Recensione – Inside Out


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Inside Out, un film Disney Pixar diretto da Pete Docter e Ronnie del Carmen.

Era il 1995. Eravamo piccoli, ma non abbastanza per non ricordarci delle cose. La Disney usciva con Pocahontas e Simon Wells dirigeva Balto. Ce lo ricordiamo bene quel periodo, perché nonostante fossero usciti film d’animazione interessanti, nulla era in grado di confrontarsi con qualcosa che avrebbe cambiato il mondo dell’animazione in modo definitivo: Toy Story. La Pixar era entrata in campo distruggendo la concorrenza e cambiando il modo di intendere il cinema e l’animazione. Toy Story non era solo un modo differente di rappresentare tecnologicamente un racconto, ma era anche una storia interessante, innovativa, che ha segnato l’infanzia di milioni di bambini. Andy rappresentava tutti noi e l’idea che tutti quei giocattoli fossero lì per lui, volessero solo il suo bene e non lo volessero deludere era qualcosa che non scorderemo mai.

TSDi acqua, sotto i ponti, ne è passata moltissimo. Andy è cresciuto, la Pixar è cresciuta, e ha segnato un successo dietro l’altro, dovendo sempre confrontarsi non solo con le altre case di produzione ma anche con se stessa. Difficile mantenere costantemente aspettative così elevate e, negli ultimi anni, si è detto più volte che stesse perdendo il suo smalto. Non che le storie fossero brutte, ma, proprio perché i loro standard arrivavano alle stelle, prodotti buoni, ma senza quel tocco di magia tipico della Pixar, sono apparsi privi di smalto, opachi. Gli scricchiolii iniziano a sentirsi quando arrivano anche le notizie di molti sequel: Toy story 3, Cars 2, Monster University, Finding Dory. Si dice che quando leggi una bella storia te ne accorgi perché, quando l’hai finita, vorresti essere il migliore amico dello scrittore, in modo da potergli chiedere che fine fanno i personaggi. Allo stesso tempo, però, il proseguire storie già raccontate indica anche che non se ne conoscono di nuove.

Eppure la critica oggi è unanime nel dichiarare che la Pixar è tornata, e con Inside Out lo ha fatto in grande stile. Inside Out è una storia vecchia raccontata in un modo nuovo, è salire sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse“, perché “è proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva“.

imagesUna storia vecchia, perché sul lato della trama e della narrazione non c’è nulla di innovativo. Le emozioni, nella testa di Riley, sono esattamente come i giocattoli di Andy, il rapporto conflittuale di Gioia e Tristezza e la loro avventura non è dissimile da quella di Woody e Buzz.  Anche il livello della narrazione è molto semplice. Ad una situazione di tranquillità si succede un evento che scombussola gli animi e due personaggi, molto diversi da loro e in conflitto, si ritrovano a dove condividere un’avventura per tornare a casa. L’avventura non è solo fisica ma anche psicologica perché il tempo passato assieme permette loro di conoscersi meglio, di capirsi e di legarsi indissolubilmente. Anche qui ci ricorda molto Toy Story.

Perché, dunque, Inside Out ha scatenato tutto questo successo che lo ha portato ad incassare, per il momento, quasi 800 milioni di dollari in tutto il mondo? Perché Inside Out è una seduta di psicanalisi sotto forma di cartone animato, un film d’animazione per tutti dove nessuno può impedirsi di ridere, commuoversi e imparare qualcosa di più. E’ mettere assieme i personaggi di Toy Story, l’attenzione nei dettagli architettonici di Monsters & Co, l’emotività dei primi minuti di UP e una storia di crescita e rapporto tra genitori e figli come lo era stato solo Alla Ricerca di Nemo; il tutto condito da un profondo studio della psicologia di Freud e Jung, un pizzico di follia tipico della Pixar e uno svisceramento della mente umana che piacerebbe molto anche a Christopher Nolan. Ma non solo.

images4Inside Out è la dimostrazione che il coraggio paga sempre e che, in un periodo dove le idee nuove scarseggiano e gli stereotipi abbondano, chi osa riesce a creare qualcosa di speciale. Dove, ormai vent’anni fa, c’era Andy a rappresentare tutti i bambini del mondo, oggi c’è Riley, una ragazzina di 11 anni, a rappresentare non solo tutti i bambini, ma tutto il genere umano. Perché Riley non è solo una bambina, ma è un personaggio completo, sfaccettato, proprio perché possiamo entrare nella sua testa e possiamo riconoscerci in lei. E questa è la prima innovazione. Perché solitamente i personaggi femminili, e quelli giovani, vengono spesso resi in modo superficiale, non per cattiveria, ma per eccessiva semplificazione. Riley è una bambina, ma gioca a hockey, sogna di andare sulla luna insieme al suo amico immaginario e si trova in difficoltà a scuola il primo giorno perché tutta l’attenzione è su di lei. Come non riconoscerci in lei, come non attivare ogni singola emozione attiva in noi mentre guardiamo la sua crescita.

Ed ecco la seconda innovazione. Perché, come abbiamo anticipato, Inside Out è estremamente ben fatto dal punto di vista psicologico e dimostra un forte studio a priori per rappresentare la mente di Riley. Benché, per motivi di trama, le emozioni siano state racchiuse in 5 fondamentali (gioia, rabbia, tristezza, disgusto e paura), l’unione di esse riesce a rappresentare ogni sfaccettatura umana. Secondo alcuni studi l’ansia sociale nasce proprio dal fatto che non riconosciamo il legame tra emozioni ed azioni. Portare perciò sul grande schermo un tema del genere è sicuramente un bel passo che si affianca a quello di Wall-E per quanto riguarda, in quel caso, l’ecologia. Insegnare ai bambini, già da piccoli, cose serie ed importanti attraverso film d’animazione è sicuramente un valore aggiunto ad un prodotto, come quello Pixar, che già di per se raggiunge i massimi livelli. La struttura della mente, le case della famiglia, dell’amicizia ecc, l’utilità dei ricordi a lungo termine, il colore delle sfere che non è mai fisso del tempo ma può essere cambiato, sono concetti che sono importanti non solo per i bambini, ma per chiunque. Quando riportate alla mente un ricordo d’infanzia, di qualcuno che non c’è più o di un momento a cui siete molto legati non vi capita mai di sentirvi allo stesso tempo felici e un po’ tristi? InsideOut556500e7ce61d.0Questa è una cosa molto importante perché dimostra che ci sono sempre due punti di vista in ogni cosa, che un momento triste può anche portare a un ricordo felice e vice versa. Allo stesso tempo, tuttavia, ci sono ricordi che sono più importanti degli altri, che ci hanno segnato di più non solo perché sono più forti ma proprio perché in quel momento si è creata una sfaccettatura del nostro carattere e, perciò, ci ha cambiati. Se prendiamo due persone molto simili ma facciamo loro vivere due vite molto diverse, è probabile che crescendo diventeranno persone differenti, che i loro caratteri si modificheranno molto da quello di partenza.

inside-out-puppy-bowl-trailerInside Out ci insegna che non esiste e non deve esistere un’emozione preponderante sulle altre. Anche se Riley viene considerata come una bambina allegra questo non deve portare gioia a sopprimere le altre emozioni perché quando cerchiamo di sopprimere un’emozione il risultato è l’implosione. Inside Out ci insegna che ogni emozione è importante e non dobbiamo avere paura di esporci, di mostrarci insicuri, di farci guidare dalla paura, dalla rabbia e dal disgusto. Certo, bisogna sempre cercare di bilanciare le proprie emozioni, ma il fatto che esistano vuol dire che sono tutte importanti allo stesso modo.

Inside Out è un prodotto intelligente, divertente ed emotivo al tempo stesso. E, soprattutto, è qualcosa che sta già segnando una nuova mania perché può adattarsi a qualunque cosa, anche alla visione del trailer degli Avengers!

Inside Out è, per le generazioni di bambini di oggi, quello che per noi è stato Toy Story, qualcosa che ha cambiato il nostro modo di vedere le cose e che ci ha insegnato dei valori importanti che, in un modo o nell’altro, ci siamo portati dietro fino ad oggi.

Perciò  sono convinta che noi oggi, rivedendo Toy Story, e in futuro loro riguardando Inside Out, non avremmo alcuna difficoltà a immaginare di quali colori si strierebbe la nostra sfera del ricordo…..

Ben fatto PIXAR, da chi ci fa emozionare da 20 anni non ci saremmo potuti aspettare nulla di meno!

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