Stroncatura – Legend
Legend. Un film di Brian Helgeland con Tom Hardy, Emily Browning, Christopher Eccleston, David Thewlis.
E’ possibile riuscire a rovinare un film attraverso il doppiaggio? Non è la prima volta, negli ultimi anni, che ci poniamo questa domanda. Tutti sanno che i doppiatori italiani sono tra i più bravi al mondo, e questo è sicuramente vero, tuttavia ultimamente è difficile non notare che non di rado le voci scelte per i diversi attori non sono propriamente all’altezza.
Certo, ci sono casi molto complicati, come trovare qualcuno che riesca a rendere tutte le varie sfumature di Benedict Cumberbatch (alcuni più riusciti di altri come Simone D’Andrea in Star Trek: Into Darkness o il sempre bravissimo Luca Ward ne Lo Hobbit: La desolazione di Smaug, altri davvero pessime come i due tentativi di doppiaggio di Sherlock ma in ogni caso mai all’altezza dell’originale) e casi molto semplici come Vin Diesel (sfido chiunque a distinguere la sua voce da quella di Massimo Corvo.
Quando poi devi dare la voce ad un solo attore che interpreta due gemelli molto differenti tra loro allora il livello si alza. E se non sei davvero bravo rischi la caricatura.
Questo è ciò che è successo in Legend, gangster movie all’inglese, che racconta la storia vera di Reginald e Ronald Kray, fratelli gemelli e noti criminali dell’East London negli anni sessanta e si poggia interamente sulla bravura camaleontica di Tom Hardy. La storia non è tratta da un romanzo, bensì dal resoconto resoconto biografico di John Pearson, “The Profession of Violence: The Rise and Fall of the Kray Twins”, grazie a cui lo scrittore si merita la nomination agli Edgar Allan Poe nel 1972.
Reggie, è la luce della coppia, attraente, carismatico, e dedito agli affari. Come non innamorarsi di lui quando ti lancia caramelle dalla finestra per attirare la tua attenzione perché ha paura dello sguardo accusatore di tua madre, o quando si arrampica sul muro per raggiungerti e chiederti in sposa. Ronnie, è al tempo stesso suo completamento e sua nemesi, “sanguinario e irrazionale”, uno psicopatico con tendenze schizofreniche ma trasparente con se stesso e il mondo. Ronnie non ha paura di mostrare chi è davvero, di ammettere la propria omosessualità e il proprio desiderio di sangue. Raggie, al contrario, “Non ha paura di niente se non di se stesso“. Ma sono davvero i due opposti o, piuttosto, sono semplicemente i due estremi di uno stesso carattere, dove Ronnie, pur esagerando a causa della propria condizione psicologica, ha il coraggio di ammettere la propria passione per la violenza e la vita da gangster mentre Raggie cerca di nasconderla e tenerla segregata nella parte più oscura di sé?
Luce e ombre si confondono all’interno di Raggie, che da un lato aspira ad una vita alla luce del giorno, accanto a Frances, la donna della sua vita interpretata da Emily Browning (Una serie di sfortunati eventi, Sucker Punch), ma dall’altra non riesce a discostarsi da quelle zone oscure e violente che è la vita accanto al fratello.
Frances e Ronnie sembrano quasi rappresentare i due lati della coscienza di Raggie, angelo e diavolo, volontà e desiderio, nell’eterna lotta per la sua anima, una lotta destinata a concludersi solo con la piena accettazione di sé stessi.
Legend non è un brutto film, forse un po’ lento, ma comunque rappresentate della tradizione inglese e regala piccole chicche ai cinefili come rivedere Christopher Eccleston (Doctor Who, Thor the Dark World), David Thewlis (Harry Potter e il prigioniero di Azkaban) e Colin Morgan (Merlin, Humans). Il problema maggiore del film è proprio il doppiaggio, che non permette di farsi trasportare dalla storia ma, al contrario, fa sembrare i personaggi finti ed impedisce di prenderli sul serio. E’ il caso soprattutto di Ronnie, che sembra quasi diventare una caricatura, una versione folle e perversa di paperino.
Peccato davvero, perché Hardy era riuscito invece a dar forza, con la voce, alle movenze del personaggio, creando un “Mr Hide” credibile e a tratti apprezzabile. Incredibile e magistrale la scena della scazzottata tra i due fratelli, in cui Hardy riesce a rappresentare entrambi senza confusione.
Certo è che, ancora una volta, questo attore ha dato prova della sua bravura, riuscendo a stupirci e a reinventarsi e prendendosi di diritto (se già non era evidente a tutti) uno dei posti nell’Olimpo cinematografico degli ultimi anni. Non vediamo l’ora di rivederlo all’opera, quale coniglio può estrarre dal suo cilindro?
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