Recensione – Veloce come il vento


Veloce come il vento. Un film di Matteo Rovere con Stefano Accorsi, Paolo Graziosi e Matilda De Angelis. 

veloce come il vento locandina

Nostro Signore del sangue che corre nel buio delle vene. Reggi il mio braccio sul volante, regola la forza dei miei piedi sull’acceleratore e freno, proteggimi e fa che niente mi accada”.

Loris De Martini (un eccezionale Stefano Accorsi), chiamato il ballerino, è un ex pilota di Rally, famoso per come “ballava sulle curve” e per il suo pessimo temperamento e, dopo essersi ritirato, è caduto in un circolo di disperazione e droga. L’occasione del riscatto arriva con la morte del padre, stroncato da un malore mentre seguiva la sorella Giulia (Matilda De Angelis) durante una corsa. Giulia, che a diciassette anni ha dovuto, già da tempo, svestire i panni della ragazzina per farsi carico della propria casa, di una madre che spunta ogni dieci anni per poi riabbandonarli e di un fratello minore che non sorride mai, deve vincere assolutamente il campionato GT per ripagare un debito che, altrimenti, le costerà la casa. E’ così che Loris si ritrova a dover rimettere insieme i cocci di se stesso per allenare la sorella e aiutarla ad uscire da questa situazione.

Veloce come il ventoVeloce come il Vento è un film di motori e riscatto familiare, più simile a Rocky e The Fighter che a Rush e Fast and Furious pur non mancando macchine strepitose, colonna sonora che accompagna (firmata da Andrea Farri) e corse spettacolari (chi avrebbe mai detto che sarebbe stato possibile, e credibile, una corsa clandestina per le strade di Matera?). Ma non è solo questo. Veloce come il Vento è anche la dimostrazione che, pur con i suoi difetti, sia possibile avvicinare alla semplicità del panorama italiano un tipo di cinema che fino ad oggi ci sembrava estraneo come quello delle corse automobilistiche.

veloce come il ventoEd ecco che il set si sposta in Emilia Romagna, terra di motori, e il dialetto si allontana dal solito Romano, Siciliano e Napoletano per farsi Emiliano, a suon di “vacca boia“, “Sócc’mel” e vocali strascicate. Per Stefano Accorsi, bolognese di nascita, è al tempo stesso un ritorno alle origini e un allontanarsi dai soliti ruoli che lo accompagnano. Impressionante la sua trasformazione, che, pur mantenendo forse una muscolatura troppo sana per un drogato, ha richiesto notti insonni per sembrare più sciupato, dieci chili persi e un set di denti marci ad hoc. A lui vengono dedicate le battute più interessanti del film, un umorismo spontaneo che ti conquista pur nel suo lerciume.

veloce come il vento - giulia de martiniAd accompagnarlo in questa avventura una ventenne Matilda De Angelis (vista ultimamente nella seconda stagione di Tutto può succedere), che sicuramente ha buone potenzialità e il physique du role adatto per il film, ma che per il momento risulta ancora un po’ rigida e impacciata. Ma ci sta, se si pensa che prima di dedicarsi alla recitazione era la frontgirl della band bolognese Rumba de bodas

Matteo Rovere (che oltre a dirigere il film ne ha curato la sceneggiatura assieme a Filippo Gravino e Francesca Manieri, prendendo spunto dalla vita di Carlo Capone) è riuscito nel compito di creare un film credibile non solo nella trama e nei protagonisti, ma anche nelle gare spettacolari, tutte riprese dal vero e senza aiuto dalla computer grafica ma, anzi, con tanto di auto della produzione iscritta al campionato GT. Ben presentato, non solo a livello di sceneggiatura, montaggio e fotografia ma anche a livello di pubblicizzazione che a partire dai social media, passando per il trailer, riesce a catturare l’attenzione del pubblico e a coinvolgerlo ancor prima di entrare in sala. A questo, si aggiunge, una visione realistica della dipendenza della droga, che viene presentata in modo diretto, senza cercare di sfruttarla per creare disagio nello spettatore ma, al tempo stesso, senza nasconderla o limarne i contorni con finto buonismo. Dove avrebbe potuto osare un po’ di più è, invece, su alcuni tratti della trama, soprattutto verso il finale, invece di lasciare alcuni passaggi sbrigativi.

Veloce come il vento resta comunque un film molto interessante e inedito, che riesce a coniugare sapientemente il mondo delle corse, con una storia di forza di volontà nella lotta contro se stessi e i propri demoni e un paesaggio italiano tra i più suggestivi.

In un periodo in cui il cinema italiano sta riscoprendo nuovi generi e nuova linfa vitale (Il racconto dei Racconti, Smetto Quando Voglio, Suburra, Perfetti Sconosciuti, Lo Chiamavano Jeeg RobotVeloce come il Vento riesce a portare nuova brezza e originalità soprattutto nei personaggi che, nonostante tutto, non sono mai scontati ancor più, forse, dell’osannato Lo Chiamavano Jeeg Robot.

Cosa ci è piaciuto: l’ottima interpretazione di Stefano Accorsi, che riesce a ballare in modo perfetto tra tutte le sfaccettature del suo protagonista, l’equilibro tra scene di azione e drammi familiari e la coerenza del mondo automobilistico GT (se siete appassionati di motori non potrete non emozionarvi davanti ai 700 cavalli della Pegeut 205 T16 del ballerino).

Cosa non ci è piaciuto: alcuni passaggi, soprattutto verso il finale, un po’ sbrigativi e alcuni dettagli che lasciavano l’amaro in bocca (chi ha studiato un minimo di teatro vi racconterà che tutto ciò che c’è in scena o che viene detto deve avere un senso perciò ci chiediamo il senso di mostrarci i pistoni sotto stress se non sono difettosi o la descrizione sulla cartina dell’ultima curva della gara finale).

+ Non ci sono commenti

Aggiungi