quattro giocatori riprendono il gioco e tra mille peripezie, animali pericolosi, e il Cacciatore con il volto del padre di Alan che da loro la caccia, riescono a terminare il gioco. È Alan a fare l’ultimo tiro, e a pronunciare l’agognato “Jumanji”, la parola conclusiva che mette fine alla partita.
Nel momento in cui la sfida è conclusa, il gioco risucchia al proprio interno tutte le calamità che ne erano fuoriuscite, e Alan e Sarah si risvegliano abbracciati nel 1969, nel punto esatto in cui il gioco era cominciato. Questo da loro un’altra possibilità: i due ragazzi buttano il gioco nel fiume e lo guardano inabissarsi.
Nell’epilogo, la vigilia di natale del 1994, Alan e Sarah sono sposati e aspettano un bambino. Hanno organizzato una cena a casa loro a cui sono invitati, fra gli altri, anche i genitori di Judy e Peter, che non hanno il minimo ricordo di quanto accaduto perché, di fatto, nell’attuale presente non l’hanno mai vissuto.
Sarà proprio Alan a cambiare per sempre il destino dei ragazzi: ferma infatti i due genitori e impedisce loro di partire, così da cancellare quell’incidente d’auto e la loro morte prematura.
Jumanji 2: l’occhiolino a Robin Williams e l’arrivo della tecnologia
Quando, nel 2017, viene annunciato il sequel/reboot di Jumanji, i Millennials di tutto il mondo tremano: il pericolo che il capolavoro del 1995 venga rovinato solo per far cassa, è dietro l’angolo.
Invece Jumanji: benvenuti nella giungla, si destreggia bene tra malinconia e rispetto dell’originalità. L’arrivo della tecnologia cambia quel tanto che basta del film da renderlo un seguito dell’originale più che un mero rifacimento, e allo stesso tempo l’occhiolino che dalla regia stringono a Robin Williams fa commuovere gli appassionati.
Il film è disseminato di Easter Eggs, e i personaggi richiamano gli originali abbastanza da creare empatia con lo spettatore ma non così tanto da volersene sostituire.
Ripartiamo da dove ci eravamo salutati: siamo nel 1996 – due anni dopo la famosa cena di Natale a casa Parrish – e un ragazzino di nome Alex Vreeke (il nuovo Alan Parrish) una mattina riceve dal padre la scatola di un gioco che gli spettatori conoscono bene. Tuttavia gli da un’occhiata e un po’ svogliatamente lo butta in un angolo, facendo una considerazione molto attuale: chi gioca più ai giochi da tavola?
Jumanji è un gioco furbo.
Dopo aver attratto con i suoi tamburi l’uomo sulla spiaggia – infatti è stato recuperato proprio dove era finito quando Alan e Sarah lo avevano buttato nel fiume – acquisisce da Alex la consapevolezza di non aver più attrattiva sui giovani del 1996, che giocano oramai in altri modi.
Durante la notte perciò si trasforma in qualcos’altro: e al mattino al risveglio Alex Vreeke trova ad attenderlo un videogioco. Lo avvia e, nel momento in cui seleziona uno dei personaggi disponibili, viene risucchiato al suo interno e sparisce senza lasciare traccia.
Anche in questo caso, passano vent’anni.
Nel 2016 un gruppo di quattro adolescenti finisce in punizione. Spencer Gilpin (Alex Wolff), il protagonista della storia, nerd e paranoico con qualche problema a socializzare con i coetanei, il suo ex migliore amico Anthony “Fridge” Johnson (Ser’Darius Blain), Martha Kaply (Morgan Turner), timida e intelligente ma con qualche problema negli sport e con una scarsa fiducia in sé stessa, e la bella e vanitosa Bethany Walker (Madison Iseman), che nasconde le sue insicurezze dietro lo schermo del cellulare, attraverso il quale cerca di far credere agli altri di avere una vita perfetta.
Sebbene ciascuno per un motivo diverso, i quattro ragazzi finiscono per dover pulire la cantina della scuola che deve essere trasformata in un’aula di informatica.
Ed è adempiendo ai loro doveri che trovano il videogioco Jumanji.
Una volta avviato, selezionano ciascuno un personaggio e proprio come accaduto ad Alex Vreeke vengono risucchiati nel gioco.
Stavolta, diversamente da quanto accaduto nel film originale, lo spettatore non rimane all’esterno della foresta: si ritrova catapultato nel mondo misterioso di Jumanji insieme ai protagonisti, e scopre così la fantomatica selvaggia realtà in cui Alan Parrish è stato rinchiuso per ventisei anni finché Judy e Peter Shepherd non lo hanno tirato fuori per caso.
Diversamente però da quanto accadeva con il gioco da tavola, questo Jumanji videogioco prevede l’uso di avatar: pertanto i quattro protagonisti si trovano a vestire i panni di personaggi molto, molto diversi da loro.
Spencer è diventato il dottor Smolder Bravestone (Dwayne Johnson, alias The Rock), muscoloso archeologo che ricorda un po’ lo stile di Indiana Jones, Martha la spietata e bellissima killer Ruby Roundhouse (Karen Gillan), Bethany il cartografo di mezza età Sheldon Oberon (Jack Black), soprannominato da tutti Shelly, e Fridge il basso e lento zoologo Franklin “Topo” Finbar (Kevin Hart).
Ognuno dei quattro ragazzi ha un tatuaggio sul bracco: tre linee nere che corrispondono ciascuna a una vita. Ogni volta che muoiono durante una missione perdono una linea, e se dovessero finirle tutte farebbero game over e resterebbero per sempre intrappolati nella foresta, senza poter più tornare a casa.
L’unico modo per salvarsi è finire la partita e salvare Jumanji dalle mire del perfido Russell Van Pelt, che ha rubato il “cuore” della foresta, la gemma dell’occhio della statua del Giaguaro che veglia sull’incredibile mondo del videogioco, distruggendo l’equilibrio dell’ecosistema e ottenendo il controllo di ogni creatura di quell’universo.
Durante uno scontro con Van Pelt, i quattro protagonisti vengono salvati dall’unico personaggio che non era disponibile nel momento in cui hanno iniziato a giocare: il pilota Jefferson “Idrovolante” McDounough, che scoprono presto essere Alex Vreeke, lo stesso Alex scomparso dalla loro cittadina vent’anni prima.
Ben presto convincono Alex a unirsi a loro. Il giovane infatti si è rifugiato in una capanna appartenuta ad Alan Parrish (e la scritta incisa nel legno con il nome del ragazzino è il primo grosso easter egg per gli appassionati), e racconta di non essere più riuscito a progredire nel gioco da solo. Inoltre, gli è rimasta solo una vita.
Intrapreso insieme il viaggio, i cinque ragazzi riescono ad arrivare all’ultimo livello: ma poco prima di raggiungere la statua Alex viene punto da una zanzara e perde l’ultima vita. Sarà Bethany a salvarlo: condividendo le sue ultime due vite con lui e rimanendo così esposta al game over definitivo.
Durante lo scontro finale, è Spencer a dover prendere le redini della situazione. Ma il ragazzo è rimasto con una sola vita e la sua ansia, la sua paranoia, torna a fargli visita. Sarà Fridge a cambiare le cose, regalando la più bella perla morale del film: si ha sempre, una sola vita da vivere. Bisogna solo decidere per cosa vale la pena farlo.
Spencer e Martha, unendo le forze, riescono a recuperare la gemma dallo spietato Van Pelt e a inserirla nell’occhio del Giaguaro. Jumanji è salvo, e dopo aver gridato il suo nome pongono fine alla partita e sono liberi di tornare a casa.
Alex Vreeke, proprio come Alan Parrish prima di lui, torna nel momento esatto in cui aveva iniziato il gioco, ma questo lo spettatore lo scopre insieme agli altri quattro adolescenti, che si sono risvegliati nella cantina della scuola.
Passando davanti a casa Vreeke, la trovano addobbata per le feste e vedono arrivare una macchina da cui scende un uomo adulto con due bambini, una un po’ più grande, e un bebé in fasce. L’uomo li guarda, li riconosce e si avvicina: è Alex, che racconta di essere tornato a casa nel 1996, di essersi sposato e di aver chiamato la sua primogenita Bethany, come la ragazza che ha salvato la sua vita.
Spencer, Martha, Bethany e Fridge rompono il videogioco di Jumanji in mille pezzi, e riprendono le loro vite, un po’ più maturi e più legati di quanto fossero mai stati in precedenza.
Ma nessuno è convinto che questa sia davvero la fine della storia…
Jumanji: The Next Level, ora al cinema
L’intuizione vincente del reboot di Jumanji ha riportato in auge il genere dell’avventura al cinema, e per questo l’annuncio del sequel non ha stupito nessuno.
Ma è un’altra la scelta vincente di questa nuova serie di film: Jumanji, diventato un videogioco, si è rivelato essere lo strumento giusto per raccontare l’impatto delle nuove tecnologie sulla società moderna.
Se nel primo film la storia si è concentrata soprattutto sul concetto di Avatar, che ha dimostrato come tutti possono essere qualcun altro in un mondo virtuale e soprattutto quanto sia facile essere forti finché la situazione ‘non è reale’ (ricordo quanto indicativa fosse stata la frase di Fridge a Spencer alla fine del primo film, quando gli ha spiegato che abbiamo sempre solo una vita, e che non si può essere coraggiosi solo in un videogame), in questo seguito la sceneggiatura si concentra su un altro elemento molto importante: la crisi generazionale che allontana i giovani dai più anziani quando si tratta di mettere le mani su uno strumento informatico.
La chiave del racconto è Danny DeVito – un’altra icona anni ’90 che torna a far sognare i Millennials (chi di noi non ricorda Matilda?!) – che interpreta il nonno di Spencer: e quando il gioco comincia, è proprio DeVito a vestire i panni del dottor Bravestone, il protagonista del gioco, il personaggio più forte. Peccato che l’anziano nonno Eddie non abbia proprio idea di come funzioni un videogame!
La comicità è assicurata e il risultato eclatante: ancor più forse di quanto non fosse già avvenuto con Jack Black (Shelly Oberon) che nel primo film interpretava la ragazza più popolare del liceo.
Anche The Rock torna a far ridere il pubblico: i suoi tempi comici si sposano perfettamente con la fisicità da eroe dell’azione.
I personaggi insomma sono il punto forte del film, e le interazioni tra gli stessi sono ciò che davvero colpisce ed entusiasma lo spettatore. L’avventura in sé stessa forse ci perde un po’, ma Jumanji si riconferma per essere ormai un franchise di assoluto successo.
Come spesso accade con i film d’avventura degli ultimi anni, è bene tenere presente che raramente la pellicola finisce prima dei titoli di coda. Perciò abbiate pazienza e rimanete seduti fino alla fine: ne varrà la pena.
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