Stroncature – World War Z


World War Z - LocandinaWorld War Z

di Marc Forster, con Brad Pitt, Mireille Enos, Daniella Kertesz, Fana Mokoena, Pierfrancesco Favino.

Creature spaventose, dall’andatura incerta. Gli occhi spenti e privi di emozioni, incastonati in un volto pallido e scavato. Dalla loro bocca, nessun suono comprensibile: solo versi terrificanti, svuotati della loro umanità ed accompagnati dall’odore acre della morte.

Forse è proprio per la loro somiglianza con noi stessi il lunedì mattina che gli zombie riscuotono sempre molto successo. Qui su Discorsivo li abbiamo già visti di recente, nella nuovissima rubrica SeriaMente; ma ce ne siamo occupati anche su Parlando con le nuvole, ed a proposito del pessimo film su Dylan Dog.

Questa volta, l’argomento è World War Z, diretto da Marc Forster e tratto dal romanzo World War Z – La guerra mondiale degli zombie. Almeno, teoricamente: titolo a parte, della complessa opera di Max Brooks – abbondantemente farcita di realismo, satira e fantapolitica – pare non essere rimasto moltissimo.

Ciononostante, per una buona ora e mezza dei suoi 116 minuti, il film funziona: la fotografia è azzeccata, gli effetti speciali sono credibili, le interpretazioni convincono, e la sceneggiatura regge al punto da permettere allo spettatore di chiudere un occhio per buona parte del tempo su alcune (evitabili) debolezze. Poco importa, dunque, se già nelle prime scene ritroviamo qualche forzatura ed alcuni dei più classici cliché del genere horror, come quello dell’auto che non vuole saperne di avviarsi: la pellicola di Forster intrattiene ed intriga al punto da meritarsi il perdono.

Con il passare dei minuti, tuttavia, i difetti del film iniziano a moltiplicarsi esponenzialmente, senza tuttavia valicare mai la soglia della tollerabilità. È comunque difficile non notare quanto le riprese di molte scene d’azione sembrino affidate alla mano ferma e sicura di un novantasettenne, o quanta poca coerenza ci sia nella rappresentazione dei movimenti degli zombie, al tempo stesso rapidi e letali come felini quanto dinoccolati e goffi, a seconda delle necessità sceniche; ma, per quanto non sembri mai pregno di originalità, World War Z permette di sorvolare anche su questo.

Così imparate a mettere da parte le incomprensioni.

Così imparate a mettere da parte le incomprensioni.

Molto più dure da mandare giù sono le scene riguardanti l’imbarazzante morte del giovane ricercatore Andrew Fassbach – presentato come un personaggio chiave, ma in grado di inciampare e spararsi con la sua stessa pistola cinque minuti dopo il suo ingresso in scena – e il raggiungimento della pace tra israeliani e palestinesi, il cui canto celebrativo della fine delle ostilità attrae su Gerusalemme una fiumana di morti viventi.

Eppure, è ancora possibile glissare e ritenere il film almeno meritevole della sufficienza. Purtroppo, nella mezz’ora successiva, le cose sono destinate a precipitare. Letteralmente.

All’inizio della storia, ci viene spiegato come il primo contagio si sia trasmesso tramite gli aeroporti. Sebbene sia lecito aspettarsi siano stati tutti chiusi per evitare la propagazione del virus, il personaggio di Brad Pitt, Gerry Lane, non fatica a trovare un volo civile diretto verso Cardiff. Al palesarsi di un inaspettato (?) attacco zombie ad alta quota, Gerry decide di risolvere tutto semplicemente lanciando una granata in mezzo al corridoio dell’aereo. L’esplosione apre così uno squarcio nella fusoliera, e gli zombie vengono risucchiati fuori insieme alle ultime briciole di realismo del film.

Sopravvissuti allo schianto del velivolo grazie alle cinture di sicurezza, Gerry e una soldatessa israeliana raggiungono il centro medico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dove espongono una teoria bizzarra: gli zombie, secondo quanto osservato, hanno bisogno di un organismo sano per diffondere il contagio, e dunque  tendono istintivamente ad ignorare quanti siano già afflitti da una malattia mortale. La soluzione è, dunque, provocare un’epidemia mondiale che renda gli esseri umani inappetibili ai loro nemici.

Ora: il film fino a questo momento non è privo di scene assurde, ma sono tutte piuttosto digeribili. Se la recensione si fermasse qui, direi che World War Z è tutto sommato una buona pellicola; con i suoi difetti, certo, ma anche con qualche pregio non trascurabile che lo rende adrenalinico e molto godibile.

Poi, però, arriva il tracollo: il ritmo (fino a quel momento, uno dei punti forti del film) rallenta in modo impressionante, le creature iniziano a muoversi in maniera piuttosto ridicola, e Gerry è costretto a sperimentare su di sé la propria teoria, iniettandosi un qualche virus letale che lo renda pressocché invisibile agli zombie, al punto da permettergli di attraversare indenne un’orda di morti viventi e fare quello che, certamente, avrebbe fatto chiunque di noi:

World War Z - Pepsi
…bersi una lattina di Pepsi in santa pace, in mezzo a loro.

Ecco, dopo aver concesso al film di prendersi qualunque libertà sul presunto realismo che dovrebbe animarlo (e su cui certamente si basava il romanzo di riferimento), questo l’ho ritenuto veramente insopportabile. Un product placement inserito in maniera così brutale e gratuita, a mio avviso, manda in fumo oltre un’ora e mezza di tolleranza su qualsiasi forzatura ed insensatezza, che a questo punto salta all’occhio quanto Godzilla a spasso per Sant’Arcangelo di Romagna.

Si badi: non ho niente contro questa forma di pubblicità, all’unica condizione che sia ben contestualizzata. Persino pellicole celebri come Ritorno al futuro sono traboccanti di marchi famosi (basti pensare alle mitiche Nike del 2015 di Marty, o al volopattino Mattel). L’importante è inserirli con intelligenza ed eleganza, non certamente schiaffarli all’improvviso nel bel mezzo della narrazione,

WWZ - Product placement

se non si vuole correre il rischio di risultare ridicoli.

2 Comments

Aggiungi

+ Leave a Comment