Recensioni – Rush


rush posterRUSH

Un film di Ron Howard, con Chris Hemsworth, Daniel Bruhl, Pierfrancesco Favino, Olivia Wilde, Alexandra Maria Lara.

Ogni anno 25 piloti prendono parte al campionato mondiale di Formula 1. E ogni anno, due di noi, perdono la vita. Chi  può scegliere un lavoro simile? Non le persone normali, questo è sicuro. Ribelli, pazzi, sognatori. Persone che farebbero qualsiasi cosa per lasciare il segno e che sono disposte a morire per riuscirci. Mi chiamo Niki Lauda, e nel mondo delle corse sono famoso per due cose. La prima è la mia rivalità con Lui (James Hunt, nda). Non so perché diventò una storia così importante. Eravamo solo due piloti che si rompevano le palle a vicenda. Io non ci trovo niente di strano, ma gli altri evidentemente non la vedevano così. E in qualsiasi cosa succedeva tra noi, scorgevano qualcosa di più profondo. L’altra cosa per cui vengo ricordato, è quella che successe il primo Agosto del 1976 mentre inseguivo lui, come un idiota”.

Basterebbero solo i primi tre minuti del film, tre minuti spaccati, per descriverlo. Tre minuti, un semplice monologo dello sceneggiatore e drammaturgo inglese Peter Morgan (già autore, per il regista, dello script di Frost/Nixon – Il duello del 2008), per racchiudere quasi due ore di film. Tre minuti per raccontarci tutto, eppure metterci già la voglia di vederlo. Un po’ come quando non abbiamo nemmeno molta fame eppure, appena stuzzichiamo qualcosa, ci si apre lo stomaco e ci viene l’appetito.

Non si tratta della trama. Gli appassionati la conoscono già a memoria, il film narra di avvenimenti realmente accaduti e che molti possono ancora ricordare sulla loro pelle. Gli indifferenti, come me del resto, possono averne sentito parlare, aver sentito citare, forse per caso, il nome di Lauda (più che quello di Hunt probabilmente), e possono sempre cercare informazioni su wikipedia.

Non si tratta di macchine, o di velocità, o di competizione o di rischi. Certo, è sicuramente vera la frase di Lord Hesket: “Gli uomini amano le donne. Ma ancor di più, gli uomini amano le macchine”. Tuttavia non si tratta nemmeno di questo.

lauda - hunt

Rush è la storia di due uomini, così diversi tra loro da sembrare il giorno e la notte; ma soprattutto, Rush è la storia di due modi differenti di vedere la vita, e di viverla. La cicala e la formica. E proprio per questo è una storia in cui ognuno di noi può rivedere sé stesso. Il successo del film è proprio quello di riuscire a conciliare in modo perfetto una storia di Formula 1 (che farà provare un forte moto di nostalgia in chi ha amato la Formula 1 di quegli anni così selvaggia, pericolosa, ma forse più umana) con la storia di vita ed introspezione dei due protagonisti. E per arrivare a ciò il regista ha deciso di lasciare da parte la cronaca sportiva, per entrare più a fondo, nella psicologia e nella vita dei due protagonisti che, prima ancora di essere dei piloti, sono degli uomini con i loro pregi ed i loro difetti.

La bravura di Ron Howard (l’ex Richie Cunningham di Happy days, regista, tra le altre cose, de  Il Codice da Vinci e premio Oscar per A Beautiful Mind) è quella di riuscire in ogni sua pellicola, da quella più apprezzata a quella più snobbata, a dare un tocco differente al punto che alle volte non ci accorgiamo nemmeno che il film è stato girato da lui. E in Rush questo è stato realizzato in due modi.

HUNT - HEMSWORTH

A sinistra James Hunt, a destra Chirs Hemsworth

Il primo è attraverso una fedeltà impressionante verso i dettagli storici (anche se qualche particolare avrebbe meritato più visibilità come, ad esempio, Arturo Merzario, così importante nella realtà degli eventi accaduti in quel 1 Agosto ma mai citato nel film – per evitare gli SPOILER vi rimando a wikipedia), come aveva già fatto per Frost/Nixon – Il Duello, che comincia già dalla scelta degli attori. 

Se infatti qualcuno ha potuto storcere il naso per la scelta di Chris “Thor” Hemsworth, ha sicuramente cambiato idea già prima di vedere quella che è, a mio avviso, un’ottima interpretazione. Gli è bastato affiancare la sua immagine a quella di Hunt. E se sulla bravura di Daniel Bruhl non ci sono dubbi (nonostante non sia un nome molto conosciuto, lo abbiamo visto ultimamente in Bastardi senza Gloria, e Quinto Potere ed è sicuramente uno di quelli attori da tenere d’occhio), si hanno serie difficoltà a distinguere lui da Lauda.

 

A sinistra Niki Lauda, a destra Daniel Bruhl

A sinistra Niki Lauda, a destra Daniel Bruhl

La ricerca della fedeltà storica non è solo nella scelta degli attori ma anche in tutti quei dettagli che forse un persona indifferente come me non avrebbe potuto notare se non dopo alcune ricerche, ma che sicuramente non sono scappate ad un occhio più clinico ed esperto del mio. Dettagli come i vestiti, le scarpe, le macchine che presentano le scritte con il nome dei piloti che devo ammettere fossero molto più belle e che non hanno potuto non ricordarmi Saetta McQueen di Cars (il cartone animato marchiato Pixar , che già di per sé contiene citazioni ed easter eggs riconoscibili solo dall’1% della popolazione probabilmente, ma che ne fanno un ottimo prodotto anche per i meno giovani).

 

Il secondo mezzo attraverso cui Howard dà personalità a questo film, è uno stile di regia vintage, che sembra quasi ritrovato in una vecchia pellicola dell’epoca e trasportato direttamente sul grande schermo. Merito, qui, dell’ottima fotografia del premio Oscar Anthony Dod Mantle (premio vinto per The Millionaire) e dalla colonna sonora ricca di vecchie hit che accompagna la storia senza mai invaderla. Non è perciò un caso che a collaborare al film ci sia proprio Niki Lauda, che racconta, riguardo al suo rapporto col regista, “Abbiamo parlato a lungo sullo stile hollywoodiano di fare cinema e la realtà, e l’ho sempre riportato alla realtà, abbiamo avuto delle discussioni molto interessanti“.

Un’altra delle qualità di Rush è anche quella di saper alternare momenti seri o adrenalinici con situazioni più leggere o battute ironiche (fa sorridere Hunt che sottolinea più volte la somiglianza di Lauda con un topo o il nostro sempre bravo Pierfrancesco Favino – qui nella parte del pilota Clay Regazzoni – che fa notare a Lauda quanto, certe volte, si comporti proprio da “asshole”).  

La mia scelta di utilizzare il termine inglese segna, a mio avviso, il difetto più grande del film, o, meglio, della versione italiana.

Proprio per mantenere quel principio di fedeltà verso i dettagli, Howard ha scelto di mantenere alcune frasi nelle varie lingue originali (tedesco o italiano che fosse) e, soprattutto, gli accenti. Se nella versione originale Lauda parla in un inglese spiccatamente tedesco, in quella Italiana si è scelto (non si sa a quale punto visto che nel trailer gli accenti c’erano) di annullare completamente questa caratterizzazione, mantenendo solo gli accenti di due passanti “meridionali”. Peccato, però, che qualche minuto prima venga sottolineato che ci troviamo a mezz’ora da…Trento!

Rush resta dunque un buon prodotto, forse non un capolavoro, certamente, ma uno di quei film che ti fanno appassionare e che vedi volentieri.

+ Non ci sono commenti

Aggiungi