Il caso Game of Thrones: perché piacciono le serie TV


Perché ci piacciono le serie tv, da Game of Thrones a Stranger Things

Da Game of Thrones a Stranger Things: le serie tv più amate del 2018

All’università parlavamo con alcuni colleghi delle serie tv che seguiamo al momento. A un certo punto qualcuno fa il nome di “Game of Thrones”, e io, sorseggiando tranquillamente il mio caffè, asserisco che non l’ho mai visto.
All’improvviso quattro paia d’occhi stralunati mi fissano come se venissi da un altro pianeta: se avessi comunicato loro l’intenzione di attraversare la Manica a nuoto avrei fatto meno scalpore. Una collega, prima fra tutti a riuscire a riprendere fiato, mi chiede quasi strozzata: “non hai mai visto GOT? Ti manca un pezzo essenziale della cultura del ventunesimo secolo!”.
La sua considerazione, seppur forse un filo drammatica, mi ha fatto riflettere. Quanto è cambiato il nostro concetto di cultura, e quanto le serie televisive sono diventate parte integrante di essa?
La risposta è: tanto.
L’avvento di internet ha rivoluzionato il nostro modo di guardare la televisione, prima di tutto perché non guardiamo più la televisione. E andiamo meno anche al cinema: le piattaforme streaming hanno stravolto l’idea di intrattenimento domestico e hanno reso accessibile un mondo inesplorato di serie tv che prima altro non erano se non il fanalino di coda del mondo dello spettacolo.
Netflix ha dimostrato ampiamente che siamo anche disposti a pagare ciò che funziona. I nostalgici ricorderanno senza dubbio megavideo, con il suo limite di minuti video e i pop up pubblicitari che bloccavano il computer per qualche paio d’ore. E quelli più vintage avranno un memorabile ricordo dei blockbuster: ecco, Netflix ha colto la formula vincente piazzandosi a metà strada tra le due cose. A pagamento come l’inestimabile assortimento di film dei negozi di noleggio ma a portata di click come il pioniere dello streaming.
La facilità di reperimento si sposa felicemente con un’altra grande verità: amiamo le serie tv perché ci danno il tempo di affezionarci ai personaggi. Le trame vengono diluite e distribuite in un arco di tempo che un film, anche bello lungo, chiaramente non può permettersi (a meno di non voler incatenare uno spettatore in una sala cinematografica per quattro ore. Cosa che è quasi considerabile sequestro di persona).
Invece le serie sono novelli romanzi: ogni puntata è un capitolo, e quando la storia è intrigante la si divora tutta d’un fiato. Proprio come si fa con un libro: il binge watching è assicurato. E’ tutta questione di sapere cosa succede dopo: ci fa quasi ridere il riassunto all’inizio di ogni puntata; negli episodi precedenti… insomma, sono qui da tre ore e mezza, fra due mi devo alzare per andare a lavorare, credi davvero che abbia bisogno di un sunto veloce di ciò che potrei essermi persa?
Divoriamo le serie perché ci innamoriamo dei protagonisti, tifiamo le ship come quando da ragazzini speravamo che trionfasse l’amore tra Rossana (Kodomo no Omocha) e Heric (Akito Hayama) e ancora non sapevamo che si trattasse di ship. Impariamo a conoscere i personaggi, si instaura un rapporto quasi di amicizia: tanto che ci coglie un senso di vuoto quando arriva il the end. Proprio come quando abbiamo visto Harry, Ron e Hermione guardare Hogwarts da lontano e abbiamo capito che era tutto finito.
In conclusione, probabilmente, ha ragione quella mia collega. Le serie tv sono parte integrante della nostra cultura, che oggi non è più una cosa per aristocratici un po’ distante dalla realtà, ma ben si fonde con essa permeando, fortunatamente, le nostre vite.
Tutto sommato, forse, è il caso di dare una seconda possibilità a Game of Thrones.

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