Recensioni – Mood Indigo


Locadina del film "Mood Indigo"Mood Indigo (la schiuma dei giorni)

di Michel Gondry, con Romain Duris, Audrey Tatou, Omar Sy, Gad Elmaleh

Colin (Romain Duris) è giovane e sufficientemente ricco da potersi permettere di non lavorare. Vive in una casa surreale in una città altrettanto surreale, accudito da un topolino e da un cuoco – artista e consigliere. Quando il suo amico Chic(Gad Elmaleh), appassionato del filosofo esistenzialista (munito di pipa) Jean Sol Partre, si innamora, anche Colin esprime il desiderio di conoscere una donna che colpisca il suo cuore. Ed ecco apparire Chloè(Audrey Tatou), bella e dolce. Ma i toni da favola si smorzano, e la realtà comincia ad assumere i toni del grigio..

Mood Indigo è un altro  film (devo dire, parecchi quest’anno) che poteva essere realizzato meglio. Tratto dal bel libro di Boris Vian, è una composizione surreale, una materia solo in apparenza leggera, assurda, naïf, ma che nasconde (neanche troppo in profondità) molte letture ed un significato più serio. Di sicuro non è “la più dolce e straordinaria  delle storie d’amore” , definizione con cui il film viene presentato nel nostro paese: ma forse alcuni esperti di marketing non sanno distinguere un romanzetto per adolescenti da un’opera che tratta d’amore.

La girandola di stranezze (dal pianocktail, un pianoforte che se suonato sforna drink alcolici, all’  auto – nuvola ) non è che la lente di un microscopio sull’interiorità dei giovani innamorati: un universo incantato ed infantile, che non può durare a lungo. Ecco allora che gli spazi si fanno angusti e decadenti, i volti si scavano, l’immagine stessa diventa grigia.Il degrado della casa di Colin e Chloè è una semplice metafora della decadenza del corpo di lei, ma anche della relazione tra i due giovani, delle illusioni di libertà e felicità che si infrangono contro gli scogli del mondo reale. 

Michel Gondry (Se mi lasci ti cancello, L’arte del sogno e sfortunatamente… The Green Hornet) è un regista dallo stile particolare, fatto di sogni ed invenzioni, che ben si adatta alla trasposizione di Vian. Anche le scelte di cast sono azzeccate: su tutte, il sorriso da fata di Audrey Tatou. Però  Mood Indigo non convice fino in fondo. Gondry esagera nel virtuosismo, scadendo nella maniera: vi è in questo film molto dell’esercizio di stile, e le emozioni non vengono trasmesse fino in fondo. Forse alcune scelte artistiche, come quella di giungere progressivamente ad unl’espressività da cinema delle origini,  finiscono  per privare la pellicola della sua carica emotiva. Ma senza quest’ultima, per apprezzare il racconto bisogna usare molto il cervello e poco il cuore. Però il cinema si fa per tutti: per questo va bene far riflettere, va bene incantare, ma occorre anche emozionare.

Oppure apporre fuori dal cinema un cartello: solo per radical chic.

Da vedere.

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