Recensione – Jurassic World


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Un film di Colin Trevorrow, con Chris Pratt, Bryce Dallas-Howard, Vincent D’Onofrio, Omar Sy.

 

“Sono dinosauri, sono già wow!” Owen Grady

 

Il cinema è fatto per strabiliare il pubblico, lo sapeva bene Steven Spielberg quando 22 anni fa cambiò per sempre il modo di fare film d’intrattenimento con i rivoluzionari effetti speciali del primo Jurassic Park, in cui la meraviglia di vedere i dinosauri riportati in vita dalla magia tecnologica valeva già da sola il prezzo del biglietto.

Da quell’ormai lontano 1993 ne abbiamo fatti staccare di biglietti in sala e ci siamo ormai abituati a vedere immagini sempre più realistiche ed impressionanti, siamo diventati esigenti e la nostra soglia di attenzione si è spaventosamente abbassata: come quei ragazzini che al Jurassic World mettono mano all’onnipresente cellulare mentre assistono al pasto del T-Rex, anche noi abbiamo smesso di stupirci.

L’abilità di questo film, furbo e nostalgico al punto giusto, è quella di farci riflettere nel vedere quanto siamo cambiati noi in questa ventina d’anni in cui la tecnologia ci ha semplificato la vita fino a toglierci la curiosità.

Così la trama di “Jurassic World” ci riporta a Isla Nublar, un vero e proprio luogo dell’anima che non esiste nella realtà ma che nel nostro cuore conosciamo benissimo e ripercorriamo con ritrovato piacere, e immagina che alla fine il sogno di John Hammond di regalare al mondo un parco popolato di dinosauri si sia avverato e, come qualsiasi altro parco a tema, abbia bisogno di costanti rinnovamenti e nuove aggiunte per tenere alta l’affluenza di visitatori dopo anni di attività: vediamo tutti i paradossi del presente riflessi in quel viale principale pieno zeppo di turisti accaldati e merchandising invadente, in cui le multinazionali danno il nome alle attrazioni e l’amministratrice del parco è sempre alla ricerca di nuove sponsorizzazioni; sembra di vedere Disneyland o il cardo e il decumano di Expo 2015.

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L’azione prende il via quando, superando ampiamente il dilemma morale sull’uomo che si finge Dio e ricrea esseri viventi estinti da milioni di anni su cui si fondava il primo film e il libro di Michael Crichton da cui era tratto, i proprietari del Jurassic World inventano una nuova specie di dinosauro mescolando il DNA dei più letali predatori preistorici e le capacità mimetiche degli anfibi odierni: ovviamente questa macchina da guerra invincibile dotata di intelligenza e crudeltà innaturali fugge quasi subito dal proprio recinto, iniziando a seminare morte e distruzione sull’isola.
Solo che stavolta il parco non è in prova, ma ospita circa ventimila persone ignare del pericolo che corre a grandi passi verso di loro.

Mentre la sicurezza si rivela ancora una volta un’illusione e i giochi di potere avvengono cinicamente all’ombra della tragedia, gli unici che si schierano in prima persona per fermare la minaccia sono l’AD del parco Claire, che si rende conto tardivamente di non dover gestire solo numeri e si mette alla ricerca dei due nipotini dispersi nella giungla, e il tosto ex-militare Owen, diventato ammaestratore di velociraptor, che accetta di mettere da parte le divergenze etiche per aiutare la ragazza nella missione di soccorso: i due ben presto maturano un rapporto conflittuale, sarcastico e condito di attrazione fisica come ai tempi de “All’Inseguimento della Pietra Verde”.Jurassic-World-Movie-Poster-3-Chris-Pratt-Raptors

E di richiami e citazioni il film ne fa di continuo, facendoci rivisitare i luoghi e le situazioni che hanno appassionato la nostra infanzia, filtrandoli attraverso il punto di vista delle nuove generazioni (il bambino entusiasta e il fratello adolescente che si perdono nel parco, ma anche il pubblico giovane di oggi), facendoci rendere conto di quanto tempo è passato ma dandoci contemporaneamente la possibilità di emozionarci di nuovo, come bambini appunto.

Il regista Colin Trevorrow, che prima di questo ha diretto un solo lungometraggio dal profetico titolo “Safety Not Guaranteed”, è stato scelto personalmente dal produttore Steven Spielberg, che ne ha intuito le doti innovative per aggiornare la propria creatura, pur nel rispetto quasi religioso delle suggestioni dell’originale.
Il ritmo che Trevorrow imprime alla pellicola è tale da permettere al pubblico di farsi venire la pelle d’oca riascoltando la potente fanfara del leggendario tema musicale di John Williams (riarrangiato da Michael Giacchino) mentre sullo schermo scorrono le immagini delle distese lussureggianti in cui pascolano brachiosauri e triceratopi, e un secondo dopo terrorizzarlo con scene di caccia nella fitta foresta in cui le riprese in soggettiva aumentano la confusione su chi, tra umani e carnivori preistorici, sia il cacciatore e chi la preda.

Il regista, alternando tensione e terrore primordiale a momenti decisamente più leggeri in cui c’è anche tempo per un pò di humour, si permette anche guizzi gustosissimi come la citazione de “Gli Uccelli” di Hitchcock, rivisitato da uno stormo di pterodattili che si abbatte sui turisti inermi, o lo squalo bianco di spielberghiana memoria qui ridotto ad esca per un gigantesco mosasauro.

Gli attori in carne ed ossa, la cui funzione in un film del genere è relativa, si dividono nettamente in buoni o cattivi, tra coloro la cui ambizione genera inevitabili disastri, chi cerca di mettere le cose a posto ricordando che la natura va rispettata altrimenti si ribella, e chi semplicemente diventa uno spuntino grondante sangue per qualche lucertolone.

jurassic-world-rex-posterA dare un volto simpatico all’eroe di turno è stato chiamato Chris Pratt, che dopo il fortunatissimo ruolo ne “I Guardiani della Galassia” sta vivendo un momento di grande popolarità, in attesa forse di vestire i panni di Indiana Jones in futuro; al suo fianco la bella Bryce Dallas-Howard, che nella vita è figlia di Ron Howard, un altro mito della nostra gioventù, nei panni dapprima sofisticati della donna manager coi tacchi alti che poi si trasforma progressivamente in una risoluta eroina.
La morale finale, oltre al solito richiamo sulla manipolazione genetica che non passa mai di moda, ci fa riflettere su come quei turisti, che vogliono bestie sempre più grandi e con più denti altrimenti si annoiano e iniziano a navigare su internet con lo smartphone, in realtà siamo noi, il pubblico pagante, mai sazi di spettacolarità e di emozioni forti, col rischio di desensibilizzarci.

Il finale un pò “alla Godzilla” potrà non piacere a tutti ma secondo me funziona, perché ci ricorda chi è il vero re della foresta!

Una piccola nota personale: sono nato nel 1983 e quando i miei genitori mi portavano al mare tornavo sempre a casa con nuovi lucertoloni di plastica, quindi quando nel ’93 è uscito Jurassic Park al cinema avevo l’età giusta e la predisposizione per rimanerne folgorato, ed è stato quindi il film che ha stregato la mia infanzia, fatto nascere in me la passione per il grande schermo e quello che ho riguardato più volte in assoluto, fino a rovinare il nastro magnetico della videocassetta!
All’uscita della sala del multiplex, l’altra sera, la mia discreta commozione era rivolta al ricordo di quell’età in cui tutto ci sembrava possibile, e anche se ormai mostriamo i segni e le cicatrici lasciate dal tempo che passa proprio come quel T-Rex che abita il parco dalla prima gestione, una parte di quella meraviglia sopravvive in noi e non ci fa smettere di credere all’incredibile.

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